Editoriale

Decarbonizzare con energie del futuro

Uno studio condotto dall’Università di Leeds rivela che i ghiacciai dell’Himalaya si stanno sciogliendo a velocità record, con un ritmo dieci volte superiore a quello degli ultimi secoli. Una nuova catastrofe perché il fenomeno diffuso ad altre parti del mondo, soprattutto a Nord e a Sud (Circolo polare articolo e antartico), sta creando l’aumento delle temperature, del livello del mare, la migrazione irregolare di pesci, uccelli e altre anomalie che creano danni.

La ricetta da tutti auspicata è la decarbonizzazione e cioè la progressiva diminuzione dell’uso di carburanti fossili (carbone, gas, petrolio) da sostituire in tempi ragionevoli con energia rinnovabile, cioè pulita.

Per raggiungere questo obiettivo è necessario riuscire a produrre tale energia pulita utilizzando quella più tossica che esista e cioè l’anidride carbonica, di cui è piena l’atmosfera. L’abbiamo scritto più volte che per salvare l’ambiente bisogna “mangiare” anidride carbonica.

In effetti, la diminuzione dell’uso dei materiali fossili prima indicati ha lo scopo di ridurre l’emissione di anidride carbonica.
Tuttavia, il futuro non deve puntare a tale diminuzione, piuttosto alla sua utilizzazione perché così si prendono due piccioni con una fava, in quanto si produce nuova energia e contemporaneamente diminuisce il “magazzino” di CO2.

Vi è un altro materiale per produrre energia ed è il litio che si trova, per esempio, in Bolivia, nel deserto di Uyni.
Oltre al litio, vi è anche la corsa al cobalto che è un altro prodotto necessario per i processi produttivi. Se ne trovano grandi quantità nel Congo, ma in quel Paese la ricchezza è concentrata nelle mani di Albert Yuma Mulimbi che gestisce in maniera solitaria quelle ricchezze.

Ancora, si punta sull’idrogeno, cioè su un prodotto che si ottiene dall’aria e, dopo essere utilizzato, per esempio nei motori, ha come residuo niente meno che l’acqua.

Ancora, si ritorna a parlare, finalmente, del nucleare verde e cioè della produzione di energia atomica con impianti di ultima generazione sicurissimi, che consentirebbero di ridurre fortemente il costo dell’energia stessa.
L’energia atomica tradizionale è oggi il cuore dell’economia francese, la quale ha dimostrato di poterla utilizzare per il suo ciclo produttivo con un risparmio di oltre il 35 per cento.
In Francia, gli ambientalisti non hanno mai avuto niente da obiettare contro l’energia atomica tradizionale, anche perché hanno appurato i benefici sul ciclo economico.

È in grande sviluppo l’energia eolica, soprattutto negli impianti marini, anche se molte autorità paesaggistiche contrastano la richiesta di autorizzazioni.
E poi, vi è l’energia solare, immensa ed inesauribile, che va trasformata in energia per gli esseri umani, sia col sistema dei pannelli che con quelli della trasformazione attraverso appositi impianti. Per queste nuove tecnologie occorrono notevoli investimenti e risorse che gli Stati dovrebbero approntare, ma non sempre lo fanno se non con vistosi ritardi.

Vogliamo citare tra le possibili fonti di energia anche i Rifiuti solidi urbani che, in tutto il Mezzogiorno, stanno appestando interi territori, creando percolato nel terreno e gas tossici nell’atmosfera.
Invece, nel Nord Italia e in altri Paesi del mondo, essi sono utilizzati come materia prima del ciclo produttivo di energia e biocarburante, il che provoca disinquinamento e utilizzazione di sostanze che, anziché essere accatastate nelle discariche, diventano risorsa.

Fra le novità, il Pnrr stanzia notevoli importi per le rinnovabili. Il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, ha posto al comando del Piano un tecnico della McKinsey, Paolo Aprile, di cui si dice che abbia notevoli competenze e che appare scevro da pregiudizi sciocchi e ignoranti. Ci dobbiamo augurare che questo Governo duri fino al 2023 perché metta al riparo le risorse disponibili da chi le vuole utilizzare male.

Infine, vi è una chicca e cioè la notizia secondo la quale il gruppo Magaldi ha brevettato nuove bio batterie a sabbia, che accumulano energia termica in grande quantità e a temperature fino a mille gradi.