Una nuova bufera rischia di coinvolgere il Csm e altri “pezzi” delle istituzioni del Paese. Riguarda atti giudiziari coperti da segreto, lettere anonime, calunnie con il coinvolgimento di alcune Procure, prima fra tutte Milano dove il pm Paolo Storari ha consegnato dei verbali segreti all’allora consigliere del Csm Piercamillo Davigo, senza informare i propri capi, a partire dal procuratore Francesco Greco, e anzi allo scopo di tutelarsi da essi.
Per circa sei mesi, tra fine 2019 e maggio 2020, il pm Storari avrebbe chiesto ai vertici dell’ufficio della Procura, anche per iscritto, di effettuare delle iscrizioni nel registro degli indagati per andare a verificare le dichiarazioni dell’avvocato siciliano Piero Amara, indagato anche nell’inchiesta sul cosiddetto ‘falso complotto Eni’ e che in più verbali ha parlato pure dell’esistenza di una presunta loggia segreta ‘Ungheria’.
Non avendo risposte sulle iscrizioni, il pm milanese, come forma di autotutela, avrebbe deciso di consegnare i verbali all’allora consigliere del Csm Piercamillo Davigo.
Amara, ex legale esterno di Eni e che sta scontando 3 anni e 8 mesi per condanne inflittegli nei procedimenti relativi alle sentenze pilotate al Consiglio di Stato e al cosiddetto ‘Sistema Siracusa’, a partire dal 2019 è stato interrogato a più riprese dall’aggiunto di Milano Laura Pedio e dal pm Storari nell’inchiesta in corso da tempo su sospette attività di depistaggio per condizionare l’indagine sul caso Eni-Shell/Nigeria (processo che si è chiuso a marzo con assoluzioni) e su un presunto complotto inesistente contro l’ad Descalzi.
In quei verbali (arrivati nei mesi scorsi in forma anonima ad alcuni quotidiani) Amara avrebbe parlato anche dell’esistenza di una ‘loggia segreta’, col coinvolgimento di magistrati e figure istituzionali.
Dichiarazioni tutte da verificare, ma proprio per cercare eventuali riscontri o accertare profili di calunnia, il pm Storari – che si dice pronto a riferire al Csm, se l’organo di autogoverno della magistratura lo riterrà necessario -avrebbe chiesto per mesi al capo della Procura milanese di iscrivere un nuovo fascicolo e, in assenza di risposte, avrebbe deciso di autotutelarsi attraverso un consigliere del Csm, Davigo appunto, per mettere in mano la questione all’organo di autogoverno della magistratura. A quanto si è saputo, poi, solo pochi mesi fa, a quasi un anno di distanza dalle prime richieste di Storari ai vertici dell’ufficio, la Procura di Milano ha iscritto un fascicolo per associazione segreta, poi trasmesso a Perugia (di oggi la notizia dell’indagine con quell’ipotesi di reato).
Amari, a partire dal 2019 è stato interrogato a più riprese dall’aggiunto di Milano Laura Pedio e dal pm Storari nell’inchiesta in corso da tempo su sospette attività di depistaggio per condizionare l’indagine sul caso Eni-Shell/Nigeria (processo che si è chiuso a marzo con assoluzioni) e su un presunto complotto inesistente contro l’ad Descalzi. In quei verbali (arrivati nei mesi scorsi in forma anonima ad alcuni quotidiani) Amara avrebbe parlato anche dell’esistenza di una ‘loggia segreta’, col coinvolgimento di magistrati e figure istituzionali. Dichiarazioni tutte da verificare, ma proprio per cercare eventuali riscontri o accertare profili di calunnia, il pm Storari avrebbe chiesto per mesi al capo della Procura milanese di iscrivere un nuovo fascicolo e, in assenza di risposte, avrebbe deciso di autotutelarsi attraverso un consigliere del Csm, Davigo appunto, per mettere in mano la questione all’organo di autogoverno della magistratura. A quanto si è saputo, poi, solo pochi mesi fa, a quasi un anno di distanza dalle prime richieste di Storari ai vertici dell’ufficio, la Procura di Milano ha iscritto un fascicolo per associazione segreta, poi trasmesso a Perugia (di oggi la notizia dell’indagine con quell’ipotesi di reato). Nel frattempo, ieri il procuratore di Milano Francesco Greco e quello di Perugia Raffaele Cantone hanno comunicato di aver trasmesso a Roma un’inchiesta per rivelazione e utilizzazione di segreti d’ufficio, nella quale è indagata Marcella Contraffatto, ex segretaria di Davigo che si è avvalsa della facoltà di non rispondere, per la diffusione dei verbali.
