Editoriale

Declino di Forza Italia, serve la locomotiva

Berlusconi – che è stato un grande accentratore, ma non è riuscito nei trent’anni di vita politica a individuare un suo successore con il quid – aveva un particolare carisma e una forza comunicativa che gli hanno consentito di ammaliare l’elettorato, per cui è riuscito in pochi mesi dopo Tangentopoli a riempire le liste elettorali presentate in tutta Italia e a far eleggere un numero di deputati e senatori che rasentava la maggioranza assoluta.

Egli ebbe bisogno di Umberto Bossi, leader della piccola Lega Nord, il quale, dimettendosi, lo mandò in minoranza, ma poi riuscì a recuperare, per cui è stato quattro volte presidente del Consiglio.
Perché questo preambolo? Per dire che il carisma non è comune a tutte le persone, anche se bisogna tener conto delle condizioni del Paese e delle ideologie politiche degli/delle italiani/e, che cambia continuamente da stagione a stagione.
L’elettorato italiano non è contento della sua classe politica perché essa gestisce male le istituzioni e dunque, quando arriva il nuovo, gli dà il suo consenso.

Dopo Berlusconi, arrivò l’Ulivo, che nuovo non era, ma che comunque costituiva una novità, che godette del consenso elettorale.
Poi, nel 2014 arrivò Matteo Renzi, e il consenso elettorale virò nella sua direzione. Ma anch’egli, a causa del fallimento del referendum, si dovette dimettere e i successivi governi non diedero prova di efficienza.

Cosicché, si arrivò al 4 marzo 2018, quando vinse il Movimento Cinque Stelle, organizzato e pilotato da quel mago che fu Gianroberto Casaleggio, con l’aiuto dell’immagine del comico Beppe Grillo, e conseguì un altro straordinario successo con oltre il trenta per cento di consensi.

Anche il Movimento Cinque Stelle non dette prova di buona attività governativa, in parte per inesperienza, cosicché Matteo Salvini, nelle europee del 2019, attrasse il volubile e scontento elettorato che gli consegnò ben il trentaquattro per cento dei consensi.
Lo stesso elettorato che nelle elezioni del 2022 ha fatto vincere la coalizione di centro-destra, con Fratelli d’Italia primo partito in assoluto.

Il prossimo 9 giugno vi saranno le elezioni europee, che cambieranno probabilmente, seppur di poco, la situazione nello scenario dei ventisette Stati membri. Però, vi potranno essere dei cambiamenti sostanziali nel nostro Paese perché il trentaquattro per cento di Salvini potrebbe essere ridotto al dieci per cento e anche Forza Italia potrebbe essere ulteriormente dimensionata sotto l’otto per cento, diminuzioni compensate da un incremento di Fratelli d’Italia, che potrebbe superare il trenta per cento.

Torniamo a Forza Italia. Antonio Tajani si sta comportando come un buon “padre di famiglia”, ma a nostro modesto avviso non mette nella sua azione gli argomenti e la comunicativa che aveva Berlusconi, soprattutto non sono chiare le motivazioni secondo le quali l’elettore/trice dovrebbe votare Forza Italia piuttosto che un altro partito.
Altra carenza in quella compagine politica è che non cerca e non esalta personaggi della cosiddetta società civile che già occupano posti di rilievo, per tentare di portarli dentro per le loro capacità.

Ora, in un quadro istituzionale in cui hanno forte rilievo le personalità, Antonio Tajani dovrebbe imboccare questa strada, cioé quella di tentare di coinvolgere personaggi non tanto noti quanto capaci e con alti profili.

È vero che queste personalità non riescono a radunare il consenso stile democristiano, cioè con la cultura del favore, ma con le loro qualità possono attrarre i consensi di quella fascia della popolazione che li apprezza.

Bisogna tener conto, quando si valutano i sondaggi, che essi non considerano circa il quaranta per cento degli/delle interpellati/e che rimane indeciso/a. Bisogna tener conto anche di circa la metà degli/delle italiani/e che è sfiduciata e non va a votare.

Se Forza Italia si vuole salvare deve inserire argomenti forti nella propria comunicazione e acquisire personaggi della società civile disposti a battersi per il raggiungimento di un ideale.