Ambiente

Depurazione, i commissari nel pantano della burocrazia siciliana

PALERMO – L’indice dei commissari per la depurazione è puntato contro le inadempienze della macchina amministrativa e burocratica siciliana che avrebbe complicato l’apertura dei cantieri nel corso degli ultimi anni, rendendo la Sicilia la regione con uno dei peggiori sistemi depurativi d’Europa. Si tratta di informazioni che questo giornale ha fornito in diverse uscite – in particolare nell’ultima inchiesta sul tema – ma che assumono un ulteriore peso specifico perché sono state sottolineate nel corso dell’audizione alla commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati del commissario unico alla depurazione, Maurizio Giugni, accompagnato dai subcommissari Stefano Vaccari e Riccardo Costanza. Adesso ci sono sul piatto un miliardo e seicento milioni per intervenire sul sistema della depurazione siciliana che risulta essere il più “citato” nelle quattro procedure di infrazione comunitarie, due delle quali sono già giunte a sentenza.

LE PROCEDURE DI INFRAZIONE
Sono quattro le procedure di infrazione che riguardano l’Italia, due di queste (2004/2034 e 2009/2034) sono già state oggetto di sentenza di condanna della Corte di Giustizia dell’Unione europea, mentre altre due (2014/2059 e 2017/2181) sono ancora in uno stadio precedente rispetto alla sentenza comunitaria.

I LAVORI DEL COMMISSARIO
A livello nazionale, gli agglomerati di competenza del commissario sono circa 950, e ad oggi sono stati spesi per lavori circa 33 milioni di euro. La Sicilia è la regione regina della spesa, dopo i ben noti ritardi degli ultimi anni. Attualmente i commissari stanno gestendo 63 interventi su 50 agglomerati, inclusi i grandi centri urbani di Palermo, Catania, Messina, Agrigento e Ragusa e i due grandi schemi idraulico-sanitari di Palermo e Misterbianco-Catania-Acireale. Per l’Isola si dovranno spendere circa 1,6 miliardi di euro. I commissari auditi hanno inoltre riferito di una serie di criticità riscontrate in Sicilia e che hanno inciso direttamente sui ritardi nell’apertura dei cantieri.

In particolare, sono stati denunciati la progettazione assente o carente, il costo degli interventi spesso stimato in maniera imprecisa, i lunghi tempi di esame dei progetti, la mancanza a livello regionale di uno strumento informativo unico sugli agglomerati e i relativi abitanti equivalenti.

LA SITUAZIONE SICILIANA
La parlamentare del Movimento cinque stelle Caterina Licatini ha sottolineato il “peso” della Sicilia che “detiene il triste primato del maggior numero di centri abitati irregolari, ovvero il 73% degli agglomerati sopra i 2000 abitanti, incidendo così per oltre il 50% sul totale delle infrazioni a livello nazionale”. Per Licatini il problema risiede anche nelle “facili concessioni edilizie rilasciate da molti comuni nonostante i loro sistemi di trattamento delle acque non siano conformi a quanto previsto dalla legge, o siano addirittura inesistenti”. In tal senso la parlamentare ha depositato una “proposta di legge di modifica al testo unico per l’edilizia, proponendo che le concessioni rilasciate dai comuni debbano necessariamente essere subordinate al rispetto delle disposizioni ambientali previste dal testo unico ambientale”.

LE SANZIONI
Un primo passo è stato compiuto. Licatini ha ricordato che “abbiamo già ottenuto una riduzione delle sanzioni da 30 milioni a 23, ma è necessario uno sforzo comune per superare le infrazioni europee”.

ACCORDO ANCI SICILIA E COMMISSARIO
Anche per superare queste criticità di tipo amministrativo e gestionale, è stato firmato un protocollo d’intesa tra Anci Sicilia e il commissario unico. “L’obiettivo comune – si legge nel testo dell’accordo – è realizzare in modo efficace e celere gli interventi necessari a garantire il superamento della procedura d’infrazione in corso in molti comuni dell’isola, favorire una gestione efficiente degli impianti realizzati e promuovere le condizioni per lo smaltimento dei fanghi prodotti”. Giugni crede che “un rapporto proficuo con i comuni, volto alla conoscenza dei problemi e alle tecniche innovative per risolverli, garantito da un flusso di informazione ben regolato e trasparente, sia la strada giusta per superare quel deficit che caratterizza la Sicilia in campo fognario e depurativo”.

La controparte, rappresentata da Leoluca Orlando, spiega come sia “un primo passo per far sì che su un tema così strategico, come quello della gestione integrata delle acque la Sicilia possa superare una condizione che pesa non soltanto in termini finanziari e di efficienza, ma anche rispetto alla costruzione di ulteriori opportunità di sviluppo e in termini di sostenibilità ambientale e di valorizzazione dei nostri territori”.