Scrivere bimbominkia sui social equivale a diffamare. La Corte di Cassazione mette in guardia, attraverso una propria sentenza, chi si esprime in modo offensivo sui social invocando il diritto di critica che, ricordiamo, deve rispettare la continenza dell’espressione usata e non può ledere l’onore altrui.
E così l’epiteto “bimbominkia” non può essere utilizzato su Facebook perché definisce una persona con un quoziente intellettivo sotto la media, altrimenti scatta la diffamazione aggravata.
Nel gergo della Rete, il “bimbominkia” è il giovane utente dei siti di relazione sociale che si caratterizza, spesso in un quadro di precaria competenza linguistica e scarso spessore culturale, per un uso marcato di elementi tipici della scrittura enfatica, espressiva e ludica.
Nella sentenza della Cassazione che bandisce il termine “bimbominkia” dalle piazze del web appare come persona offesa l’animalista trapanese Enrico Rizzi. In passato si era trovato in giudizio dall’altra parte in qualità di condannato, sempre dalla Cassazione, ad un risarcimento di 60mila euro per aver offeso la memoria del presidente del consiglio regionale Diego Moltrer. Ora a insultare l’animalista definendolo “bimbominkia” è un’amica di Moltrer. E anche per lei è scattata la condanna.
Enrico Rizzi è un leader animalista, vegano, da oltre 15 anni è impegnato nella tutela giuridica degli animali. Ha ricevuto molti attestati di stima da parte delle istituzioni e anche dalla magistratura che ne ha riconosciuto il suo impegno a tutela dei più deboli.
Ecco alcune delle sue “imprese” in favore degli animali: