A Gallipoli e Milano si ragiona su un test dal cui esito potrebbe dipendere lo sdoganamento delle piste da ballo all’aperto per la prossima estate.
Per Gallipoli si è in attesa della data che arriverà subito dopo il confronto tra Ministero della Salute e Regione Puglia. La cittadina pugliese con la discoteca Praja e Milano con il Fabrique, sono le due candidate scelte dal Silb di Confcommercio, il Sindacato italiano dei locali da ballo, per mettere alla prova l’efficacia di un apposito protocollo anti-Covid stilato con la consulenza scientifica dell’epidemiologo Pier Luigi Lopalco e dell’infettivologo Matteo Bassetti.
“Dal 15 luglio al 15 agosto a Gallipoli è già sold-out, ma se non dovessero esserci le discoteche aperte sarebbe un problema di non poco conto, perché si farebbe fatica a gestire le presenze”, dice all’AGI l’amministratore del Praja, Pierpaolo Paradiso.
“Abbiamo messo a punto dei protocolli restrittivi, il Comitato tecnico scientifico sembra propenso alla sperimentazione, ma da quando la palla è passata nelle mani della Regione – insiste Paradiso – per l’apertura di un dialogo con il ministro Speranza, non abbiamo più saputo nulla.
Non abbiamo una data per fare il test in discoteca e nessuna prospettiva per l’estate. In mancanza di novità i nostri ragazzi andranno altrove, in Croazia, a Ibiza, a Mykonos e noi avremo perso l’opportunità per la ripartenza di un settore importante dell’economia”.
E proprio in Spagna potrebbero decidere di andare tanti giovani italiani. A maggior ragione dopo la notizia che i locali notturni potrebbero aprire dopo nove mesi di chiusura. Dovranno comunque farlo con delle condizioni. Il Ministero della Salute iberica ha proposto alle comunità autonome che questi spazi siano aperti fino alle due del mattino, anche se solo in quei luoghi a basso rischio covid (tra gli altri indicatori, un’incidenza cumulativa inferiore a 50 casi ogni 100.000 abitanti) o quelli a rischio medio (meno di 150) la cui situazione epidemiologica rivela che la pandemia è sotto controllo.
In Catalogna, l’incidenza ieri è stata di 110. Nelle comunità ad alto rischio questa attività continuerà ad essere vietata: Madrid, Rioja, Andalusia, Paesi Baschi e Aragona si trovavano ieri in questa situazione.
Non c’è ancora un accordo e nei prossimi giorni proseguiranno i lavori per la sua stesura per una successiva approvazione da parte del Consiglio Interterritoriale. Va ricordato che questo documento, almeno fino ad ora, non è obbligatorio. Sono raccomandazioni che servono da guida ai governi regionali.
Secondo questo testo, l’interno dei luoghi di svago rimarrà al 50% nelle regioni a basso rischio e un terzo nelle regioni a medio rischio. I tavoli saranno un massimo di 6 persone.
All’esterno, l’occupazione sarà al 100% ma mantenendo una distanza di sicurezza tra i tavoli, che possono accogliere un massimo di 10 persone. Non è ancora chiaro se si potrà ballare o meno.
Sicuramente sarà necessario portare all’interno la mascherina e, i responsabili dei locali dovranno tenere un registro dei partecipanti per garantire la tracciabilità nel caso in cui venga rilevato un focolaio di covid.
Il testo fa riferimento anche alle celebrazioni di massa. Possono essere detenuti a seconda del livello di rischio. Con meno di 25 casi ogni 100.000 abitanti (nuova normalità), saranno consentiti eventi con una capienza massima di 10.000 persone; fino a 5.000 con incidenti inferiori a 50 e inferiori a 150, una capacità massima di 1.000 persone. Non ci sarebbero atti di queste caratteristiche con incidenti più elevati. Questa proposta ha suscitato un forte dibattito tra i responsabili della salute pubblica nelle comunità autonome. Nei prossimi giorni ci sarà una nuova proposta. Mentre si prova a raggiungere un accordo sull’apertura di queste attività, ieri è stata resa nota la decisione della Corte Superiore di Giustizia della Catalogna (TSJC), che ha respinto la richiesta dell’associazione dei datori di lavoro che rappresenta questi luoghi di riaprire le discoteche, perché ritiene che non vi sia alcuna “urgenza speciale”. Anche se lascia aperta la porta per risolvere la questione l’8 giugno, dopo aver sentito i servizi legali della Generalitat.