CATANIA – Il decreto “Rilancio” è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, con un saldo netto stimato da finanziare di 155 miliardi di euro per il 2020 e con un indebitamento netto di “soli” 55 miliardi. Ma è polemica sulla distribuzione delle risorse per il Mezzogiorno.
L’economista Pietro Massimo Busetta, professore ordinario di scienze economiche e statistiche nell’università di Palermo, spiega in un’intervista al Quotidiano di Sicilia perché il Sud ne risulta – per l’ennesima volta – penalizzato.
Il decreto Rilancio, secondo il premier Giuseppe Conte, avrebbe dovuto dare un forte impulso all’economia del Paese. E lei – in una precedente intervista – auspicava si occupasse soprattutto di riequilibrare tra Nord e Sud. È andata così?
“Assolutamente no, anzi rischia di contribuire ad allargare il divario preesistente. La distribuzione delle risorse del decreto segue due parametri: occupazione e reddito complessivo. Non esiste alcun elemento che riguardi la popolazione e quindi non esiste alcuna correzione del dislivello tra Settentrione e Meridione. Questo significa che nelle regioni più ricche in cui lavorano più persone – e dove mediamente ci sono due stipendi per famiglia – ci saranno più risorse per la cassa integrazione, dove invece lavora una sola persona per nucleo familiare, ci saranno meno aiuti. Insomma, ancora una volta si ‘premia’ chi è già stato premiato”.
Lei crede che in futuro possano arrivare per il Sud ulteriori sussidi?
“Con un indebitamento di 55 miliardi di euro e un rapporto debito-Pil del 160%, ci sarà sempre meno spazio per risorse future a favore del Mezzogiorno, che al momento ha un reddito procapite inferiore anche alla Grecia. E ricordiamo che il Sud ha già subito un furto di 600 milioni di euro in dieci anni perpetrato dal Nord sulla base della spesa storica”.
Perché, a suo avviso, la classe politica consente tutto questo?
“Il Movimento Cinquestelle si è rivelato inadeguato a difendere il Sud, nel Partito Democratico vi è una buona parte nordicentrica, più adesso Stefano Bonaccini è più forte sulla autonomia differenziata; la Lega resta sempre nordicentrica per sua costituzione, Italia Viva rimane un partito troppo piccolo, con una classe dominante al Sud spesso estrattiva, che garantisce quei voti necessari per contare a livello nazionale. In buona sostanza il Mezzogiorno non è rappresentato, se non da qualche governatore-sceriffo ‘innamorato del blocco’ – come Cateno De Luca o Nello Musumeci, nda – senza alcuna strategia condivisa”.
In che modo le Regioni del Meridione possono cercare di arginare il danno?
“Purtroppo non vedo alcuna possibilità di limitazione del danno. Nel decreto è scritto che ‘saranno rimborsate le tasse di soggiorno delle realtà turistiche’, senza nessuna attenzione per quelle regioni che vivono esclusivamente di turismo e che dovrebbero godere di maggiori agevolazioni. E che dire poi di Italo che arriva a Reggio Calabria, ma che da Napoli in giù percorre il tragitto con la stessa tempistica dei treni non ad alta velocità? E di altri due centri di ricerca nazionali – il Tecnopolo di Bologna con un finanziamento da 20 milioni e l’hub tecnologico di automotive a Torino – previsti solo al Nord? Anche in questo caso nessun correttivo a favore del Sud, che resta, di fatto, esclusivamente colonia di una parte del Paese. Occorrerebbe un movimento politico che difendesse gli interessi del popolo, ma non ci sono le condizioni affinché ciò avvenga, perché l’Italia non ha capito che senza il Mezzogiorno rimarrà soltanto un piccolo Stato dell’Europa sempre meno importante”.
Il decreto prevede la possibilità per le Regioni di utilizzare – per tamponare gli effetti dell’emergenza sanitaria – i fondi europei destinati alla loro crescita, visto che restano tra le regioni meno sviluppate d’Europa . Crede che questa sia effettivamente nel ventaglio delle possibilità anche in Sicilia?
“È possibile che accada anche questo. Ma è fondamentale dire che, se il Sud fosse stato separato dal resto dell’Italia, i suoi 20 milioni di abitanti avrebbero potuto contrattare direttamente con l’Europa, ricevendo sicuramente più risorse economiche rispetto a quanto è avvenuto rimanendo nello Ststo nazionale. E le regioni del Meridione sarebbero pure state Covid-free. L’Italia è un Paese economicamente sbilanciato in termini globali e il Mezzogiorno – che ha perso la partita, almeno per i prossimi 20 anni – non esiste nemmeno dal punto di vista mediatico. Questo decreto è l’ennesima occasione andata in fumo per ridurre la forbice tra Nord e Sud”.
Ivana Zimbone