Il Disegno di legge sugli Enti locali, dopo il voto che dall’Assemblea regionale lo ha rispedito in Commissione a dispetto dei gruppi di opposizione che volevano affrontare la maggioranza sul loro stesso terreno di scontro interno, resterà in attesa di possibili future rivalutazioni. Un binario morto, per un testo divisivo con circa quattrocento emendamenti ma privo di impianto solido e forse anche utile. All’ARS nel frattempo si tira un sospiro di sollievo e finalmente si passa oltre. Tra Commissioni ed aula, le prossime tappe della roadmap di Palazzo dei Normanni riguardano la variazione di bilancio e lo stralcio del Ddl in materia di urbanistica.
Ma i nodi, le criticità e i dissesti finanziari degli Enti locali rimangono, come rimangono non recepite le norme nazionali sul terzo mandato per alcuni Comuni e sulle “quote rosa”. Bisognerà rifare tutto da capo, forse, o stralciare il recepimento di quanto approvato a livello nazionale e poi riproporre con nuovo testo una diversa riforma degli Enti locali che superi questa del Ddl 105 per tre volte tornato in Commissione dopo un tentativo di discussione generale morto sul nascere.
Per comprendere quale contrasto c’è, in senso pratico, tra le proposte del Ddl Enti locali e le necessità reali degli Enti locali, il Quotidiano di Sicilia ha chiesto pertanto lumi al sindaco Paolo Amenta, presidente dell’ANCI Sicilia (cioè dell’associazione sindaci siciliani), per fare chiarezza sulla posizione e sulle esigenze dei sindaci cui si doveva rivolgere la riforma.
Presidente, secondo lei il Ddl Enti locali è destinato ad arenarsi?
“Destinato no, ma è tornato indietro in Commissione. Tutti hanno detto che devono sentire l’ANCI per sapere come la pensa sul Ddl. Da due anni dico come la penso, e ancora è tornato per l’ennesima volta dall’Assemblea alla Commissione per stabilire cosa fare. Mi creda, io non ho capito cosa dovrei aggiungere a questo Ddl. Più di dire che non cambia le sorti dei Comuni siciliani, perché i problemi dei Comuni e le priorità sono altre, cosa devo dire?”.
Quindi avete già detto quelle che secondo voi sono le reali necessità degli Enti locali?
“Lo ribadisco. E lo dirò anche in un comunicato stampa, perché martedì incontreremo la Commissione bilancio. I problemi dei Comuni sono gli equilibri di bilancio, sono i disabili psichici, le Asacom della scuola primaria, e mettere in atto tutte queste coperture dei servizi che ridarebbero equilibrio e prospettiva ai Comuni. Il fatto che ci sia un assessore in più non cambia il mondo ai Comuni siciliani. Cambierebbe invece se potessimo assumere personale, sbloccare i concorsi, derogare i vincoli assunzionali. Anche perché c’é bisogno di personale specializzato nei Comuni per affrontare queste grandi sfide che sono il PNRR, il FESR, l’FSC. Quindi costruire una nuova stagione con impegno e continuità”.
Tutte cose assenti nel Ddl Enti locali?
“Il Ddl parla di elezione del presidente della terna dei revisori dei conti direttamente dal Consiglio comunale, e non capisco il perché. Ho detto più volte che il problema dei Comuni è invece quello di scegliere fino a quindicimila abitanti un solo revisore dei conti su scala provinciale, per evitare alti costi di missione ed un numero elevato di revisori, ma questo non si ascolta perché vuol dire che non si vuole ascoltare. Tutti gli articoli che si susseguono, come l’assessore in più o il consigliere supplente, sono tutte norme che vengono ognuna da un territorio, dall’amico sindaco, dal deputato o non so da dove altro possono provenire tutte queste operazioni”.
“Sulla questione della rappresentanza di genere, che è stata trasformata in una lotta di genere, l’ANCI dal primo giorno che ha messo piede in Commissione ha detto ‘uniformiamoci al nazionale’. Cioè, se il nazionale ha votato per il terzo mandato e il 40% sulle donne, recepiamo la norma e basta. Allineiamoci agli altri. No, è invece partito un discorso di grande comunicazione esterna, con i sit-in delle donne… Come se provassimo a trovare sempre un motivo per protestare. Non è normale che accade tutto questo.
Se il Ddl Enti Locali finisce adesso su un binario morto si perde anche l’opportunità di allinearsi alle norme nazionali su terzo mandato e quote rosa?
“Io non sono per non fare nulla, sono per fare e farlo bene. Non è che mi cambia la vita se mi mettono un assessore in più. Tanto è a invarianza di spesa, quindi il sindaco che lo può fare lo fa e quello che non lo può fare non lo fa”.
