Tra il 7 e il 9 ottobre al tribunale del Riesame di Roma verrà trattato il ricorso della Regione siciliana e del governo avverso al provvedimento di sequestro del depuratore del petrolchimico di Priolo, una vicenda che si trascina da anni e che adesso giunge a un punto in cui si decideranno le sorti produttive di numerose aziende che ruotano all’interno della gigantesca area delle raffinerie. Area che ha assolutamente bisogno di un depuratore per smaltire le innumerevoli scorie prodotte che però sono al centro di un gravissimo problema di inquinamento.
Se il Tribunale dovesse accogliere il ricorso del governo, allora il provvedimento del gip di Siracusa Salvatore Palmeri verrà stoppato e tutto procederà nel solco del presunto inquinamento sino a quando le aziende si doteranno di depuratori propri, cosa che al momento non è affatto dietro l’angolo. Sembra che per vedere ultimato e collaudato il primo depuratore privato se ne parlerà non prima della metà del 2025.
La domanda che sorge spontanea in questa vicenda è perché la decisione del Riesame finisce sul tavolo di giudici romani e non di quelli di Siracusa? La risposta sarebbe questa: che la possibilità di fare ricorso al Riesame di Roma sarebbe stata espressamente prevista nel decreto formulato dal tribunale di Siracusa, particolare che però fa storcere il naso agli ambientalisti siracusani che in questa possibilità intravedono un tentativo di rimettere le sorti del petrolchimico alla sensibilità di giudici che abitano lontano dalla zona teatro dell’inquinamento, forse per evitare che i magistrati aretusei possano essere influenzati dal fatto di abitare nella stessa area presa in oggetto dal contenzioso. Un po’ come sta avvenendo con la sentenza dell’Ilva di Taranto anche se i contorni sono diversi.
Mentre si attende con ansia l’esito dei giudici i sindacati tornano nuovamente a farsi sentire alla vigilia della decisione per cercare di scongiurare lo stop del depuratore che metterebbe in ginocchio la produttività dell’intera zona con ricadute occupazionali molto gravi e danni anche all’immagine del sistema produttivo. Nel corso di una recente assemblea sindacale davanti alla sede del polo petrolchimico i segretari di Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltech Uil hanno detto che il depuratore Ias deve essere mantenuto come strumento di salvaguardia ambientale e occupazionale. “La chiusura del depuratore – hanno proseguito – avrebbe conseguenze devastanti per il sistema industriale. Le raffinerie e le industrie chimiche locali dipendono dall’Ias per il trattamento dei reflui. Senza una alternativa immediata queste aziende potrebbero essere costrette a sospendere la produzione”.
Il provvedimento di stop al trasferimento dei reflui industriali nell’impianto di depurazione è stato preso nel luglio scorso dal giudice Salvatore Palmeri. Il Gip letta l’stanza dell’amministratore giudiziario di Ias, Salvatore Maiolo… ha preso la decisione di “non autorizzare la prosecuzione dell’attività produttiva come previsto dal decreto interministeriale del 12 settembre 2023”.
Lo stop al depuratore, disposto alla luce delle decisioni della Corte costituzionale, ha gettato un’ombra sul futuro occupazionale dell’area industriale, ma va tenuta in seria considerazione la delicata questione del disastro ambientale dei reflui che si sversano in mare con enormi danni all’ambiente e alla salute dei cittadini. Quindi in linea pratica le aziende industriali presto non potranno confluire i fanghi reflui nell’Impianto che secondo i periti nominati dai magistrati ha un alto tasso di inquinamento.
Secondo il provvedimento, in questi due mesi, le aziende avrebbero dovuto avviare un cronoprogramma per sospendere il loro invio di reflui al depuratore, cosa che sino adesso non è stato rispettato, ala luce delle decisioni che si attendono dal Riesame che arriveranno tra qualche giorno. Va detto che il sequestro dell’impianto, sin dal primo provvedimento disposto dalla Procura due anni fa, nel giugno del 2022, nell’ambito di una inchiesta per disastro ambientale, non si è mai concluso e i periti del tribunale stanno ancora indagando sull’impianto e sulle raffinerie per trovare riscontri che possano certificare i reati di disastro ambientale della zona e di danno per la salute pubblica.
