Mentre il mondo ha fatto progressi nella parità di genere e nell’emancipazione delle donne attraverso gli Obiettivi di sviluppo del millennio, e tra questi la parità di accesso all’istruzione primaria per ragazzi e ragazze, le donne continuano a subire discriminazioni e violenze in ogni parte del mondo. La parità di genere non è solo un diritto umano fondamentale, ma la condizione necessaria per un mondo prospero, sostenibile e in pace.
Garantire alle donne e alle ragazze parità di accesso all’istruzione, alle cure mediche, a un lavoro dignitoso, così come la rappresentanza nei processi decisionali, politici ed economici, promuoverà economie sostenibili, di cui potranno beneficiare le società e l’umanità intera è cardine dell’obiettivo 5 dell’Agenda per lo Sviluppo Sostenibile ONU 2030 che si propone di porre fine, ovunque, a ogni forma di discriminazione nei confronti di donne e ragazze; eliminare ogni forma di violenza nei confronti di donne e bambine, sia nella sfera privata che in quella pubblica, compreso il traffico di donne e lo sfruttamento sessuale e di ogni altro tipo; eliminare ogni pratica abusiva come il matrimonio combinato, il fenomeno delle spose bambine e le mutilazioni genitali femminili, riconoscere e valorizzare la cura e il lavoro domestico non retribuito, fornendo un servizio pubblico, infrastrutture e politiche di protezione sociale e la promozione di responsabilità condivise all’interno delle famiglie, conformemente agli standard nazionali; garantire piena ed effettiva partecipazione femminile e pari opportunità di leadership ad ogni livello decisionale in ambito politico, economico e della vita pubblica.
Ancora l’obiettivo 5 punta a garantire accesso universale alla salute sessuale e riproduttiva e ai diritti in ambito riproduttivo, come concordato nel Programma d’Azione della Conferenza internazionale su popolazione e sviluppo e dalla Piattaforma d’Azione di Pechino e dai documenti prodotti nelle successive conferenze; avviare riforme per dare alle donne uguali diritti di accesso alle risorse economiche così come alla titolarità e al controllo della terra e altre forme di proprietà, ai servizi finanziari, eredità e risorse naturali, in conformità con le leggi nazionali; rafforzare l’utilizzo di tecnologie abilitanti, in particolare le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, per promuovere l’emancipazione della donna; adottare e intensificare una politica sana ed una legislazione applicabile per la promozione della parità di genere e l’emancipazione di tutte le donne e bambine, a tutti i livelli.
Oggi, nella maggioranza dei paesi, è cresciuto il numero di donne iscritte ai percorsi di studio universitari ma, seppur in ambiti come Scienze Umane e Sociali, Arte e Informazione si riscontra una significativa rappresentazione della componente femminile, nelle discipline STEM (Science, Technology, Engineering & Mathematics) permane un significativo divario di genere. Si tratta di un fenomeno che non va ignorato e, sulla base di queste analisi, l’ONU ha istituito l’11 febbraio la “Giornata mondiale delle donne e delle ragazze nella scienza” e Eni ha trasformato un intento in un progetto concreto che coinvolge le giovani donne.
“Il progetto Eni 4 STEM, si sviluppa su un doppio binario: da un lato è un’iniziativa che mira a condurre una ricerca sociale tra le giovani studentesse del Sud Italia al fine di migliorare l’adozione di carriere STEM; dall’altro realizza incontri con gruppi di ragazze volti a far capire i percorsi e le prospettive per queste carriere – racconta al QdS Lucia Nardi Responsabile Cultura d’Impresa Eni – un percorso iniziato lo scorso ottobre a Castel Gandolfo, dove abbiamo incontrato un gruppo di venti ragazze selezionate, provenienti da diverse scuole superiori del Sud Italia, cui abbiamo chiesto perché, secondo loro, poche ragazze si iscrivono alle c.d. discipline STEM e quali potessero essere i passi per “incuriosire” le ragazze verso questo tipo di studi.
Un’iniziativa che sta proseguendo con incontri nei diversi territori del sud Italia (Bari, Crotone, Gela, Napoli e Viggiano) con Workshop, attività di orientamento universitario, incontri con Role Model e uno spettacolo teatrale, che racconta le storie di donne che hanno avuto un ruolo determinante nelle ricerche tecnologiche che ancora oggi utilizziamo. A conclusione, nelle scuole di provenienza delle ragazze, verranno somministrati dei questionari predisposti da IPSOS che ci consentiranno di acquisire informazioni che saranno prodromiche a perfezionare i progetti da proporre alle scuole il prossimo anno scolastico su questo stesso tema”.
Il progetto, che vede il coinvolgimento di oltre 100 studentesse, si concluderà a maggio 2024 e ci permetterà di approfondire quali siano gli strumenti necessari da fornire alle ragazze per riappropriarsi della propria identità e, soprattutto, per permettere loro di guardare a 360° la formazione universitaria anche tecnica, che non appartiene solo al mondo maschile.
“In realtà – prosegue Nardi – abbiamo scoperto che le facoltà STEM spaventano, perché sono più complesse e perché spesso la scuola non riesce a formare in maniera adeguata chi approccia le discipline STEM. In secondo luogo, c’è una posizione mentale e una cultura che deve essere estirpata perché la donna, nella c.d. cultura mediterranea, difficilmente è accettata in un ruolo tecnico-scientifico, nonostante gli esempi eccellenti”. Si accetta, quindi, che una donna faccia il medico ma non l’ingegnere. “Anche il grosso carico orario di lavoro che richiedono le professioni legate alle discipline tecnico-scientifiche – ha continuato Nardi – può sembrare un freno alla gestione di un equilibrio lavoro-famiglia che la donna ha bisogno di raggiungere. Ancora oggi, all’ interno di molti contesti lavorativi, non sono disponibili gli strumenti, necessari per l’organizzazione di una vita in cui famiglia e impegni di lavoro possono convivere in armonia”.
In tutto ciò continua ancora ad esserci un pregiudizio di fondo “e questo – conclude Nardi – succede non solo all’interno del luogo di lavoro ma anche nella famiglia e negli affetti più vicini. Proprio da lì, infatti, arrivano i consigli a non intraprendere studi come ingegneria o matematica, ma a cercare una strada più semplice, come quella dell’insegnamento, che prevede un tempo di lavoro apparentemente più ridotto”. Nel tempo molte donne hanno dimostrato che “sognarsi” proiettate nel futuro è possibile e diversi sono gli esempi eccellenti che possono essere usati come faro.
“Nelle giornate d’incontro abbiamo presentato le diverse possibilità formative e le abbiamo fatte incontrare con alcune Role Model. Proprio da due di loro, che hanno raccontato le difficoltà incontrate durante il percorso di studio e i dubbi avuti allora sulla scelta fatta, sono state molto apprezzate perché hanno rappresentato i pro e i contro di un percorso, senza nessuna edulcorazione. Ecco, il racconto delle loro fatiche, ha restituito alle ragazze un modello di confronto reale, di giovani donne con cui confrontarsi e a cui sentirsi vicine”.