Cronaca

Diffamazione, Cassazione, va tutelata anche vita privata vip

Non bastano la notorietà “più o meno vasta” di una persona o la “semplice curiosità del pubblico” affinché “siano sciorinati (…) i fatti della sua vita privata” , ma è necessario ci sia un interesse per la collettività.

A ribadirlo è stata la quinta sezione penale della Corte di Cassazione nella sentenza con cui oggi ha respinto il riscorso del cantautore Cristiano De Andrè contro la decisione con cui la Corte d’Appello di Trento nel gennaio dell’anno scorso ha confermato la condanna di primo grado a un mese di reclusione pena sospesa e a un risarcimento di 5000 euro alla ex moglie e madre dei suo figli da lui diffamata nel libro autobiografico ‘La versione di C’.

Il provvedimento degli ermellini fa inoltre il punto sul diritto di cronaca e di critica invocato da De Andrè partendo dal principio per il quale l’interesse di una persona “alla conservazione della propria onorabilità deve essere bilanciato con altri interessi, pubblici e privati, pure meritevoli di tutela”, tra cui quelli della collettività a una corretta informazione su fatti che la riguardano e alla “libera formazione delle opinioni sui temi di carattere generale” quali “l’individuo e la società”.

Per tanto, per i giudici, che hanno reso definitiva la condanna, al di là del fatto che le vicende e le qualità della ex moglie del cantautore non rivestissero interesse pubblico e non rivestiva una grande notorietà, in base alla giurisprudenza, non è sufficiente la notorietà a dare il ‘disco verde’ al diritto di cronaca e critica. Invece va condiviso l’orientamento “secondo il quale le vicende private di persone impegnate nella vita politica o sociale possono risultare di interesse pubblico, quando possono” fornire “elementi di valutazione della personalità o della moralità di chi debba godere della fiducia dei cittadini”.

E poi “non è certo la semplice curiosità del pubblico a poter giustificare la diffusione sulla vita privata altrui – si legge sempre nel provvedimento – , perché è necessario che tali notizie rivestano oggettivamente interesse per la collettività”. E nel caso esaminato, “si è – secondo l’appropriata definizione della Corte d’Appello – ‘dato in pasto alla generalità dei lettori la cronaca pettegola di vicende domestiche, anche di palmare futilità, senza che in esse possa vedersi qualche barlume di interesse sociale’, sicché correttamente è stato escluso che De Andrè possa essere scusato sulla base del diritto invocato”.