ROMA – Le norme che obbligano il giudice a
punire con il carcere la diffamazione a mezzo della stampa o della radiotelevisione, aggravata dall’attribuzione di un fatto determinato, sono incostituzionali perché contrastano con la libertà di manifestazione del pensiero, riconosciuta dalla Costituzione e dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo. La minaccia dell’obbligatoria applicazione del carcere può produrre infatti l’effetto di dissuadere i giornalisti dall’esercizio della loro cruciale funzione di controllo dell’operato dei pubblici poteri. Resta la detenzione solo per i casi di elevata gravità. Lo ha deciso la Consulta.
Ad avviso della Consulta, in base ad alcuni passaggi delle motivazioni della sentenza 150 depositata ieri il cui contenuto era stato anticipato lo scorso 22 g…