“Verba volant, scripta manent”, recita un antico proverbio con cui si afferma la necessità di far documentare per scritto i propri diritti. Questo proverbio, purtroppo, non è però applicabile al principio di insularità perché, nonostante sia stato reintrodotto nel 2022 nella nostra Carta Costituzionale, ad oggi nessuna azione è stata mirata al reale e concreto riconoscimento delle peculiarità delle isole e alla promozione delle misure idonee a rimuovere gli svantaggi derivanti dalla condizione insulare. Quando si parla di isole si pensa immediatamente a quelle che sono, in realtà, le isole maggiori, ossia Sicilia e Sardegna, ma sono circa 800 le isole italiane nelle quali abitano oltre 7 milioni di persone.
Spesso le isole maggiori sono territorio di transito per quanti abitano in quelle definite minori con un incremento esponenziale della difficoltà della mobilità, del trasporto merci anche alimentari, e, soprattutto, di equiparare i propri diritti a quelli degli altri cittadini della Repubblica. Si pensi solo al c.d. “turismo sanitario”, quel fenomeno che costringe gli italiani a compiere viaggi nel territorio nazionale per raggiungere strutture ospedaliere specializzate curandosi fuori dalla regione in cui abitano. Se questa regione, poi, è un’isola, le difficoltà e i relativi costi del viaggio diventano una complicanza non trascurabile. Sicilia e Sardegna sono, senza dubbio, regioni che hanno grandi potenzialità, ma proprio la carenza di infrastrutture per la mobilità regionale e con il resto d’Italia diventa un fattore di depressione economica, una sorta di confine invalicabile.
Si pensi solo al problema che regolarmente assurge agli onori della cronaca e che riguarda il c.d. “caro voli” o al concetto di “continuità territoriale” che mai è stato reso prassi. Nello scorso mese di dicembre è stata istituita una commissione bicamerale per il contrasto agli svantaggi derivanti dall’insularità il cui presidente, nominato nello scorso mese di luglio, è l’onorevole Tommaso Calderone, penalista siciliano.
Gli stanziamenti per l’insularità nella legge di bilancio 2023, destinati al finanziamento di interventi per la mobilità dei cittadini residenti nel territorio della Sicilia e della Sardegna, ammontano a cinque milioni di euro per il 2023 e quindici per il 2024. Si tratta di poco più di 3 euro a cittadino per due anni, una misera cifra che dovrebbe riequilibrare la condizione di svantaggio degli oltre 6,5 milioni d’italiani insulari, in preminenza siciliani e sardi, sulla base degli obiettivi previsti, ossia la compensazione dei maggiori costi derivanti dalla peculiarità della condizione di insularità, il contrasto allo spopolamento nei territori insulari e la promozione dello sviluppo e dell’internazionalizzazione dell’economia del Mezzogiorno, anche valorizzando la sua vocazione portuale. Ieri la Commissione bicamerale ha iniziato gli incontri con i presidenti delle regioni insulari, partendo dalla Sardegna. Si spera che le istanze delle due isole maggiori possano trovare maggiore spazio già a partire dalla manovra con cui sta facendo i conti l’esecutivo.
In questo quadro, è stato istituito l’Osservatorio Eurispes sull’Insularità che si prefigge di raccogliere la documentazione utile a promuovere possibili modelli di sviluppo che possano contribuire a rilanciare la condizione insulare, consentendole di divenire, da penalizzazione, opportunità. Mancano, come indica Eurispes, modelli di sviluppo utili a immaginare una piena valorizzazione di queste realtà, che scontano molto spesso fenomeni di arretratezza e di spopolamento. L’Osservatorio di Eurispes si propone, inoltre, di studiare le “best practices” straniere al fine di consentire alle Istituzioni di intraprendere le azioni di rilancio e valorizzazione delle nostre isole. L’obiettivo è quello di partecipare anche alla fase ascendente della normazione in materia. A tal proposito interviene al QdS il professor Aldo Berlinguer, ordinario di Diritto comparato dell’Università di Cagliari e coordinatore dell’Osservatorio.
Professore, è stato reintrodotto il principio di insularità. Siamo sulla buona strada o abbiamo davanti a noi un cammino ancora impervio?
“Siamo sulla buona strada nella misura in cui la norma è stata introdotta in Costituzione. Fino al 2011 c’era già un principio d’insularità anche se non formulato negli stessi termini. L’attuale formulazione è migliorativa rispetto alla visione precedente perché distingue la questione insulare da quella meridionale che, precedentemente, erano accumunate perché sia la questione mezzogiorno sia la questione isole erano destinatarie di contributi speciali. Abbiamo la cornice, che però da sola non può bastare. Dalla cornice dobbiamo muovere verso politiche concrete di attuazione del principio. La Repubblica deve riconoscere le peculiarità delle isole ma rimuovere gli svantaggi derivanti dall’insularità e questo ancora deve essere fatto”.
