Dal professore Maurizio Giugni, ordinario di costruzioni idrauliche nell’Università Federico II di Napoli, a Fabio Fatuzzo, ex deputato di Alleanza Nazionale, ex consigliere comunale di Catania, professore di italiano e storia con laurea in filosofia. Nonché direttore e presidente di Acoset prima e di Sidra poi, le società che si occupano di distribuzione idrica in provincia di Catania e nel capoluogo. È questa la scelta – contestata da una parte della stessa maggioranza di centrodestra – del governo Meloni per guidare la struttura commissariale per la depurazione, che si occupa di tutti gli interventi su reti fognarie e depuratori oggetto di interventi straordinari vista l’emergenza che costringe l’Italia a pagare 100mila euro al giorno di sanzioni all’Europa.
La maggior parte delle infrazioni si registra in Sicilia. A fare i conti è lo stesso Giugni che traccia il bilancio della struttura tra il 2020 e il 2023: su 23 opere fognario/depurative completate, 13 sono sull’isola, dove sono aperti altri 22 cantieri dal valore di 250 milioni di euro. “Complessivamente – scrive il commissario uscente – sino ad oggi in Sicilia sono stati impegnati circa 700 milioni di euro, aprendo importanti cantieri come quelli del collettore sud orientale di Palermo e dell’adeguamento e potenziamento dei depuratori di Palermo, Castelvetrano, Gela, Furnari, Patti, Campobello di Mazara, Sciacca, del nuovo depuratore di Agrigento e Favara, nonché di numerose reti fognarie, come quelle di Agrigento, Palermo, Porto Empedocle, Mazara del Vallo, Marsala, Sciacca e Ribera”.
Altre quattro procedure di gara sono aperte: i lavori del depuratore di Niscemi, l’adeguamento del depuratore di Ragusa e di Capo D’Orlando e un lotto fognario dell’agglomerato consortile di Misterbianco per un valore complessivo di oltre 100 milioni di euro. Approvati i progetti esecutivi per l’adeguamento dei depuratori di Caltagirone, Misilmeri, Gioiosa Marea e due lotti fognari dell’agglomerato di Misterbianco, per un valore complessivo di oltre 380 milioni di Euro. Ultimata la progettazione anche per gli impianti di Augusta, Mascali e Acireale, su cui si attendono i pareri ambientali.
Proprio su questo aspetto il professore Giugni sottolinea la lentezza da parte della Regione siciliana. “Si sono registrati rallentamenti dovuti ai tempi di ottenimento dei pareri ambientali, non derogabili dalla Struttura Commissariale, come i PAUR del depuratore di Palermo e di Messina, rilasciati dall’Assessorato Ambiente della Sicilia dopo circa un anno e mezzo”.
Disastrosa la situazione a Catania. Il commissario uscente accenna soltanto alle difficoltà riscontrate. “Stante le frammentarie informazioni esistenti sullo stato di fatto della rete fognaria – scrive – al fine di completare le fasi progettuali è stato necessario effettuare complesse indagini specialistiche per il rilievo e l’analisi degli esistenti assi fognari (vecchio e nuovo allacciante), e la caratterizzazione delle acque parassite convogliate negli stessi”. In sostanza quando la struttura commissariale ha cominciato a occuparsi della rete fognaria di Catania, non ha trovato nemmeno una mappa dell’esistente. Né al Comune, né alla Sidra (i due enti che dovrebbero gestire impianti e condotte) sapevano da dove passassero i tubi. Sono serviti mesi di indagini e studi, avvalendosi di tecnici esterni, scendendo sottoterra con uomini e mezzi, per tracciare finalmente una mappa e accertare quello che tutti sapevano per sentito dire: il depuratore di Pantano d’Arci riceve appena il 20 per cento di tutti gli scarichi fognari di Catania. Il resto finisce disperso tra terreno lavico e mare.
Non solo. Al momento nelle profondità di Catania esistono due grandi condotte allaccianti: quella più antica è l’unica materialmente attiva, ma vi gravano enormi problemi di infiltrazioni di acque parassite, cioè di acque pulite probabilmente provenienti dal fiume Amenano che scorre sottoterra. Queste acque si mischiano a quelle nere fino a Pantano d’Arci, compromettendo il corretto funzionamento del depuratore. Peggiore la situazione del nuovo allacciante, realizzato una ventina di anni fa ma mai ultimato.
Un’opera incompiuta che non raggiunge il depuratore e il cui percorso è in parte sconosciuto a chi dovrebbe gestirla, a cominciare dal Comune e dalla Sidra, partecipata guidata negli ultimi anni proprio da Fatuzzo, ora chiamato a guidare la struttura commissariale. Il risultato è che in superficie si continua a costruire senza sapere quello che c’è sotto, come successo nel caso della nuova cittadella della polizia a Librino, a cui fa esplicito riferimento lo stesso Giugni. “È stato necessario un confronto con la Prefettura e il Ministero degli Interni per superare l’impasse relativo alla costruzione della nuova Cittadella della Polizia a Librino, con le conseguenti interferenze sul tracciato attuale della rete fognaria”.
Problemi ultra decennali che vengono a galla. Complessivamente i fondi stanziati per la rete fognaria di Catania e l’adeguamento del depuratore sono 390 milioni di euro. Ma non basteranno per realizzare i sei lotti fognari previsti, la sistemazione del vecchio allacciante e il potenziamento di Pantano d’Arci. Resta infine un altro enorme tema: quando tutti questi lavori saranno ultimati, la città messa sottosopra dai cantieri, i catanesi avranno un pozzetto su un marciapiede vicino casa a cui allacciare i propri scarichi fognari. Ma dovranno essere incoraggiati a trovare voglia e risorse economiche per farlo. Forse sarebbe meglio cominciare subito.