In Italia, i media tradizionali come la televisione e i giornali, stanno perdendo costantemente terreno come fonte principale di notizie. Lo spiega il Reuters Institute nel Digital Report 2024. L’uso della televisione per accedere all’informazione è sceso dall’85% del 2017 al 65% del 2024, con un calo ancora più marcato tra i giovani. Solo il 50% dei ragazzi di età compresa tra 18 e 24 anni guarda la TV per aggiornarsi settimanalmente.
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La stampa – analizza il Reuters Institute – sta attraversando una crisi ancora più grave. Le vendite dei giornali sono diminuite del 37% tra il 2019 e il 2023, portando alla chiusura di oltre 2.700 edicole in tutta Italia.
Al contrario, i media digitali e social stanno crescendo, con piattaforme come Fanpage e Il Post che guadagnano terreno. Fanpage è oggi, nel nostro paese, la fonte di notizie digitali più popolare e sfida a tutti gli effetti i media tradizionali come La Repubblica e Corriere della Sera. Le piattaforme social, Facebook (37%), WhatsApp (25%) e YouTube (20%), sono ampiamente utilizzate per conoscere le notizie, ma solo il 10% degli italiani – evidenzia il Reuters Institute – è disposto a pagare per leggere i contenuti online. Da parte degli editori, per contro, cresce l’uso di paywall, secondo il Digital Report 2024.
Anche i podcast hanno visto una crescita significativa nel Paese, con il 32% degli italiani che li ascolta. Nel frattempo, la pubblicità online ha superato la televisione, rappresentando il 58% del totale delle entrate pubblicitarie entro il 2022. Ma, come scrive ancora il Reuters Institute, gli editori di notizie “catturano solo una piccola parte di questo spazio, con piattaforme come Google e Meta che prendono l’85% delle entrate”.
L’informazione in Italia è ancora un affaire da grandi imprenditori privati. La concentrazione dei media continua a rimodellare il panorama, con la famiglia Agnelli-Elkann che ha acquisito il gruppo GEDI e ha venduto molti giornali locali, mentre l’acquisto de Il Giornale da parte di Antonio Angelucci e la sua potenziale acquisizione di AGI hanno suscitato preoccupazioni sull’indipendenza dei media, portando a scioperi tra i giornalisti. Lo scrive il Digital Report 2024. Nello studio dei dati Reuters condotto fin qui, emerge come gli italiani abbiano meno fiducia o attaccamento nei confronti dei media tradizionali, apprezzano i nuovi modelli di business, influenzando la crescita delle piattaforme digitali.
La televisione rimane una fonte chiave di notizie in Italia, con il 65% della popolazione che la utilizza ancora, ma pur sempre in calo dell’85% rispetto al 2017. Tra il pubblico giovane di età compresa tra 18 e 24 anni, la dipendenza dalla TV per le notizie è ulteriormente diminuita, con solo la metà che si sintonizza ancora settimanalmente. Il paese ha assistito a un forte calo nel consumo di giornali, con le vendite diminuite del 37% tra il 2019 e il 2023. Al contrario, come detto, i media digitali stanno guadagnando rilevanza. È la fiducia stessa nelle notizie che resta relativamente bassa in Italia, con solo il 34% degli italiani che esprime fiducia nei confronti dei media, ma alcuni brand continuano a rafforzare la propria immagine sul mercato.
In Italia, i brand di notizie più affidabili sono quelli percepiti come meno “partigiani”. Le realtà con una chiara inclinazione politica tendono ad avere punteggi di fiducia più bassi. Secondo il Digital Report 2024, il servizio pubblico offerto da Ansa è al primo posto con il 75% di fiducia, seguito da Il Sole 24 Ore con il 67% e SkyTG24 con il 69%. Brand come Il Corriere della Sera e La Repubblica ricevono rispettivamente il 61% e il 58% di fiducia. I marchi “nativi digitali” come Fanpage e Il Post hanno invece punteggi inferiori, con il 42% ciascuno. E ancora brand come Libero Quotidiano e Il Giornale mostrano livelli di fiducia ancora più deboli, intorno al 43% e 46%, probabilmente a causa della loro natura, come la chiama il Reuters Institute, “partigiana”.
Nel 2024, l’80% degli italiani accede alle notizie online. La televisione viene ancora utilizzata dal 65% della popolazione, mentre il 25% utilizza direttamente i social media per accedere alle notizie. La stampa continua a calare, con solo il 14% degli italiani che le si affida per leggere le ultime notizie. Ed infine, l’83% degli italiani legge le notizie sul cellulare, il 59% dal computer e solo il 30% dal tablet. Di fronte a simili statistiche sembra troppo grande il rischio corso da chi non si adegua al nuovo corso, a sua volta in cerca di un business model.
“Il report conferma un trend consolidato. Il nostro paese segue lo stesso percorso degli altri, ma allo stesso tempo presenta delle differenze, c’è un ‘caso italiano‘” – ha spiegato Guido Nicolosi professore si Sociologia dei processi culturali e comunicativi all’Università di Catania. “L’eccezione italiana si riassume in due particolarità. Una, è la persistenza di un’egemonia televisiva seppur ridimensionata. Comunque la si voglia guardare, nonostante lo sviluppo del digitale, la tv rimane il principale strumento utilizzato dagli italiani per informarsi, quindi centrale da un punto di vista politico. Se disaggreghiamo ci rendiamo conto invece della frattura generazionale”.
I giovani e i giovanissimi ormai si affidano al digitale anche per l’informazione e hanno massivamente abbandonato il rapporti con la televisione. Mentre dai 55 anni in su gli italiani sono ancora fortemente vincolati dalla televisione e i mezzi di comunicazione tradizionali. La seconda, sempre con riferimento alla televisione, è la concentrazione di un oligopolio “Raiset” predominante, che rimane un dato preoccupante per la libertà d’informazione rispetto al panorama europeo. Il sistema mediale rimane esposto al rischio di un importante condizionamento politico.
Il docente si è soffermato ad analizzare, oltre al Digital Report 2024, anche i dati restituiti dal rapporto di Reuters sulla crisi della carta stampa. “Dappertutto la stampa è in crisi, ma in Italia lo è particolarmente – ha spigato Nicolosi – La stampa ha una debolezza strutturale storica nel nostro paese. Accanto alla crisi del lettorato e del mercato pubblicitario, Reuters mette in evidenza anche la questione della fine dei finanziamenti pubblici indiretti che accelera e amplifica la crisi della carta stampata. C’è un crisi di copie vendute ed è presente ovunque, ma in Italia particolarmente forte. Tuttavia, l’importanza di un mezzo non dipende solo da un dato quantitativo. La carta stampata riesce ancora a dettare l’agenda. La qualità dei lettori della carta è elevata, parliamo di un pubblico istruito, impegnato in ruoli istituzionali, in ruoli economici di leadership. Continua a costruire l’agenda del discorso pubblico, ma non sappiamo per quanto tempo”.
Se la carta stampata è in crisi, l’online è in cerca di un modello di business. “Sicuramente il mercato prevede una forte selezione. Non tutti riusciranno a sopravvivere. A mio avviso solo la qualità paga, ci sono dei rischi ancora di ulteriore concentrazione del mercato dal punto di vista delle proprietà. La cosa preoccupante è che anche il giornalismo online non è una alternativa dirompente. Sono poche le esperienze che online hanno avuto successo. Anche nel settore si sta cercando un business model che riesca a tenere in piedi il sistema” ha concluso il professore Nicolosi.