Saremo in grado di trasformare tutti i cittadini insulari, compresi quelle delle isole minori, in cittadini di serie A?
“È una delle sfide che oggi sono sul tappeto. Le isole minori non godono di una definizione normativa perché noi oggi non sappiamo distinguere uno scoglio da un’isola. Lo fa la ‘Convenzione del diritto del Mare’ del 1982 ma solo per le isole marittime e si tratta di una norma molto controversa. Cos’è un’isola? Eurostat (l’Ufficio statistico dell’Unione europea, ndr) definisce che un’isola non può essere meno distante di un chilometro dalla terra ferma, non può essere meno grande di un chilometro quadrato, non può avere meno di 50 abitanti e non può essere un’infrastruttura fissa di collegamento. Questo vuol dire che se fosse realizzato il ponte sullo Stretto di Messina, la Sicilia potrebbe non essere più considerata isola. Altre contraddizioni di questo tipo riguardano Chioggia o Grado, che pur essendo isole sono dotate di ponti di collegamento. Bisogna ripartire dalle definizioni e verificare le differenze di sviluppo infrastrutturale, l’approvvigionamento delle materie prime essenziali, molte isole non hanno l’acqua e pensi che ben undici isole minori vanno avanti con la dissalazione che viene fatta tramite combustibili fossili, quindi inquinanti, e altre come le Tremiti o Ponza, vanno avanti con le bettoline a costi insostenibili. C’è molto da lavorare soprattutto nelle isole minori”.
Negli ultimi mesi si è tornato a parlare di “caro voli”. Il concetto di “continuità territoriale” vale per la Sardegna ma non per la Sicilia. Ryanair si è irrigidita di fronte alle eccezioni poste dal Governo e dalle Regioni e, quindi, rimaniamo con il problema…
“Il mercato è il mercato. In Italia non siamo riusciti, come sistema pubblico, a dipanare il bandolo effettivo per risolvere il problema che, fino ad ora, ha visto norme applicate per alcune isole e non per altre. L’Osservatorio attuato dall’Eurispes vuole inquadrare le diverse vicende e analizzarle nel loro complesso, non occupandosi dei singoli problemi di un’isola ma in maniera più organica. È necessario però capire quali sono le logiche di mercato. I c.d. migranti turistici che si concentrano nell’arco di venti-trenta giorni l’anno, non possono non generare una ricaduta sul mercato. La stessa ‘continuità territoriale’ della Sardegna non vale per il turista ma nemmeno per chi è domiciliato per lavoro se non nel periodo invernale, mentre solo per i residenti vale per tutto l’anno. È necessaria una continuità equilibrata che porti anche al sostegno delle attività economiche perché il rischio è che dopo l’esodo delle aziende inizierà quelli dei residenti che non troveranno più lavoro nell’isola”.
All’estero ci sono esperienze positive su questo tema che potrebbero essere applicate in Italia?
“Sicuramente di sì. Un tema importante è la creazione di consorzi di agenzie d’assistenza tecnica per le isole, soprattutto per le piccole amministrazioni che, come avviene in Croazia o in Grecia, potrebbero farsi carico di un arcipelago di più isole assistendo le amministrazioni pubbliche locali negli investimenti e nella realizzazione delle opere pubbliche. Altra esperienza positiva è il modello di ‘continuità territoriale’ delle isole Baleari. I modelli che funzionano ci sono e hanno già ottenuto il parere positivo dell’Unione Europea. In Italia abbiamo le due isole maggiori del Mediterraneo e circa 800 isole minori comprese le isole fluviali. Questo significa che i problemi vanno risolti con uno sguardo che si occupi dei problemi insulari in modo ampio mentre fino ad oggi ognuno ha voluto risolvere solo i propri problemi”.
Oggi è attiva la “Commissione bicamerale per il contrasto agli svantaggi derivanti dall’insularità”. Avete già avviato un iter collaborativo?
“Nella commissione sono presenti parlamentari provenienti dalle diverse isole e ciò fa ben sperare. Questa commissione ha mosso i primi passi e penso che ci audirà, come Osservatorio, per comprendere il nostro punto di vista sul tema, anche tenendo conto che già abbiamo contribuito alla realizzazione del piano del mare varato dal ministro Musumeci nello scorso mese di agosto. In questo momento stiamo interloquendo a livello istituzionale al fine di poter dare il nostro contributo”.
