Il dottore Roberto Gambino, psicologo e referente scientifico dell’Asp di Palermo per il progetto “Stop-phone: per un corretto, consapevole ed intelligente uso del telefonino cellulare”, spiega quelli che sono i meccanismi piscologici del rapporto, giovani e web, e le attività messe in campo dall’Asp per un corretto uso dei device.
La cronaca di queste ultime settimana ci restituisce un quadro preoccupante rispetto l’utilizzo dei device da parte delle nuove generazioni, una “relazione” che fin troppo spesso si conclude in modo drammatico.
QdS.it alla luce dei più recenti fatti accaduti e vista la giornata dedicata al bullismo e al cyberbullismo del 7 febbraio, ha intervistato il dottore Roberto Gambino, psicologo e referente scientifico dell’Asp di Palermo per il progetto “Stop-phone: per un corretto, consapevole ed intelligente uso del telefonino cellulare”.
È pericoloso il web o il modo in cui viene utilizzato?
“La risposta è nel titolo del progetto, “Stop-phone” pone l’accento sul corretto e consapevole utilizzo dello smartphone ma in particolare sul suo uso intelligente. Perché è l’utilizzo che se ne fa che fa la differenza.
Il progetto ha cercato di porre l’attenzione su una serie di rischi da quelli fisici come ad esempio quelli di tipo elettromagnetico, posturale, rischio di incedenti stradali per l’utilizzo del telefonino mentre si è alla guida, o ancora rischio derivanti all’ambito psicologico e neuropsicologico in particolare connessi alla dipendenza senza sostanze con tutti i meccanismi connessi a questo ambito e i rischi di tipo psicosociale legati al web e, dunque, al cyberbullismo e quindi alle problematiche connesse all’utilizzo non corretto e non appropriato di alcuni siti da parte dei minorenni e che hanno portato a tragici eventi come quelli verificatisi nell’ultimo periodo. Il progetto, dunque, ha cercato in ogni modo su grandi numeri, seimila studenti delle scuole medie e più di mille docenti formati, di dare gli strumenti critici e gli strumenti di conoscenza per evitare il più possibile questi rischi”.
Quale il meccanismo piscologico che entra in gioco in un bambino che si approccia al web?
“Il meccanismo è semplice e nello stesso tempo complesso come tutte le cose che hanno a che fare con la psicologia umana e l’ambito psicosociale. È legato a un tipo di comunicazione che potremmo chiamare “ipnotico” e suggestivo. Questo aspetto è oggetto in questo momento di attenzione da parte del nuovo gruppo di progetto che si sta muovendo per nuovi interventi in continuità con Stop-phone.
Tutti conosciamo i Teletubbies, chi li ha guardati da adulto lo trova noioso, ripetitivo e non cattura la nostra attenzione. Al contrario i bambini lo trovano interessante, riescono a concentrarsi più facilmente su quel tipo di attività, riescono ad essere catturati all’interno di quel mondo costruito appunto con quel tipo di comunicazione. Questi sono i meccanismi sottesi e su cui dobbiamo stare attenti, che dobbiamo riconoscere per cercare di guidare e monitorare i bambini, che risulta essere una fascia di età fragile rispetto a questi meccanismi”.
Quali sono le azioni messe in campo nel territorio?
“Come Asp già dal 2016 è stato avviato un lavoro che ha portato il Tavolo tecnico regionale a creare le linee di indirizzo sul corretto utilizzo degli smartphone. Queste linee sono state poi portate all’attenzione degli interventi di promozione della salute di formazione nell’ambito del progetto “Stop-phone”. Si sta continuando a fare questo tipo di attività tramite dei webinar, a causa della pandemia. Questo tipo di attività, sia in presenza che attraverso piattaforme on-line, ci ha messo nelle condizioni di far crescere la consapevolezza dell’importanza di questi argomenti e ci sta mettendo nelle condizioni, tramite una ricerca fatta con l’Università degli Studi di Palermo e l’Istituto di Igiene di Medicina, di capire quelli che sono i comportamenti a rischio nella nostra popolazione di Palermo e provincia”.
L’importanza di fare rete con le istituzioni e il terzo settore?
“Non sarebbe stato possibile portare avanti l’intervento senza la rete istituzionale. In primis con il coinvolgimento dell’Università di Palermo attraverso il lavoro del professore Claudio Costantini che ha seguito la parte epidemiologica dei comportamenti a rischio e con cui ci confrontiamo rispetto ai questionari e rispetto all’analisi dei dati che emerge. Ad esempio il 20% dei ragazzi di scuola media intervistati, hanno detto di avere avuto contatto con degli estranei, spesso adulti, tramite chat room o social. Poi abbiamo avuto il supporto dell’Ufficio Scolastico Regionale che con il referente per la promozione ed educazione alla Salute, il professore Caramazza, ha garantito la possibilità di coinvolgere le scuole di Palermo e provincia e infine la partecipazione del terzo settore che è stato reclutato con una procedura di co-progettazione che vede come capofila Vivi sano onlus, il braccio operativo di questo progetto degli interventi nelle scuole del territorio”.
Veronica Gioè