Caro Direttore,
Sul messaggio di fine anno di Sergio Mattarella, condivido il significato morale contenuto nella rappresentazione da lui fatta di un’Italia unita e laboriosa, anche se è un paesaggio scritto nella prosa di De Amicis. Pur ribadendo che considero il Presidente una bella persona, sento di sostenere che il silenzio nel suo messaggio, ripetuto nei sei precedenti, sulla Giustizia e sulle condizioni miserabili del Mezzogiorno, per un meridionale, rappresenta una doppia colpa.
La Costituzione gli assegna il ruolo di presidente del Csm e sono stati sette anni di sostanziale silenzio su una piaga italiana che rischia di infettare l’intera struttura sociale del Paese: almeno dopo lo scandalo Palamara, gli italiani qualcosa la attendono.
E poi, da troppi anni i meridionali e i suoi concittadini siciliani vagheggiano un presidente che gridi verità su una condizione insostenibili, sull’emigrazione di massa di giovani che sta desertificando il territorio, su un un territorio controllato dalla mafia nonostante o grazie ai pentiti.
Mi sarei aspettato qualcosa, almeno nell’ultimo messaggio, ma Mattarella è rimasto l’ultimo schierato con lo Stato, come forse è giusto che un presidente sia ma, allora, probabilmente è giunto il tempo che la Costituzione parli con la voce del Paese reale, quello che più di un arbitro abbisogna di un centravanti di sfondamento.
Salvatore Grillo
Catania