ROMA – Secondo quanto previsto dall’articolo 1 della legge 11 gennaio 1993, n. 23, “Le strutture edilizie sono da considerarsi come elemento fondamentale ed integrante del sistema scolastico, alle quali va assicurato uno sviluppo qualitativo e una collocazione sul territorio adeguati alla costante evoluzione delle dinamiche formative, culturali, economiche e sociali.”
Sempre secondo la normativa vigente, i titolari dei dati riguardanti l’edilizia scolastica sono gli Enti Locali, proprietari o gestori degli immobili pubblici che, appunto, sono destinati ad uso scolastico.
Ebbene, nonostante questa premessa e nonostante una sfilza di leggi in materia, a partire dall’art. 24 del Testo Unico dell’Edilizia (DPR 380/2001), le scuole italiane, nella generalità dei casi e con qualche rara eccezione, sono poco sicure, come dimostra il recente crollo del tetto di uno dei licei più famosi di Catania, il “Boggio Lera”, nella centralissima via Vittorio Emanuele, a poche centinaia di metri da Piazza Duomo, seguito a ruota dal crollo del controsoffitto di un’aula in una scuola di Paternò, danneggiata dai recenti acquazzoni.
La grave situazione strutturale degli edifici scolastici non riguarda, però, soltanto la città etnea ed il suo hinterland, anche se in questo caso il famoso aforisma “mal comune mezzo gaudio” è del tutto fuori luogo.
Gli istituti italiani che non dispongono del certificato di agibilità, infatti, sono il 54%, quelli privi del previsto collaudo statico sono il 39% e quelli a cui manca il certificato di prevenzione incendi sono il 59%.
Il documento di valutazione dei rischi è fortunatamente presente nel 78% degli istituti, mentre a disporre del piano di emergenza sono il 79% dei plessi, anche se la rimodulazione degli spazi conseguenti alla pandemia ha modificato in peggio la situazione.
Le scuole che si trovano in zone ad elevato rischio sismico sono 17.343, pari al 43% del totale, una cifra impressionante, soprattutto se rapportata alla Sicilia in cui, oltre ai fenomeni sismici, bisogna aggiungere anche quelli di natura vulcanica e, di recente, anche gli eventi atmosferici legati alle cosiddette “bombe d’acqua”, purtroppo, divenute ormai frequentissime.
D’altra parte, la situazione anagrafica dei vari edifici adibiti ad attività didattiche la dice lunga: 582 risalgono a prima del 1800, 944 sono stati realizzati tra il 1800 e il 1899, 1.401 risalgono al periodo che va dal 1900 al 1920, 3.009 sono stati costruiti tra il 1921 e il 1945, 5.429 tra il 1946 e il 1960, 11.969 tra il 1961 e il 1975, 15.4439 dopo il 1976. All’appello mancano oltre 1.000 istituti, di cui, al momento, non si conoscono le condizioni strutturali.
Gli importanti dati emergono da una recente ricerca di Cittadinanza attiva, che si è avvalsa anche delle approfondite informazioni contenute nel portale realizzato dall’Anagrafe Nazionale dell’Edilizia Scolastica, che si occupa di monitorare l’intera dotazione immobiliare in questione, pari a 40.658 edifici e 369.048 classi, per un totale di 7.507.484 studenti.
È importante ricordare che, nella popolazione scolastica del nostro Paese, gli studenti con disabilità sono 268.671, mentre quelli con cittadinanza non italiana sono 808.953, elementi, questi, che aggiungono all’analisi strutturale compiuta ed alle relative carenze di cui si è detto, anche le problematiche riguardanti l’esistenza non occasionale di “barriere architettoniche” e la carenza di strutture necessarie a favorire l’apprendimento delle lingue e la socializzazione interculturale.
