ROMA – È fissata per il 2 maggio prossimo la data in cui la tanto attesa Delega fiscale, compresa quella riguardante la giustizia tributaria, sarà in Parlamento.
Come si ricorderà, i punti cardini della riforma fiscale sono quattro:
Gli obiettivi delle riforma del contenzioso tributario, invece, sono quelli di rendere il settore più efficiente di quello attuale, anche grazie alla previsione di una “quinta magistratura”, quella tributaria (oltre quelle civile, penale, amministrativa, contabile e militare), formata da giudici professionali, adeguatamente formati e retribuiti, nonché assolutamente sganciati dall’attuale sistema che prevede una dipendenza logistica dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, circostanza che fa nascere talvolta il sospetto di una mancanza di terzietà dei giudici.
Per quel che concerne la delega fiscale, le novità sono molte. Si tratta, comunque, di una delega che allo stato attuale esclude quella che, per tutti gli addetti ai lavori, rappresenta la parte più importante della riforma, ossia rendere la normativa fiscale chiara e trasparente attraverso la formazione dei tanto attesi “testi unici”.
Al di là di questo punto, estremamente importante ma difficile da attuare, il Governo, attraverso la Legge di Bilancio del 2022, ha già fatto qualche passo in materia di Irpef, riducendo da cinque a quattro e rimodulando alcuni scaglioni dei redditi soggetti all’imposta sul reddito delle persone fisiche, in materia di Irap, escludendone l’applicazione per le persone fisiche esercenti attività commerciali, artistiche e professionali, nonché intervenendo sul sistema di remunerazione della riscossione, passando dal sistema legato all’aggio, a quello legato all’effettivo servizio reso dall’Agente della riscossione.
Ma gli obiettivi immediati della futura riforma, comunque, sono ancora da attuare, come la revisione delle aliquote Iva (anche alla luce delle più recenti direttive comunitarie), un ulteriore intervento in materia di detrazioni fiscali, un ulteriore e graduale superamento dell’Irap, la revisione dell’Ires, lotta all’evasione fiscale e unificazione dell’Agenzia delle Entrate con il ramo “Riscossione”.
Come è noto, però, nella delega c’è un grosso “nodo”, difficile da sbrogliare. Parliamo delle riforma del catasto che, secondo il Governo, è un passo ineludibile volendo rispettare appieno il Pnrr.
Si vorrebbe infatti procedere ad una rivalutazione dei beni immobili censiti in catasto, principalmente per accertarne le reali dimensioni e l’effettiva redditività del bene, visto che attualmente il parametro di valutazione più significativo, per gli immobili ad uso abitativo, è il numero di vani che, come è facile capire, non da certezza sulle sue reali dimensioni.
Insomma, si vorrebbe fare una fotografia aggiornata degli immobili, acquisendo anche il valore patrimoniale secondo i prezzi di mercato.
Invero, non sarebbe male fare emergere i terreni e gli immobili fantasma attualmente non censiti dal catasto, oppure quelli abusivi, oppure ancora accatastare in maniera corretta tanti terreni edificabili che risultano oggi solo agricoli.
In realtà, secondo il Governo, il nuovo censimento e la nuova valutazione non comporteranno un aumento del prelievo fiscale, quanto meno per un periodo di tempo abbastanza lungo, forse fino al 2026.
Una promessa, tuttavia, che non rassicura però i cittadini. È noto, infatti, che molti tributi, come l’Irpef, l’Imu, l’imposta di registro, l’imposta ipotecaria ed altre imposte, (ma anche la quantificazione dell’Isee), hanno nella rendita catastale, rivalutata, la base imponibile della tassazione, con un prelievo, quello sul mattone, che rappresenta attualmente il 2,4%del Pil.
Appare poco credibile che una diversa valutazione degli immobili censiti in catasto non possa tramutarsi, in breve, in un aumento della pressione fiscale.
A meno che, tale riforma non venga accompagnata da sistemi idonei a “sterilizzare” l’incremento della base imponibile, lasciando immutato il prelievo di che trattasi.
Ecco perché c’è una folta maggioranza di cittadini e partirti politici contrari a questa riforma, ritenendo che, nonostante le assicurazioni di Draghi non siano sufficienti a scongiurare il pericolo di aumento del prelievo fiscale sulla “mattone”.
Insomma, un bellissimo nodo da sciogliere, sperando che la questione della riforma fiscale e della riforma del contenzioso tributario, tanto importanti ed urgenti per tutti i contribuenti, possano diventare presto legge dello Stato, non dimenticando che tali riforme, oltre a costituire un preciso obbligo ai fini della realizzazione del Pnrr, serviranno a favorire gli investitori esteri, attualmente preoccupati dalla lentezza della giustizia, compresa quella tributaria.