Editoriale

Dissalare l’acqua con l’energia solare

A un’ora e mezza da Dammam, città del Kingdom of Saudi Arabia – di 1,6 milioni di abitanti, posta sul Golfo arabo-persiano – vi è uno stabilimento per la dissalazione dell’acqua marina denominato Acwa Power. Questo preleva il prezioso liquido non vicino alla costa, bensì con tubature lunghe undici chilometri che arrivano fino al largo per pescarlo alla maggiore profondità possibile, in quanto l’acqua è meno salata.
Il liquido così prelevato viene lavorato e si trasforma in acqua dolce potabile, utile a ogni finalità, dall’uso civile a quello lavorativo.

L’impianto è totalmente automatico ed è gestito da poche decine di persone, produce ogni giorno ben seicentomila metri cubi di “oro blu”, rendendo autosufficiente non solo la stessa Città, ma anche tutta la Regione.
Tutto questo sembra un sogno, ma è la realtà con l’aggiunta di un fatto quasi sorprendente.

Di che si tratta? Del fatto che l’intero impianto consuma a sua volta energia pulita in quanto a fianco vi è un’infrastruttura di ultima generazione che produce energia solare.
Dunque, il connubio sembra perfetto: senza l’utilizzo di energia termica (petrolio, gas, carbone) si desalinizza l’acqua marina, soddisfacendo così il fabbisogno di un grandissimo territorio pressappoco come la grande Milano.

Si dirà: questi due impianti hanno avuto bisogno di un cospicuo finanziamento. Certo, ma bisogna mettersi in testa definitivamente che nel mondo non mancano i soldi e neanche gli investitori, i quali cercano proprio il modo migliore per imprestare il proprio denaro, a condizione che alle scadenze venga restituito e che venga equamente remunerato.
Inoltre investire nella transizione ecologica e nelle politiche di adattamento ai cambiamenti climatici è essenziale.
La conseguenza di quanto scriviamo è che tutto ciò può essere replicato “N” volte in qualunque parte del mondo e, perché no, anche in Sicilia o in Calabria o in altre regioni ove vi è una carenza cronica di acqua potabile.
Occorrono professionalità, intelligenza, spirito di iniziativa e soprattutto serietà per realizzare progetti come questo.

Rivolgiamo quindi un cortese invito al presidente della Regione, Renato Schifani, affinché si documenti su quanto prospettato e legga di prima mano il rapporto che i suoi tecnici vorranno o dovranno dargli. Dopo di che, con la sua sagacia, metta in moto un pezzo del proprio apparato (costituito da circa undicimila dipendenti, fra cui circa ottocento dirigenti, di cui qualcuno senza dipendenti), in modo che possa pubblicare in tempi relativamente brevi un bando di gara internazionale, quindi anche sulla Gazzetta europea, per la costruzione di due impianti del tipo indicato.

Nel mondo vi sono fra cinque e dieci imprese capaci di realizzarli e che, opportunamente sensibilizzate, presenteranno i progetti da realizzarsi in ventiquattro/trentasei mesi.
Ripetiamo, la domanda che sorge spontanea è su come finanziare i due ingenti impianti, che hanno bisogno di adeguati fondi. Dove prenderli? Vi elenchiamo qualche possibile fonte.

Vi è la Banca europea per gli investimenti (Bei), vi sono i finanziamenti del Pnrr e del Fsc, nonché consorzi internazionali disponibili a finanziare opere di questo tipo, anche per ottenerne la concessione d’uso.

Il mercato finanziario mondiale è sempre in condizione di fornire le risorse perché le operazioni come quelle del tipo descritto devono avere una ragione economica e sociale e quindi, fra l’altro, produrre utili. Non sembri una bestemmia, ma oltre all’utilità per i/le cittadini/e, vi può essere un’utilità per l’impresa costruttrice che poi gestisce l’impianto.

Mi auguro che Renato Schifani legga questo editoriale e, qualora lo trovasse utile, metta in moto la sua macchina amministrativa per concretizzare in tempi ragionevoli quanto precede.
In ogni caso nessuno potrà dire che questa riflessione non sia stata scritta, come sempre, nero su salmone, né che ci si può nascondere dietro l’inattività di chi non solo non fa, ma non ritiene indispensabile invertire la propria condizione.