Aggiungendo a queste ultime cifre quelle relative alle scuole paritarie, nell’anno scolastico 2020/2021, si arriva ad un quadro complessivo che ci segnala come la situazione degli istituti italiani, dalla scuola dell’infanzia alla scuola secondaria di secondo grado, registri la presenza complessiva di 53.081 immobili e 8.358.751 studenti, un numero estremamente significativo, soprattutto se rapportato al rischio potenziale che essi corrono ogni giorno frequentando aule non perfettamente a norma, dunque potenzialmente pericolose per la loro incolumità.
Per quanto riguarda la Sicilia, secondo uno studio della Cgil, su 4.173 edifici scolastici, il 70% non ha la certificazione di agibilità e l’80% non dispone dell’importantissima documentazione che ne attesti l’efficacia delle dotazioni antincendio, anch’essa prevista dalla legge. Tra le 498 scuole in possesso di quest’ultima certificazione, solo il 10% dispone del nulla osta provvisorio, mentre il 37% degli edifici, pari a 1.551, non è in regola per ciò che riguarda la messa a norma degli impianti elettrici.
Particolarmente grave è la situazione delle scuole edificate in zone classificate come sismiche di primo e secondo grado, si tratta di ben 3.700 immobili, e nonostante sia nota la situazione dei frequenti movimenti tellurici che si verificano nell’Isola, solo 488 sono munite di certificato di conformità ai vincoli previsti per questo genere di fattispecie e solo il 25% degli istituti è stato progettato tenendo conto dei requisiti di antisismicità.
Sempre per quanto riguarda le verifiche tecniche di sicurezza previste per simili ipotesi, la percentuale di regolarità è piuttosto bassa, appena il 21%.
La situazione non è migliore per quanto concerne l’abbattimento delle barriere architettoniche, con 1.443 edifici scolastici, pari al 34% del totale, non in condizione di piena accessibilità, mentre nel 9% dei casi è ancora presente il grave problema dell’amianto.
Nello studio compiuto dalla CGIL, le scuole siciliane classificate come “molto problematiche” sarebbero 72, di cui 28 a Palermo e 13 a Trapani, mentre quelle incompiute sarebbero 10, a fronte di un fabbisogno finanziario stimato pari a circa 150 milioni di euro, oltre 15 milioni per la realizzazione di due grandi poli scolastici nel capoluogo, 16 destinati a Messina e 9,2 a Catania, per un totale, probabilmente al ribasso, che sfiora i 200 milioni.
Per tornare ai crolli, nell’anno scolastico 2020/2021, gli episodi verificatisi sono stati 36, di cui 12 si sono registrati in regioni del Sud o nelle Isole, causando il ferimento di quattro persone.
La gravità del dato appare più significativa se si tiene conto del fatto che, tra il 2013 e il 2021, il numero totale di crolli censiti è pari a 363, con 63 feriti, a conferma delle pessime condizioni generali in cui versano gli istituti scolastici dl nostro Paese.
Di fronte ad una situazione così grave e soprattutto così pericolosa, c’è da chiedersi se i 17 miliardi di euro previsti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza stanziati per la scuola, 5 miliardi dei quali dovrebbero essere fruibili entro novembre, saranno sufficienti a migliorare la situazione non solo relativamente all’agibilità degli edifici, ma anche all’efficientamento energetico, che permetterebbe un risparmio non indifferente nella gestione corrente dei vari plessi.
A tal proposito, un ultimo dato particolarmente allarmante è quello che riguarda la capacità di spesa registrata per gli interventi in questo delicato settore soprattutto da parte degli Enti Locali. A fronte degli attuali 47 mila euro attribuiti in media ad ogni scuola per la manutenzione straordinaria, infatti, ne sono stati spesi meno della metà: eppure non può certo dirsi che non ci fosse nulla da fare. Si tratta di un elemento che conferma come nel nostro Paese non vi sia soltanto un problema di risorse, ma anche un problema di procedure e di efficienza burocratica. Intanto i tetti continuano a crollare!