Riusciremo a uscire dalle logiche più strettamente politiche che spesso interessano più i partiti che i cittadini?
“C’è un buon viatico di partenza. Il principio di insularità è oggi nella Costituzione grazie a un’iniziativa popolare che è stata recepita quasi all’unanimità a Parlamento sciolto e che ha votato in ‘prorogatio’. Questo significa che non ci sono stati pregiudizi politici di partenza ma una convergenza di tutte le forze politiche su una questione sacrosanta, significa che hanno finalmente riconosciuto la necessità di tenere conto che siamo un paese con 8.000 chilometri di coste con un patrimonio insulare sconfinato. Questo fa ben sperare sul futuro, perché la convergenza sul principio può indicare anche convergenza sulle politiche attuative”.
R.G.
Dallo scorso luglio, a guidare la Commissione bicamerale per il contrasto agli svantaggi dell’Insularità è Tommaso Calderone, penalista Barcellona Pozzo di Gotto (Me), eletto alla Camera dei deputati nella lista di Forza Italia. Lo abbiamo intervistato per comprendere meglio quali sono gli obiettivi dell’organismo parlamentare che proprio ieri ha iniziato le audizioni dei presidenti delle regioni insulari, partendo dalla Sardegna.
Presidente Calderone, cosa può fare la commissione bilaterale per il contrasto alla Insularità?
“Può agire secondo quanto è previsto dalla legge, attraverso una serie di attività che possono essere intanto conoscitive, arrivando sino a stimolare iniziative concrete. In definitiva il nostro obiettivo è quello di fare attuare i dettati dall’articolo 119, sesto comma, della Costituzione che sancisce un principio costituzionale che deve essere tenuto in considerazione in ogni legge dello Stato, in cui si dovrà pensare prima a tutte le isole e poi a tutte le altre regioni. Un principio inoltre che viene riconosciuto anche dall’Unione europea”.
Senta questo principio di insularità appare per certi versi come una sorta di contentino per il Sud e le isole per addolcire l’istituzione dell’autonomia differenziata…
“È in trattazione al Senato il provvedimento che riguarda l’Autonomia differenziata e si parla di ‘Lep’, quei meccanismi per allineare le regioni che stanno dietro a quelle che stanno avanti. Ora l’Autonomia differenziata può apparire un favore al Nord, ma solo se non si applicano i ‘livelli essenziali di prestazione’. L’orientamento è quindi quello di allineare le Regioni e poi una volta superato questo punto possiamo pensare al resto. In questo contesto assume particolare importanza l’applicazione della Insularità come condizione prioritaria per tutto il resto”.
Uno dei mali maggiori dell’insularità è la carenza di trasporti e il loro costo…
“Per legge dobbiamo occuparci di infrastrutture, di Sanità, di Istruzione. E’ chiaro che la continuità territoriale che, devo dire la verità, in Sardegna funziona meglio della Sicilia, è un altro dei nostri compiti. Quindi per prima cosa cominceremo col sentire i presidenti delle regioni insulari e poi vedremo come proseguire”.
La Sicilia ha inoltre tantissime isole minori che sono ancora più svantaggiate dell’isola madre…
“Stiamo parlando di quella che viene meglio intesa come ‘doppia insularità’. Per quanto riguarda ad esempio la dotazione energetica delle Eolie mi sono recentemente incontrato col ministro Pichetto Fratin per un grande progetto di Terna, che prevede un cavodotto che partirà dalla Sardegna sino a Termini Imerese, per poi costeggiare tutta la Sicilia occidentale sino ad arrivare in Campania. Siccome questo cavo passerà vicinissimo alle Isole Eolie ho chiesto che sia possibile portare finalmente l’energia occorrente sino all’arcipelago delle Eolie che ancora oggi va avanti con i grandi gruppi elettrogeni per produrre energia a costo di enormi consumi di carburanti. Il ministro ha detto che convocherà Terna per vedere come portare a termine questo progetto. Quindi la commissione che io presiedo, se riusciamo a farla andare a regime, potrà fornire tante opportunità alla nostra Sicilia”.
Sul fronte dei possibili investimenti cosa può dirci?
“Gli investimenti passano sempre dai ministeri competenti. Noi possiamo solo stimolare, chiedere e informare, ma non abbiamo poteri di interventi economici che passano tutti dal Bilancio. Il nostro compito è quello di far sì che vengano annullati gli svantaggi, ma in fatto di investimenti non possiamo fare alcunché”.
