Gli accorati appelli di Papa Francesco alla pace in Medio oriente sono la punta più alta di un sentimento di umanità che mette la difesa della vita e la pace davanti a qualsiasi cosa, che perora il dialogo come il metodo per la soluzione delle controversie, ma evidentemente questa considerazione non è condivisa.
Dovremmo quindi porci il problema del perché nel conflitto israelo-palestinese non siano bastati 75 anni per trovare una soluzione, e alla fine il motivo ultimo sembra abbastanza banale: il fanatismo. I fanatici sono intransigenti, fin troppo entusiasti verso i propri valori e intolleranti verso gli altri, e in questo modo tolgono lo spazio per una soluzione basata sul dialogo preferendo la violenza. Nel 1991 al termine della I Guerra del Golfo israeliani e palestinesi cominciarono a vedersi a Oslo e per arrivare ad accordo che doveva portare alla pace secondo la nota formula “due popoli due stati” in cui lo scambio era “pace per territori”.
Questi accordi furono firmati da due storici e carismatici leader, Yasser Arafat e Shimon Peres, a Washington davanti presidente americano Bill Clinton nel 1993. Israele si sarebbe ritirato da Gaza e dalla Cisgiordania, i due territori sarebbero stati uniti da una strada internazionale sopraelevata controllata congiuntameente, e i palestinesi avrebbero avuto il loro Stato. Nonostante la ritrosia di molti da entrambe le parti agli accordi seguirono azioni concrete, ma il fanatismo era in agguato e nel 1995 il primo ministro israeliano Rabin fu assassinato da un colono ebreo al termine di una manifestazione a sostegno degli accordi di Oslo. Caduto uno dei pilastri il processo di pace cominciò a rallentare, ma continuò e anche se nel 2004 Arafat era morto, probabilmente avvelenato, nel 2005 gli israeliani lasciarono Gaza e di lì a poco Hamas, contrario agli accordi di Oslo prese il sopravvento. Così il fanatismo, da una parte e dall’altra, ha finito per togliere ogni prospettiva alla pace ridando la parola alle armi.