PALERMO – Il gap in termini di sviluppo economico tra Nord e Sud nell’ultimo decennio si è allargato. Differenze che riguardano tutti i settori del sistema produttivo, con riflessi in tutti gli altri campi.
Di questo si è parlato nel corso del convegno “Il divario Nord-Sud: sviluppo economico e intervento pubblico” promosso da Banca d’Italia e ospitato dall’Università degli Studi di Palermo. Presentato un rapporto, pubblicato dalla Banca centrale nazionale, che fornisce un quadro aggiornato dei divari territoriali in Italia con riferimento al sistema produttivo, al mercato del lavoro, al finanziamento delle imprese e ai fattori di contesto e che contiene alcune riflessioni sulle priorità di intervento pubblico a favore del Mezzogiorno.
“È un rapporto molto importante – ha spiegato Emanuele Alagna, direttore della sede di Palermo della Banca d’Italia – perché indaga diverse dimensioni del divario Nord-Sud e al quale abbiamo lavorato per due anni con oltre trenta lavori. Parliamo di infrastrutture, mercato del lavoro, istruzione e altro. Al Sud vi sono delle carenze in termini di infrastrutture e servizi pubblici e nel rapporto sono presenti anche indicazioni sulle priorità di intervento, ovvero innalzare la qualità dei servizi e favorire un più rapido recupero del settore produttivo privato”.
Negli ultimi anni il Mezzogiorno ha visto diminuire il suo peso economico, evidenziando una crescente difficoltà nell’impiegare la forza lavoro disponibile e si è registrata anche una minore crescita della popolazione rispetto alle aree più avanzate del Paese, dove si sono concentrati i flussi migratori. Tra le difficoltà delle imprese, soprattutto quelle a controllo familiare, c’è quella di non riuscire a sfruttare le nuove tecnologie digitali, oltre alla alta incidenza del lavoro irregolare ed una instabilità dei rapporti lavorativi.
“C’è un divario – ha sottolineato il direttore della Svimez, Luca Bianchi – che dopo le politiche di risanamento del 2012-2013 si è profondamente ampliato. Questo ha impattato soprattutto sui servizi pubblici, come scuole e offerta sanitaria: di fatto in base al luogo di nascita si hanno servizi molto differenti”.
Tra le soluzioni per ridurre il gap, potrebbe esserci il Piano nazionale di ripresa e resilienza: “Un’occasione straordinaria – ha affermato Bianchi – per il Paese. Sono tante le risorse, con oltre ottanta miliardi per il Mezzogiorno. Il problema è mettere a terra gli interventi. Il nostro allarme, che abbiamo lanciato anche al nuovo Governo, è che c’è una grande difficoltà, soprattutto per i piccoli comuni del Mezzogiorno, ad avere un’adeguata progettualità. Su questo bisogna intervenire al più presto: rafforzando la Pubblica amministrazione e supportando i Comuni alla loro capacità di attuazione dei progetti che possono essere realizzati”.
Le professionalità mancano anche perché i giovani decidono di andar via. Soprattutto quelli più brillanti, infatti, una volta terminati gli studi trovano occupazione nel Nord Italia e ancor di più all’estero: “Siamo attori di un processo di rinnovamento – ha detto il rettore dell’Università di Palermo, Fabrizio Micari – attraverso cui dobbiamo dare ai ragazzi la consapevolezza che le possibilità sono anche al Sud, invertendo la tendenza che ha visto l’emigrazione intellettuale delle nostre menti migliori”.