Editoriale Grimaldi

Dalla vetta d’Italia a Capo Maluk

Ben 304mila km quadrati di superficie, dove alloggiano 60 milioni di residenti su undici paralleli (dal 35° al 47°) con un Pil pro capite di 34.428 euro, in piena crisi sanitaria, politica economica e sociale: l’Italia.
Che Dante nel sesto canto del Purgatorio aveva già ben definito apparirgli “bordello”: tale nunc et semper.

Ci abitiamo noi, che scaramanticamente amiamo dire urbi et orbi di vivere nel più bel posto della Terra dimenticando che al di là della magnifica geografia, esso è tra i più problematici del globo per i suoi abitanti che hanno difficoltà a realizzare d’essere Nazione e di far parte di uno Stato che è tale per le sue Leggi e per avere un Governo che lo gestisca e lo rappresenti. Semplice.

Ma troppo per essere apprezzato da chi da sempre è stato avvezzo ad essere soprattutto individuo ed a vivere, lavorare, soffrire e rallegrarsi solo per se stesso non curante, nella più parte dei casi, degli altri visti solo come chi ci aiuta a star meglio: se non, è un intruso nella nostra vita. “Italiani brava gente”, dove l’aggettivo “bravo” non è elogiativo ma limitativo data la nostra non affidabilità mostrata nei secoli che ci ha visti iniziare sempre guerre ed accordi con un alleato e finirle con il nemico di questi! Stupirsi di quanto stia accadendo è ipocrisia, lodarsi narcisismo, rammaricarsi indolenza mentale.

Siamo, al momento, tra i Paesi occidentali capofila della pandemia e per la diffusione e per i suoi morti. Così come per la criticità economica. Venti Regioni che tentano d’andar per conto proprio, ciascuna chiusa in se stessa anche per il blocco sanitario; un governo composto da poveracci che forse maledicono il giorno d’essere divenuti maggioranza loro malgrado; guidati da un tale forse sorteggiato due anni fa che pensava di aver vinto la lotteria di capodanno ma ora impelagato fin sopra i capelli per la inesperienza che lo caratterizza non disgiunta da arroganza, edonismo, tratti paranoidei che Trump al confronto può apparire normale.

Un Parlamento nel quale si parla sì, ma non si conclude mai e nel quale una mano basta per indicare quanti siano, di esso, i componenti “compos sui”; una sanità prima detta invidiata da tutti(ma quando?) che non riesce manco ad assicurare per carenze multiple a vaccinare la popolazione, con il tutto affidato ad un superman che prima stava forse negli anfratti dove alloggiano i pipistrelli causa del virus. Insomma, un inferno al confronto del quale quello della “Comedia” dello Alighieri è quasi paradiso.

Dicono che le elezioni – e dunque possibili nuove maggioranze – risolverebbero ogni cosa. Ma dicono anche che è da folli con la gente sotto coprifuoco e senza soldi in tasca, indirle.
Il Colle medita(già qualcosa) ed alcuni si preparano ad essere pronti qualunque sia la soluzione politica.

In tanto baillame il “Conte” ha l’asso nella manica: ha fatto sapere che avendo già presieduto due governi di colore diverso, per onorare il Tricolore del quale ricorre il 225° anniversario,è pronto a trinare.
E i“costruttori”già con la cazzuola in mano.
E lo chiamano Stato!