Diego Vida, catanese produttore cinematografico e di video game, esperto di computer grafica, noto per aver lavorato a pellicole Hollywoodiane come Mission Impossible e Fast and Furious vive e lavora in Iran per il Teheran Times.
Produttore e regista di effetti speciali nel cinema e videogame, dopo varie esperienze negli Stati Uniti e Giappone, hai scelto l’Iran. Cosa significa essere imprenditori in un Paese come l’Iran e in un campo come quello del cinema?
“Si può dire che l’Iran mi ha scelto, sicché avevo due possibilità: tornare a casa, visto che il contratto in Asia era finito, o continuare nell’unico Paese disponibile, come l’Iran, per il mio lavoro in computer grafica presso un’azienda di effetti visivi Turco-Iraniana. I timori erano parecchi, essendo cristiano-cattolico in un Paese musulmano e del Medio Oriente, denigrato dai media di regime occidentali. Invece è stato tutto l’opposto di come avevo pensato, considerato che si tratta di uno stato moderno con grattacieli, dove ci sono musulmani, cristiani, ebrei, induisti, zorostriani che stanno economicamente meglio di noi Italiani”.
Quanto le sanzioni pesano nell’economia dell’Iran e quali sono le risorse su cui il Paese sta puntando?
“Le sanzioni non c’entrano niente, anche perché nella realtà dei fatti pesano più che altro per l’occidente suddito dell’America. Comunque l’Iran, essendo partner commerciale dell’Italia, esporta verso l’Occidente petrolio, gas, oro, metalli e in alcuni Paesi autovetture. Molte sono le risorse, a parte il petrolio: i loro prodotti agroalimentari di ottima qualità, il settore edile in forte sviluppo, e quello turistico, i trasporti a Bandar Abbas, dove c’è il porto più grande che fu costruito da noi Italiani. Inoltre il governo Iraniano fornisce prodotti medici e farmaceutici di propria produzione”.
Quali consigli dare a un imprenditore che vuole investire in Iran? Quali fattori deve prendere in considerazione?
“L’Iran è un Paese moderno per imprenditori moderni. Bisogna chiedersi se investire in occidente, che è ormai un’impresa fallita, ne vale ancora la pena, dato che ha affamato i suoi cittadini con tasse da usura per non farli lavorare e guadagnare ma per farli pagare, per lavorare con aliquote quasi al 70%. In Iran l’aliquota fissa è del 9% e ci sono tanti sgravi fiscali. Per esempio, in alcune zone franche come l’isola di Kish, di fronte Dubai, non si pagano tasse per i primi 15 anni e si può lavorare con il resto del continente. Si può acquistare una proprietà anche con 20.000 euro e il titolo dell’oro è più alto rispetto all’Occidente, non ci sono tasse sulle case, terreni e altre proprietà; le scuole e le università sono gratuite, la tv di stato è gratuita, le autostrade gratuite, le banche Iraniane danno il 20% di tasso d’interesse”.
Tra le varie esperienze tue, c’è anche quella di un documentario dedicato ai pupi siciliani. Qual è il giusto approccio per divulgare il patrimonio culturale siciliano?
“Ciò che sta accadendo ai Pupi e quindi alle famiglie di pupari è gravissimo. Sono stati abbandonati e si estingueranno come successo ai precursori napoletani e lo Stato italiano ne è responsabile. I nostri Pupi sono delle eccellenze: un’ arte antica, con una scuola artigiana di valore nella lavorazione dei metalli, del legno, della sartoria, dell’animazione. Purtroppo i nostri governanti, anziché agevolare i nostri cittadini, lavoratori ed artisti – mettendoli nelle condizioni di lavorare tranquillamente – hanno invece svenduto la nostra terra allo straniero, con i suoi prodotti scadenti ma amplificati dalla pubblicità, che ha reso una cosa brutta per bella”.
Come la Sicilia ha contribuito a formare il tuo background?
“Posso dire in maniera ironica che il precariato ha contribuito a formarmi. Praticamente la mia carriera nello showbiz è iniziata da quando sono stato per una anno direttore del parco commerciale I Portali, dato che mi occupavo di tutta la parte commerciale, amministrativa, inclusi gli eventi televisivi, spot. Poiché ospitavamo produzioni locali e nazionali, sono entrato anch’io in questo settore dopo il mio primo corto, utilizzando gli effetti speciali in computer grafica, ossia gli effetti visivi”.
Quali sono i prossimi progetti ai quali stai lavorando?
“L’anno scorso sono stato assunto al Tehran Times, il giornale di stato Iraniano in lingua Inglese, fondato nel 1979, e andrò in Venezuela ad intervistare Maduro per il nostro Docu-News, anche se io spero di poter andare in Corea del Nord prima che gli Anglo-americani ne combinino un’altra delle loro per portare tanta democrazia, come nella bellissima Libia di Gheddafi che hanno distrutto come la Siria”.
Come vengono reperiti in Iran fondi e risorse da destinare al settore del cinema e della produzione cinematografica?
“Fortunatamente in Iran tutto è nazionalizzato non ci sono BCE truffaldine come da noi in Europa. In Iran si stampa la propria moneta come giusto che sia in un Paese sovrano. Il settore privato lavora sempre in concessione con lo Stato, altresì esistono delle realtà cinematografiche che lavorano con le società governative. Una sorta di film commission ma più operativa a livello di produzione, e diventa così più facile realizzare un progetto cinema, tv, direct to video o web. Io ho prodotto cinque film commedie, azione, animazione e anche un thriller”.
Che cosa ti ha lasciato in eredità il vivere in diversi Paesi? Cosa ognuno di essi ti ha dato?
“Vivere all’estero dovrebbe essere una scelta consapevole ed individuale. Il proprio lavoro nel Paese di appartenenza è un punto di partenza, e poi eventualmente si va fuori per fare esperienza. Purtroppo non funziona così, e molte persone hanno dovuto lasciarsi tutto alle spalle, nel bene e nel male, con risultati positivi e negativi. Più lontano vai più è difficile tornare. Alla fine, in certi posti, ti rendi conto che con ciò che guadagni ci sbarchi il lunario, mentre invece in un Paese civile e rispettoso, dove le tasse sono basse e si può vivere, si possono fare anche investimenti, come ho fatto io in Iran”.