In seguito alle ‘frizioni’ all’interno della Procura milanese, emerse in queste ore ma sotto traccia da tempo, il pm Paolo Storari non si occupa più, a quanto si è saputo, dell’inchiesta sul cosiddetto ‘falso complotto Eni’, di cui era titolare con l’aggiunto Laura Pedio e che vede tra gli indagati Amara e anche l’ex manager Eni Vincenzo Armanna, imputato e ‘grande accusatore’ nel processo Eni-Shell/Nigeria, che si è chiuso nelle scorse settimane con assoluzioni per tutti.
I verbali, tuttora secretati, sono quelli resi in cinque occasioni nel 2019 da Piero Amara, l’avvocato siciliano arrestato nel 2018, indagato per i depistaggi dell’inchiesta Eni e per vari episodi di corruzione di giudici, condannato a due anni e 8 mesi con il patteggiamento, e coinvolto anche nelle vicende dell’ex pm romano Luca Palamara, radiato dalla magistratura e accusato d’aver pilotato nomine in cambio di regali e favori.
Pochi mesi dopo che i verbali erano stati consegnati da Storari a Davigo, e mentre le indagini erano in corso, alcuni giornali iniziarono a riceverli con una missiva anonima che ne sollecitava la pubblicazione.
A spedirli – scopre ora la Procura di Roma – fu Marcella Contrafatto, impiegata del Csm nella segreteria dell’allora consigliere Davigo, ora indagata per calunnia, perquisita a casa e in ufficio due settimane fa dai pm che nel computer hanno trovato copie degli atti spediti. Verbali che, tra l’altro, riguardano anche Giuseppe Conte, all’epoca presidente del Consiglio.
Dunque sarebbe associazione segreta il reato ipotizzato dalla procura di Perugia nel fascicolo aperto in seguito alle dichiarazioni dell’avvocato siciliano Piero Amara. Sull’inchiesta in corso viene comunque mantenuto l’assoluto riserbo e non vengono comunque fornite alcun tipo di conferme ufficiali. Al momento non risulterebbero comunque indagati.
Ci sarebbe l’ipotesi di una sorta di una loggia che potrebbe coinvolgere vari ‘pezzi’ del Paese al centro del troncone d’indagine avviato dalla procura di Perugia dopo che alcune dichiarazioni dell’avvocato Piero Amara sono state trasferite da Milano a Perugia. Inchiesta condotta dal procuratore capo Raffaele Cantone e da alcuni sostituti sulla quale viene mantenuto il riserbo.
Gli accertamenti sono in una fase iniziale con le ipotesi tutte da verificare. Tra queste la possibilità che alcuni ‘pezzi’ delle istituzioni possano avere avuto l’obiettivo di condizionare le nomine in magistratura ma anche altri settori del Paese.
Titolare di uno studio legale a Roma e a Dubai, Piero Amara è un avvocato penalista. Dal 2010 è iscritto anche all’albo speciale degli avvocati cassazionisti.
Si è laureato in Giurisprudenza nel 1994 all’università di Catania.
Nel corso della sua carriera Piero Amara ha svolto attività consulenziale anche per realtà affermate su scala internazionale tra le quali Eni.
È stato docente al master di diritto penitenziario presso l’università di Catania e professore a contratto di diritto penale dell’ambiente nella facoltà di Giurisprudenza LUMSA di Palermo. Recentemente ha insegnato all’università di Cassino e del Lazio Meridionale, presso i dipartimenti di Economia e Giurisprudenza.
Autore di diverse pubblicazioni, Piero Amara è inoltre uno dei componenti dell’Osservatorio Permanente sulla Criminalità Organizzata e della European Lawyers Association for the Protection of the Financial Interests of the EU e fa parte anche del comitato scientifico del Centro Studi di diritto italiano.
Di lui si è parlato nell’ambito di diverse inchieste: quella dell’Eni, di cui è stato per un periodo avvocato esterno e poi grande “accusatore” tra i testimoni; quella delle sentenze pilotate al Consiglio di Stato; quella del ‘sistema Siracusa’ e sul caso Palamara.
Nel 2020 è stato arrestato per scontare un cumulo di pena pari a 3 anni e 8 mesi di reclusione.