G.B.
A livello parlamentare si torna a parlare di Insularità, una questione delicata sancita recentemente anche dalla Costituzione. La commissione bicamerale, presieduta dal deputato del messinese Tommaso Calderone, di Forza Italia, ha sentito ieri in audizione il presidente della Regione Sardegna, Christian Solinas, e successivamente ascolterà il suo collega della Regione Sicilia, Renato Schifani che recentemente ha plaudito alla nomina di un siciliano al vertice della commissione.
Schifani ha definito la designazione di Calderone “un’ottima notizia per la Sicilia”. E ha aggiunto: “Sono convinto che il parlamentare siciliano possa essere la migliore figura istituzionale per condurre a soluzione una vertenza storica che costa ai siciliani oltre 6 miliardi di euro all’anno”. “Con l’inserimento in Costituzione del nuovo articolo 119 – ha aggiunto Schifani – che riconosce le peculiarità delle isole e promuove le misure necessarie a rimuovere gli svantaggi derivanti dall’insularità, finalmente la nostra terra potrà colmare quel gap derivante dalla mancanza di collegamenti stabili con il resto del Paese. Proprio sulla vicenda del “caro voli” il mio governo fin dall’insediamento, ha posto il tema nella propria agenda politica, con numerosi esposti all’Antitrust e attivandosi con l’arrivo di un terzo vettore per i collegamenti con Roma”.
Schifani plaude, ma dalla Sardegna arrivano segnali contrastanti a conferma che la questione insularità finora è rimasta sulla carta e non ha avuto fatti concreti d una certa rilevanza. Per il presidente Sardo Solinas “C’è il rischio inutilità” del dettato costituzionale. Per il presidente della commissione speciale per il riconoscimento dell’insularità, Michele Cossa “L’inserimento del principio di insularità nell’articolo 119 della Costituzione non basta ed è intollerabile l’indifferenza del governo che non sta facendo abbastanza per rendere attuabile ciè ciò che è scritto sulla Carta… Nessuno dei provvedimenti importanti adottati da questo governo ha tenuto nel minimo conto il tema dell’insularità. Non c’è ostilità, piuttosto indifferenza”.
Insomma il tema è delicato, ma all’apparenza di difficile attuazione perché richiederebbe investimenti non certo irrisori. L’impressione che circola in ambienti politici e anche imprenditoriali è che il governo stia tentando con questi mezzi di addolcire quella che potrebbe essere per il Sud la medicina amara dell’istituzione dell’Autonomia differenziata tanto cara ai leghisti che rischia di avere effetti devastanti su tutta l’economia del sud allontanando questa zona del Paese dal resto delle regioni opulente e ricche del nord.
Basta fare un giro per le grandi città del sud per rendersi conto di quale gap stiamo parlando e di cosa pensino i suoi cittadini. Il tema dei trasporti è in primo piano, col recente caro voli e il nodo dei traghetti, per non parlare dei treni lumaca… altro che alta velocità. Ma non dimentichiamo i temi infrastrutturali – la Sicilia ha ancora le autostrade a due corsie, con decine e decine di interruzioni – sino a giungere al nodo sanità con alcune zone dell’isola dove l’assistenza è quasi negata. Se poi si dà uno sguardo alle isole minori l’insularità diventa un doppio problema, con “l’insularità nell’insularità”.
Ci sono isole Minori che non hanno alcuna assistenza sanitaria o solo una guardia medica. Un anno fa per trasportare in elisoccorso una donna infartuata, a Panarea si è ricorso alle braccia forti di 4 volontari che hanno trasportato la poveretta in barella dalle strette vie dell’isola. E questo perché l’unica ambulanza elettrica nell’isola aveva la batteria guasta. Per non parlare dei trasporti oggi messi a dura prova da un braccio di ferro giudiziario tra la compagnia che ha il monopolio dei trasporti nelle isole minori e la magistratura, per il nodo del rispetto delle norme in materia di trasporto dei disabili. A causa di questa disputa oggi in queste isole, addirittura, la benzina costa una media di 50 centesimi più al litro rispetto ai prezzi praticati nella terraferma e il rifornimento dei prodotti combustibili per il riscaldamento ha raggiunto cifre iperboliche.
È in questo contesto che sono iniziate le audizioni dei due presidenti. Nella speranza che queste possano servire a smuovere un governo che sembra intenzionato ad andare da un’altra parte e che questi propositi non restino come è avvenuto più volte in passato “lettera morta”. Ancorché di rango costituzionale.
G.B.