Governo Meloni. Con la Legge di Bilancio 2023, appena varata (Il testo, adesso, dovrà essere esaminato dalle autorità europee ed essere approvato dal parlamento, nrd) si amplia il taglio del cuneo fiscale. Ma cos’è questo cuneo fiscale? Si tratta della differenza tra netto e lordo nelle buste paga dei lavoratori dipendenti.
Quello che vuole fare il Governo Meloni, seguendo ciò che ha già fatto il precedente esecutivo con Mario Dragi, è prorogare a tutto il 2023 la riduzione di 2 punti per chi ha un reddito fino a 35.000 euro, per arrivare ad una “sforbiciata” di 3 punti per chi non supera i 20.000 euro lordi l’anno ma dovrebbe trattarsi di un incremento modesto.
Il cuneo fiscale è, in pratica, la differenza tra quanti soldi un’azienda versa per un suo dipendente, e quanti se ne trova in busta paga quel dipendente.
Misura, quindi, il peso delle tasse sul lavoro (contributi a carico dei dipendenti, contributi a carico dell’azienda e imposte sul reddito). In Italia il peso del cuneo fiscale è del 46,5%, uno dei dati più alti tra i Paesi dell’Ocse. Basti pensare che per ogni 100 euro pagati dall’azienda, 46,50 vanno in tasse.
Se il taglio già effettuato dal governo Draghi era stato rivolto interamente ai dipendenti, lo stesso vale anche per quello previsto del governo Meloni.
La scorsa settimana, il ministro Urso aveva annunciato che il taglio sarebbe stato per due terzi dalla parte dei lavoratori e per un terzo dalla parte delle imprese, come suggerito anche da Confindustria.
Alla fine, invece, ha avuto la meglio la richiesta dei sindacati di rivolgere tutta l’entità del taglio alle buste paga dei dipendenti.
La riduzione del cuneo fiscale, infatti, può riferirsi ai dipendenti, come in questo caso, in modo che l’impresa continui a pagare la stessa cifra, ma al lavoratore arrivino più soldi.
In alternativa, il taglio può anche avvenire dal lato delle aziende: in questo caso, il dipendente riceve la stessa busta paga, ma l’impresa deve spendere meno per dargliela.
Riordiamo che il taglio di due punti ha portato nelle tasche di 13,8 milioni di lavoratori dipendenti un aumento annuo pari a 178 euro per chi guadagna 12 mila euro lordi l’anno e 435 euro per i redditi fino a 35 mila euro.
Il fatto che gli oneri contributivi siano stati ridotti, peraltro, non avrà effetto sul calcolo delle pensioni: sarà lo Stato, infatti, a coprire la differenza rispetto alla contribuzione previdenziale piena.
La riduzione del carico fiscale di due punti è una conferma della misura del governo Draghi. Cambia invece per i redditi fino a 20 mila euro.
La misura, spiega oggi La Stampa, interviene sul 9,19% di contributi che versano i lavoratori.
La riduzione di due punti assicura in media 35 euro lordi in più in busta paga per 13 mensilità per un reddito di 15 mila euro lordi l’anno. A 20 mila euro lordi l’anno il vantaggio sale a 46 euro lordi mensili, sempre per 13 mensilità.
Con il tetto massimo di 35 mila euro si incassano invece 54 euro in più.
Al netto delle tasse, spiega il quotidiano, il beneficio si attesta tra i 24 e i 45 euro al mese.
Alla fine il governo “salva” anche la flat tax incrementale per i lavoratori. Ma soltanto per quelli autonomi. Il 15% si applica sull’incremento rispetto al maggiore dei redditi dichiarati nei tre anni precedenti.
Ci sarà una franchigia del 5% e un tetto massimo pari a 40 mila euro. Come previsto, la flat tax vera e propria viene invece estesa fino a 85 mila euro per autonomi e Partite Iva.
La legge di bilancio prevede anche una detassazione dei premi di produttività fino a 3.000 euro, la cui aliquota passerà dal 10% al 5%. I bonus in denaro erogati ai lavoratori in poche parole godranno di una tassazione agevolata. Ricordiamo che questo sono benefici che dipendono dai datori di lavoro e che nella realtà dei fatti spettano a un numero limitato di dipendenti.
Tornando alla legge di bilancio, sul fronte lavoro il governo ha deciso anche di introdurre agevolazioni sulle assunzioni a tempo indeterminato con una soglia di contributi fino a 6 mila euro per chi ha già un contratto a tempo determinato e in particolare per le donne under 36 e per i percettori del reddito di cittadinanza.
Sempre restando sul tema dei bonus aziendali, segnaliamo che già con il decreto Aiuti quater era stata aumentata da 600 a 3mila euro (e fino al 31 dicembre) la soglia esentasse dei così detti “fringe benefit”, espressione con cui si intende una forma di retribuzione erogata dall’azienda in beni e servizi al lavoratore. Qualche esempio? I buoni acquisto, pc o telefoni aziendali, alloggi in affitto al dipendente o alla famiglia.
Cosa non meno importante, con l’approvazione del decreto, nel novero di questi benefit rientreranno anche le somme erogate per pagare le bollette.