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Depuratore Priolo, la “resistenza” aretusea per provare a riportare la decisione in Sicilia

ROMA – La domanda che il Quotidiano di Sicilia si era per primo posto appena pochi giorni fa alla vigilia dell’udienza davanti al Tribunale del riesame per decidere le sorti del depuratore Ias di Priolo, ha avuto una sua risposta nel corso della trattazione del ricorso presentato da Regione e governo nazionale dinnanzi ai giudici della Capitale. Alla seduta che si è tenuta due giorni fa erano presenti ben quattro magistrati in rappresentanza della Procura di Siracusa che hanno sollevato alla Corte la questione di legittimità costituzionale del decreto “Salva Ilva” che secondo loro violerebbe tre articoli della Carta costituzionale, in particolare quello che stabilisce il principio del giudice naturale precostituito per legge, cioè quello del territorio di appartenenza.

Depuratore Priolo, si attende l’esito del Riesame

Infatti la domanda che ci eravamo posta era proprio questa: come mai il decreto prevede la trattazione del ricorso davanti ai giudici del riesame di Roma e non davanti a quelli del distretto di Corte d’appello di appartenenza territoriale di Siracusa, cioè Catania? A questo punto tutto l’iter potrebbe nuovamente fermarsi in attesa delle decisioni della Consulta, sempre che i giudici accolgano la richiesta dei colleghi siracusani.

A questo punto bisognerà attendere le decisioni dei giudici capitolini. Intanto l’11 sarà ascoltata la versione dell’Avvocatura dello Stato e i legali di un’altra ditta ricorrente del petrolchimico. Poi il 17 la difesa di Sonatrach e Isab. Infine si attenderanno le decisioni del Riesame soprattutto sull’accoglimento o no della richiesta della Procura siciliana.

I commenti di Legambiente

La piega che sta prendendo l’iter del ricorso non poteva non avere refluenze anche in Legambiente che da anni si batte per una soluzione definitiva sulle sorti del depuratore Ias, che è di proprietà della Regione. L’avvocato di Legambiente Siracusa, Paolo Tuttolomondo, ha commentato l’azione dei magistrati aretusei: “La richiesta della Procura di Siracusa è condivisibile. Dal punto di vista giudiziario non entro nel merito. Aggiungo soltanto che quello che manca in questa delicata vicenda è il ruolo della Politica che ha gettato la palla avanti cercando di procrastinare ‘sine die’ il funzionamento di un impianto che non è più sostenibile soprattutto sul piano ambientale. Il tutto nel silenzio della Regione che non dice cosa intende fare di questo impianto per il futuro. Detto ciò attenderemo le decisioni del Riesame e se della questione verrà investita la Consulta allora si dovranno attendere le decisioni della Suprema corte. In questo caso la decisione presa alla fine di luglio dal Gip di Siracusa, che aveva disapplicato sostanzialmente il decreto, subirà una sospensione. Nel caso il Riesame di Roma dovesse trasmettere le carte alla Consulta e quest’ultima poi dovesse dichiarare incostituzionale il decreto, allora la competenza di pronunciarsi sul ricorso presentato dal governo diverrà territoriale e se ne occuperà il Tribunale del Riesame territoriale, in questo caso quello di Catania”.

Depuratore Priolo, i sindacati sono tornati nuovamente a farsi sentire

Mentre si attende l’esito dei giudici i sindacati sono tornati nuovamente a farsi sentire per cercare di scongiurare lo stop del depuratore che metterebbe in ginocchio la produttività dell’intera zona con ricadute occupazionali molto gravi e danni anche all’immagine del sistema produttivo. Nel corso di una recente assemblea sindacale davanti alla sede del polo petrolchimico i segretari di Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltech Uil hanno detto che il depuratore Ias deve essere mantenuto come strumento di salvaguardia ambientale e occupazionale. “La chiusura del depuratore – hanno proseguito – avrebbe conseguenze devastanti per il sistema industriale. Le raffinerie e le industrie chimiche locali dipendono dall’Ias per il trattamento dei reflui. Senza una alternativa immediata queste aziende potrebbero essere costrette a sospendere la produzione”.

Quando due anni fa i magistrati della Procura aretusea avevano sequestrato l’impianto il governo nazionale era intervenuto col ministro Adolfo Urso che aveva disposto e poi fatto approvare dal governo il decreto salva Isab che successivamente era stato confermato con un altro decreto, il Salva Ilva che ha stabilito che per gli impianti accessori bisognava bilanciare gli interessi ambientali con l’interesse strategico dello Stato per l’area industriale.

Nel settembre 2023 il governo aveva quindi emanato un decreto per salvaguardare il proseguimento dell’attività industriale, consentendo lo smaltimento dei reflui industriali. I magistrati, successivamente, però, su sollecitazione dell’amministratore giudiziario dell’impianto avevano sollevato la questione di costituzionalità davanti alla Suprema corte. I giudici costituzionali si sono pronunciati sul ricorso della Procura spiegando che le norme emesse dal governo non erano idonee a giustificare i decreti emessi sul depuratore, perché consentono emissioni al di fuori dalle norme, non idonee a tutelare la salute delle persone.