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Ebbe figlio con alunno 15enne: Cassazione conferma condanna per prof

La corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della professoressa di Prato che ebbe un figlio da un 15enne a cui impartiva lezioni private di inglese.

La donna, oggi 35enne, è stata dunque condannata in via definitiva a 6 anni e 6 mesi di reclusione, inflitti dal tribunale e confermati in corte d’Appello (con uno sconto di soli 15 giorni di pena) per atti sessuali e violenza sessuale per induzione su minore.

La professoressa si costituirà spontaneamente in carcere

Uno dei legali della donna, l’avvocato Alfano, ha annunciato che “Nonostante l’ordine di carcerazione non sia ancora esecutivo la mia assistita si costituirà stasera stessa al carcere di Sollicciano”.

In particolare, il processo alla donna, aveva fatto perno sul fatto che i rapporti sessuali tra lei e il suo allievo sarebbero cominciati prima del compimento dei 14 anni del giovane, quando lei ne aveva già 30.

La corte d’Appello, che si era espressa nel maggio dell’anno scorso, aveva confermato l’orientamento del primo grado, ribaltando invece la posizione del marito della donna: assolto con formula piena dopo una condanna per essersi attribuito la paternità del neonato. Per la docente si aprono quindi le porte del carcere dal momento per questo reato non sono previste pene alternative di detenzione, per cui il carcere è stato obbligatorio. L’imputata “ha di fatto sequestrato la vittima, tra l’altro figlio di una sua amica. Lo ha legato a sé e ha sperato di rimanere incinta, vero è che era delusa di un primo esito negativo del test di gravidanza e lo ha poi ripetuto a una settimana di distanza” aveva sostenuto al processo d’appello l’avvocato Roberta Roviello, legale di parte civile della famiglia della parte offesa.

La difesa: “La nostra assistita cercava affettività: il ragazzo le inviava video espliciti”

Secondo l’avvocato difensore della donna invece, la sua assistita “ha fatto pressioni, ma non sessuali, cercava affettività: sbagliata, malata, eticamente condannabile, ma affettività. L’allievo rispondeva con messaggi dettagliati ed espliciti, suggerendole di guardare dei video per eseguire meglio una prestazione richiesta. Non si ha a che fare con un soggetto passivo che subisce pressioni sessuali, lei lo faceva per sentirsi dire di essere amata. Sbagliando, ma quello voleva, essere amata”.