La produzione di auto elettriche cinesi si incrementa di giorno in giorno, anche perché il sessanta per cento dei componenti delle stesse è prodotto in Cina, i/le lavoratori/trici sono estremamente volenterosi e precisi (spesso anche sfruttati) e la tecnologia nel settore migliora senza sosta.
Non si può nascondere, però, che nel ciclo economico produttivo c’è una componente esterna non da poco: si tratta dei contributi in conto produzione che lo Stato cinese immette allo scopo di farli abbassare. Abbassando i costi, le imprese cinesi possono abbassare il prezzo di vendita e quindi migliorare la concorrenza nel mondo occidentale, ove i grandi produttori, anche se non tutti, invece non hanno contributi statali.
Quella che indichiamo è una distorsione di mercato, perché i concorrenti non gareggiano ad armi pari. Le imprese automobilistiche cinesi vengono drogate dai contributi statali e quindi hanno delle performances migliori conseguenti all’abbassamento dei costi.
Di fronte a questa obiettiva fotografia, l’Occidente ha reagito annunciando dazi sulle importazioni non solo delle auto cinesi, ma anche di tanti altri prodotti provenienti da quello Stato.
Ora, è noto in macroeconomia che i dazi sono sempre dannosi, perché creano un effetto a catena negativo e reciproco fra le parti che non finisce mai. Insomma, si tratta di ritorsioni continue di una parte verso l’altra, che fa aumentare i prezzi dei prodotti artificialmente, proprio in conseguenza degli stessi dazi.
Da questo perverso meccanismo ne esce danneggiato/a il/la consumatore/trice, il/la quale paga prezzi superiori dei prodotti e dei servizi. Inoltre la situazione peggiora anche per la ragione semplice che l’aumento dei prezzi alimenta l’inflazione che, com’è noto, è la tassa dei poveri.
Il quadro che riferiamo dovrebbe indurre gli Stati occidentali e orientali a una certa prudenza, sia nel dare contributi agli apparati produttivi, come nel caso della Cina, sia ad applicare dazi sui prodotti importati, come nel caso di Usa e Ue. Ma non tutti hanno questa prudenza perché vogliono influenzare l’opinione pubblica, in maniera che essa si senta apparentemente tutelata quando invece viene penalizzata.
In questo quadro appena disegnato, le parti dimenticano l’esistenza del Wto (World trade organization), cioè di quell’organismo mondiale al quale partecipano quasi tutte le Nazioni del mondo, il quale ha appunto la funzione di regolare i rapporti commerciali fra i diversi Paesi, con il primario obiettivo di evitare l’imposizione di nuovi dazi e il secondario obiettivo di eliminare o diminuire quelli presenti. Ciò perché, ripetiamo, è interesse dei/delle consumatori/trici che i prezzi dei prodotti e servizi si riducano ove possibile grazie alla concorrenza.
Tale riduzione, però, non dev’essere a discapito dei/delle lavoratori/trici (sfruttandoli/e) né dell’ambiente (degradandolo), ma i dazi provocano un rincaro inutile e deleterio socialmente.
Tuttavia, il Wto non ha strumenti coercitivi per imporre il buonsenso ai propri associati – come è il caso di quasi tutte le organizzazioni internazionali – per cui può solo esercitare una sorta di moral suasion.
I Governi democratici occidentali sono normalmente deboli, perché ascoltano giorno per giorno le richieste che provengono dalla popolazione. Per cui non sono capaci di assumere decisioni poliennali né impopolari. Non solo, ma sono soggetti ai cambiamenti di umore dell’opinione pubblica, la quale a sua volta è “vittima” di talk show, siti web, giornali piccoli e grandi, radio, televisioni, eccetera.
In questo quadro è difficile fare previsioni su come andranno le cose, ma è certo che se da un canto la Cina e dall’altro Stati Uniti e Unione europea alimentano i rialzi dei dazi reciproci, a farne le spese saranno i ceti deboli di tutte le popolazioni, occidentali e orientali.
Prevarrà il buonsenso? Non sappiamo. Sappiamo però che esso è necessario per evitare guerre economiche dannose e dispendiose, che fanno peggiorare i conti economici e i conti individuali delle famiglie, dei/delle cittadini/e e delle imprese.
I Governi di tutto il mondo dovrebbero invece operare nell’esclusivo interesse del popolo che rappresentano, come la definizione di Democrazia indica.