ROMA – All’articolo 16 (intitolato “Princìpi e criteri direttivi per la revisione generale degli adempimenti tributari e degli adempimenti in materia di accise e di altre imposte indirette sulla produzione e sui consumi”) della delega fiscale recentemente approvata dal Parlamento, al comma 1 , lettera m), si stabilisce di “ armonizzare progressivamente i tassi di interesse applicabili alle somme dovute dall’Amministrazione finanziaria e dai contribuenti.”.
Era ora che qualcuno pensasse a questo enorme problema ed all’ingiustizia che attualmente si genera quando la misura degli interessi, oltre ad essere estremamente variegata e complicata in relazione alle singole fattispecie di morosità o di dilazioni, mostra in modo estremamente evidente la disparità di trattamento (sicuramente censurabile anche dal punto di vista costituzionale), principalmente tra quello riservato al fisco in caso in cui sia lui il debitore, e quello riservato ai contribuenti, morosi o ai quali è stata accordata una rateizzazione.
Attualmente, per esempio, in materia di riscossione, a fronte di un’aliquota di interessi pari al 4% sui tributi fino alla consegna dei ruoli, del 2,68% sui tributi ,dopo 60 giorni dalla notifica della cartella, e del 4,50% in caso di sospensione della riscossione, oppure addirittura del 5% (interessi legali) in caso di dilazione pagamento per alcuni sistemi di definizione o in caso di ravvedimento operoso, sugli interessi applicabili in caso di ritardo di rimborsi spettanti al contribuente si applica l’aliquota di interessi nella misura del 2%.
Eppure, con D.L. 124 del 2019 convertito nella Legge 15/2019, all’articolo 37, comma 1 ter, era stato previsto che, con un apposito decreto ministeriale, si sarebbe dovuto realizzare il principio secondo il quale “. Il tasso di interesse per il versamento, la riscossione e i rimborsi di ogni tributo, anche in ipotesi diverse da quelle previste dalla legge 26 gennaio 1961, n. 29, e dall’articolo 13 del decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133, è determinato, nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica, in misura compresa tra lo 0,1 per cento e il 3 per cento.”.
Purtroppo, però, il citato decreto ministeriale non ha mai visto la luce.
Per cui continuano ancora ad applicarsi le percentuali di interesse previste dalle singole leggi d’imposta e dalle singole situazioni, con i problemi e le disparità di trattamento di cui prima si parlava.
Oggi, però, uno spiraglio di luce in questo settore comincia ad intravedersi. Con la legge delega per la riforma fiscale, già approvata dal Parlamento, il Governo dovrà armonizzare i tassi di interesse applicabili alle somme dovute dall’Amministrazione finanziaria e dai contribuenti.
Speriamo che la competenza delle persone che di fatto stanno scrivendo la riforma fiscale, sulla base delle regole imposte dal Parlamento, possa risolvere al più presto questo problema che costituisce certamente uno dei tanti motivi che rende difficile la compliance e la fiducia dei cittadini e l’Amministrazione Finanziaria.