Quando alcuni anni fa i magistrati della Procura aretusea avevano sequestrato l’impianto, il governo nazionale era intervenuto col ministro Adolfo Urso che aveva disposto e poi fatto approvare dal governo il decreto salva Isab che successivamente era stato confermato e ampliato con un altro decreto che ha stabilito che per gli impianti accessori bisognava bilanciare gli interessi ambientali con l’interesse strategico dello Stato per l’area industriale. Nel settembre 2023 il governo aveva quindi emanato un decreto per salvaguardare il proseguimento dell’attività industriale, consentendo lo smaltimento dei reflui industriali. I magistrati, successivamente, però, su sollecitazione dell’amministratore giudiziario dell’impianto, hanno sollevato la questione di costituzionalità davanti alla Suprema corte. I giudici costituzionali si sono pronunciati sul ricorso della Procura spiegando che le norme emesse dal governo non erano idonee a giustificare i decreti emessi sul depuratore, perché consentono emissioni al di fuori dalle norme, non idonee a tutelare la salute delle persone. Inoltre i giudici hanno rilevato che i decreti emessi sul depuratore non pongono un termine ragionevole per provvedere all’adeguamento dell’impianto. Per queste ragioni la Corte ha decretato che le norme contenute nel decreto del governo non sono accettabili.
In questa grande confusione nel frattempo le grandi raffinerie stanno realizzando i loro grandi depuratori che saranno pronti , come detto, entro il prossimo anno. Quindi a partire dal 2025 non sverseranno i loro reflui nel depuratore di Priolo che diverrà una scatola vuota, a meno che, con una grande operazione, si utilizzi l’impianto per smaltire i reflui urbani di parte di Siracusa e di Augusta.
Recentemente Legambiente nazionale e Sicilia hanno ripercorso le tappe dell’annosa vicenda in un dettagliato documento che ha innescato un nuovo braccio di ferro tra governo e magistratura. I vertici ambientalisti ritengono il provvedimento del Gip “Una decisione prevedibile: il decreto interministeriale è troppo sbilanciato in favore delle industrie” e quindi invitano il governo nazionale e regionale ad intervenire “per tutelare finalmente la salute dei cittadini e creare le condizioni per la conversione ecologica dell’area degli impianti industriali”.
La vicenda del depuratore Ias di Priolo segna il totale fallimento della politica regionale e nazionale che ha demandato alla magistratura il compito di prendere decisioni su un delicato settore importante per il tessuto produttivo della Sicilia. Lo sostiene Alfio Mannino, segretario regionale della Cgil che interviene duramente sul contenzioso del depuratore che rischia di mandare a gambe all’aria un’intera area.
“Purtroppo – spiega – bisognava fare per tempo gli interventi sul depuratore Ias per renderlo adeguato alla normativa vigente. Le osservazioni sul depuratore sono state sollevate anni fa ed è in quel periodo che bisognava studiare immediatamente un piano di interventi e mettere in pratica azioni serie per evitare le attuali disfunzioni che mettono a rischio la salute pubblica. Purtroppo questo è un fatto grave, così come è altrettanto grave che oggi si stia procedendo a risolvere problemi che riguardano un pezzo importante di tessuto economico regionale attraverso l’intervento della magistratura”.
Quindi la Cgil ritiene che il caso del depuratore di Priolo segna il fallimento della politica?
“Assolutamente sì. Perché questa politica in tutti questi anni non è riuscita ad intervenire ed è andata avanti con provvedimenti tampone e ricorsi. E noi oggi siamo preoccupati anche per il fatto che questa condizione possa provocare uno scenario negativo e spingere le imprese a scappare via dalla Sicilia. E non parlo soltanto delle imprese del Petrolchimico, ma anche di tutte le altre che, davanti a un fatto così grave, complicato e articolato, vedono una classe politica incapace finora di dare risposte serie. Questa immagine dà il segno del disfacimento di un sistema istituzionale che non giova affatto a un futuro produttivo. Detto questo, per quanto ci riguarda, non c’è dubbio che oggi viene chiamato a responsabilità non soltanto il governo regionale attuale, ma anche il governo nazionale che non ha inviato alcun segnale sui tempi della riconversione industriale, energetica e produttiva del sito. Si continua a ragionare in un quadro di emergenza, quando invece avremmo dovuto avere all’orizzonte un segnale di scelta strategica industriale per l’area di Priolo che indicasse quale futuro può avere proprio polo industriale aretuseo. Quindi per noi sindacato, la sola risposta che emerge da questo scenario è che il polo industriale non potrà avere un futuro se non si pensa alla sua riconversione”.
Il problema adesso è duplice: da un lato la questione produttiva con le ricadute occupazionali, dall’altro la difesa della salute pubblica….
“Assolutamente. E il fallimento della politica, del quale parlo, sta proprio in questo margine ben delimitato. Il depuratore Ias è controllato dalla Regione. Sono quattro anni che erano state segnalate disfunzioni. Sia il precedente governo Musumeci che quello attuale del governatore Schifani non hanno fatto nulla. Ora a noi risulta che le aziende si stanno dotando di depuratori propri. Ma in futuro il tema riguarderà anche il mega impianto Ias. Se un domani questo impianto si occuperà soltanto di smaltire i reflui civili, gli enormi costi di depurazione ricadranno soltanto sui cittadini dei comuni serviti? Insomma anche questa questione non è affatto di facile soluzione…”.