Adesso si aggiunge anche la questione siccità, quindi risorse idriche, ed aumenteranno ulteriormente i costi per i Comuni.
“Certo. Il sistema idrico integrato. Qualcuno dimentica che per il sistema dei rifiuti e il sistema idrico, le coperture sono al 100% della tariffa a carico dei Comuni. Quindi, tanto più funziona male questo sistema, sia per i rifiuti che per l’acqua, per mancanza di piattaforme e di valorizzazione dei rifiuti, di impianti di prossimità, tanto più la Tari schizzerà al tetto massimo delle operazioni, come per l’acqua. Per l’acqua si utilizzano pompe di sollevamento, iniziamo a mettere dentro i costi degli impianti per desalinizzare, e tutte queste operazioni aumenteranno i costi. Ed i costi dove si scaricano? Sui cittadini. Quindi è li che ci dobbiamo concentrare. Quando la scorsa settimana abbiamo fatto l’assemblea, abbiamo proprio detto che i Comuni siciliani pagano per tre volte l’energia rispetto al resto d’Italia, e che questi costi alla fine si scaricano per il loro funzionamento sui cittadini”.
Potenziali ottimi amministratori locali, alle prese con crisi derivanti da fattori contingenti che non dipendono da loro, come il trasporto e lo smaltimento rifiuti, il costo dell’energia elettrica, la siccità e le risorse idriche da acqua razionata o assente, verranno probabilmente bocciati dall’elettorato perché non hanno fatto miracoli?
“Ha centrato perfettamente la questione. Io non sono più disposto, da presidente dell’ANCI Sicilia, a subire questo tipo di iniziative. Perché ancora non hanno capito, i sindaci, che se noi non alziamo la voce e iniziamo a spiegarle le situazioni, non riusciremo a far capire ai cittadini – con un linguaggio anche comprensibile dalle famiglie e dalle imprese – che la responsabilità di tutta questa operazione non è più basata sul territorio e sui sindaci ma che sono altri i livelli che devono riflettere su questo. Poi ci sta che noi facciamo un piano e non riusciamo a uscirne fuori in un anno o due, ma dobbiamo iniziarlo questo percorso di uscita, che duri cinque o dieci anni. Coinvolgendo Regione e Stato”.
Presidente, quale è il punto cardine per i Comuni siciliani?
“Il punto cardine è cominciare a rimettere in equilibrio le finanze dei Comuni. Lei sa bene che in Sicilia abbiamo già 130 Comuni che si trovano tra dissesto e pre-dissesto finanziario. Nel 2024, 250 Comuni non hanno chiuso il consuntivo 2023 e altri 150 non hanno ancora approvato il bilancio di previsione 2024. Quindi significa che alla fine di quest’anno, non le dico che quei 130 Comuni che chiedono il pre-dissesto o il dissesto finanziario raddoppieranno ma quasi. Se un’assemblea regionale, o un Governo regionale o nazionale, si deve mettere a discutere dell’assessore in più o in meno, o dell’elezione del presidente dei revisori in Consiglio comunale o con il sorteggio, io credo di non sapere più cosa dire o come farmi capire”.
“Mettere in linea queste operazioni, consentire ai Comuni di poter dare sfogo a quelle che sono le funzioni fondamentali come ad esempio il controllo del territorio – le piante organiche della polizia locale non esistono più – di cui nel Ddl Enti locali non si parla, e dare la possibilità di assumere polizia locale. Hanno fatto la norma su Catania, ma noi potremmo prendere una decisione e iniziare a garantire i servizi essenziali, sistemare la pianta organica dei Comuni attraverso l’assunzione del personale, creare le condizioni per cui i Comuni potranno poi pensare di aumentare gli assessori e di fare tutta questa operazione dell’attuale Ddl Enti locali. Ma mi sembra che in Sicilia si continui a camminare a marcia indietro”.
Quindi la soluzione è prima di tutto il risanamento finanziario?
“La soluzione sarebbe l’armonizzazione dei bilanci, con l’articolo 118 sul federalismo fiscale, che metta un piano di risanamento totale; mettere mano sulla legge che gestisce i dissesti e i pre-dissesti e dare un senso verso una uscita; riformare il sistema degli Enti locali con un Ddl mettendo una deroga che ci liberi le mani per le assunzioni perché serve personale specializzato che ci dia la possibilità di intervenire sul piano degli investimenti da PNRR, FESR e FSC; poi capire come distribuire competenze e funzioni. Se vogliamo garantire i servizi e migliorarne la qualità. Capisco che non ci si può arrivare in un anno, ma iniziamo”.
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