Italia più attenta a curare i sintomi di un’economia malata che a curare la malattia stessa. È questo il commento di Marco Onado, docente senior nel dipartimento di Finanza della Bocconi ed editorialista per il Sole 24 Ore, sulle misure che il Governo ha presentato all’ultimo Cdm.
Professore, il minibonus contro il caro carburanti e la proroga degli aiuti alle famiglie più svantaggiate sono una panacea o un intervento necessario?
“Sicuramente è un intervento necessario però ha il difetto di essere una cura sintomatica. Va bene che si aiutano i più deboli, a parte il fatto che in un Paese con una forte evasione come l’Italia si rischia anche che dentro le fasce deboli si nascondano persone che deboli non sono, però il problema, ovvero l’impoverimento della classe media, nel suo insieme resta”.
Una delle cose più discusse negli ultimi anni è la scelta della classe politica di intervenire sull’economia soprattutto con i bonus, lei cosa ne pensa?
“Anche in questo caso si tratta di una cura sintomatica. Come se mi venisse la febbre e mi prendo il paracetamolo. Ma sto intervenendo solo sul sintomo e non sul male”.
La scelta del bonus rischia di foraggiare le speculazioni già in atto anziché spegnerle?
“Non credo che i petrolieri abbassino il prezzo della benzina perché quelli sotto i mille euro al mese hanno il bonus. Si tratta di una parte così piccola dei consumi che non credo possa avere un effetto di questo tipo. I bonus non guariscono la malattia ma curano il sintomo. Meglio non avere il sintomo sicuramente, ma ancora meglio non avere la malattia”.
Secondo lei questa malattia come si cura?
“Le proposte sono tante, di certo non questa. La politica dei redditi, il salario minimo, il reddito di cittadinanza (anche se aveva grossi difetti): ci sono fior di proposte, da anni, alcune realizzate e altre no ed è da lì che bisogna partire. L’Italia è il Paese in cui il potere d’acquisto dei salari è diminuito più di ogni altro Paese. Qualcosa vorrà pur dire: non stiamo curando la malattia”.
La cura della Bce è quella del rialzo dei tassi di interesse per combattere l’inflazione. Tassi ormai arrivati al 4,50% mentre Lagarde dichiara che il picco non è stato ancora raggiunto. Al contrario, dall’altro lato dell’Atlantico c’è la Fed che lascia i tassi fermi. Questa mossa potrebbe far cambiare idea a Francoforte?
“Ho l’impressione di no. Primo perché la nostra inflazione è più alta rispetto a quella degli Stati Uniti, quindi è difficile fare paragoni. Il secondo aspetto, più discutibile, è l’estrema attenzione, soprattutto dei tedeschi, al problema dell’inflazione. Ovviamente, noi con il nostro deficit e il nostro debito pubblico facciamo la fine dei vasi di coccio tra quelli di ferro. Perché il debito che è stato trascurato soprattutto dai governi di destra negli ultimi trent’anni è la nostra palla al piede”.
Quindi senza un intervento sul debito non potrà mai cambiare questo momento storico?
“Prima di intervenire sul debito bisognerebbe intervenire sul deficit. Quando il deficit è superiore al 4% significa che ci troviamo in una situazione di debolezza”.
Riportiamo di seguito alcuni estratti di “Uscire dal Paese dei balocchi”, pubblicato da Marco Vitale a febbraio 2023.
Uno scritto contenente illuminanti riflessioni, sempre attuali, sull’Italia produttiva, a partire dall’industria manifatturiera e dalle esportazioni, a cui fa da contraltare l’immagine di una Bengodi dove non si vive che di illusioni:
“(…) Né mancano altri settori della nostra comunità dove si lavora tanto e bene, raggiungendo risultati confortanti. Penso al terzo settore con tutta la componente del volontariato efficiente e bene organizzato, al turismo, ai segnali di punta dell’agroalimentare. Ma se così è, se l’Italia produttiva regge, perché da qualche tempo sono tormentato dall’immagine di un’Italia che, per certi versi, sembra un Paese dominato dalla cultura di un Paese dei Balocchi, dalla quale è urgente uscire? Per tre motivi fondamentali: il primo motivo è l’assistenzialismo ormai strutturale e penetrato a fondo nel sistema paese. Ad ogni problema, ad ogni difficoltà, ad ogni perdita o inefficienza si risponde con un: è necessario un bonus, lo Stato deve intervenire, lo Stato deve compensare. Non vogliamo prendere atto che l’insieme di malgoverno, ritorno della guerra nel cuore dell’Europa, ritorno dell’inflazione ci hanno resi tutti più poveri (salvo i titolari di rendite e le centinaia di bande bassotti che tormentano il Paese). Dobbiamo semplicemente prendere atto che il nostro stile di vita deve essere adattato alla nuova realtà economica e sociale. È in un Paese dei balocchi che ci si può illudere ed illudere che si può essere sempre in festa, che si può vivere bene senza andare a scuola, senza studiare, senza lavorare, senza pagare dazio. (…)
Il secondo motivo è l’assenza sempre più evidente di realismo nella politica. (…) Ma promettere scoprendo di non poter mantenere è tipico da Paese dei Balocchi e molti dei personaggi che vediamo agitarsi in televisione non danno soprattutto la sensazione di essere dei giocherelloni? Noi dovremmo riprendere la linea di serietà politica della quale diede prova il presidente del consiglio il bresciano Zanardelli al termine del suo memorabile viaggio in Lucania (1903) in un bellissimo discorso agli amministratori locali, nel Teatro Stabile di Potenza: la sala era addobbata con i gonfaloni delle città di Brescia e Potenza, entrambe medaglia d’oro al valore risorgimentale. Zanardelli tenne un discorso semplice ma profondo, suddiviso in tre parti. In una prima parte ricuperò la memoria degli eventi e delle persone lucane che hanno onorato l’Italia, quasi a voler stimolare la fiducia in sé stessi nella popolazione lucana. Nella seconda parte, senza nulla concedere al buonismo, analizzò con realismo i gravi problemi che la regione deve affrontare e superare. Nella terza parte assicurò l’impegno del Governo a collaborare nell’affrontarli, anche se evitò di essere largo di promesse perché: “piuttosto che espormi a promettere e non eseguire vorrei eseguire il non promesso”.
Il terzo motivo è l’avidità dei partiti politici abbinata in molti casi alla loro conclamata incompetenza.
Il terzo motivo è l’avidità dei partiti e di molti uomini politici abbinata, in molti casi, alla loro conclamata incompetenza. Sono ben consapevole del rischio di cadere nel moralismo o nel qualunquismo, facendo di tutta l’erba un fascio. Ma non possiamo non correre questo rischio se vogliamo capire perché la partecipazione alle votazioni politiche e amministrative sia in caduta libera, raggiungendo ormai livelli molto pericolosi e preoccupanti per la sopravvivenza democratica.
L’insieme di questi fattori, i tre motivi che interagiscono fra loro, fecondandosi e rafforzandosi a vicenda, insieme ad altre disfunzioni negative, come la debolezza e la precarietà della giustizia, l’insufficienza di parte della scuola, lo sgretolamento del Servizio Sanitario Nazionale, diffondono, in parte della popolazione, le credenze proprie del Paese dei Balocchi e cioè che in questo Paese si possa vivere bene, lieti e felici senza lavorare seriamente, senza andare a scuola seriamente, senza ammalarsi mai, ma sempre giocando e festeggiando. Il radicarsi di queste credenze è un rischio cruciale per la nostra economia, per la nostra società e ancor più per la sopravvivenza della nostra democrazia”.