Fisco

Detrazione Iva e pro rata dopo la riforma fiscale

ROMA – Come è noto, ai sensi del quinto comma dell’articolo 19 del Dpr 633/72, quando si esercitano contemporaneamente attività che danno diritto alla detrazione (come quelle imponibili e non imponibili) e attività esenti ai sensi dell’articolo 10 del citato decreto presidenziale, il diritto alla detrazione spetta nella misura corrispondente al cosiddetto “pro rata”, ossia nella percentuale delle operazioni che danno diritto alla detrazione rispetto all’intero volume d’affari.

Solo in caso di effettuazione occasionale di operazioni esenti da parte di un contribuente che svolge essenzialmente attività soggetta ad Iva (o al contrario) non scatta (o scatta) l’obbligo dell’applicazione del pro rata.
Per il calcolo del pro rata e la determinazione della percentuale detraibile (arrotondata all’unità superiore o inferiore a seconda che l’unità decimale superi o meno lo 0,5%), così come previsto dall’art. 19-bis, comma 1, del Dpr n. 633/1972, si fa il rapporto tra l’ammontare delle operazioni che danno diritto alla detrazione effettuate nell’anno e lo stesso ammontare aumentato delle operazioni esenti effettuate nello stesso anno.

Si tratta di un sistema di detrazione che, sostanzialmente, tiene conto solo del volume d’affari e della sua composizione (attività esenti ed altre attività). Capita, così, pertanto, che se, per esempio, gli acquisti vengono destinati nella realtà commerciale principalmente ad operazioni imponibili, ma il volume d’affari registra un maggiore ammontare di operazioni esenti, la detrazione è inferiore rispetto a quale alla quale si avrebbe avuto diritto se si fosse seguito un altro sistema.
Un sistema, quest’ultimo (quello alternativo all’attuale), già seguito in molti altri Pasi dell’Europa, che limitano il “pro rata” solo agli acquisti “ad uso promiscuo” e lasciando il diritto o meno alla detrazione secondo il tipo di operazioni svolte quando gli acquisti sono “a diretta imputazione”, ossia facendo assumere rilevanza alla destinazione degli acquisti fatti.

Ed è proprio questo che si vuole fare con la riforma tributaria in materia di Iva. Eliminare il “pro rata generale”, consentendo agli operatori in regime di pro rata di decidere se calcolare l’Iva detraibile in funzione dell’intero volume degli acquisti, oppure solo sugli acquisti ad utilizzo “misto”, nel qual caso, per i restanti acquisti, caratterizzati da una destinazione specifica (imponibile o esente), la detrazione sarà ammessa a condizione che i beni/servizi siano utilizzati per effettuare, a valle, operazioni imponibili o ad esse assimilate ai fini della detrazione e non spettando in caso di esenzione.

La lettera d) del comma 1 dell’articolo 7 della Legge 111 del 9 agosto 2023, infatti, prevede che il Governo provveda a rivedere la disciplina della detrazione per: 1) consentire ai soggetti passivi di rendere la detrazione più aderente all’effettivo utilizzo dei beni e dei servizi impiegati ai fini delle operazioni soggette all’imposta, prevedendo, in particolare, la facoltà di applicare il criterio pro rata di detraibilità ai soli beni e servizi utilizzati da un soggetto passivo sia per operazioni che danno diritto a detrazione sia per operazioni che non danno tale diritto”.

Il pro rata applicato in maniera generalizzata su tutti gli acquisti di beni/servizi a prescindere dalla loro destinazione, infatti, attualmente può dar luogo ad effetti distorsivi del genere di quelli di cui si è detto prima, quando cioè la percentuale di detrazione non corrisponde in modo adeguato alla composizione degli acquisti ed alla loro incidenza sul tipo di operazioni poste in essere e, conseguentemente, sulla detrazione.