Inchiesta

Ecco a voi gli “affossatori” della Sicilia

PALERMO – Infrastrutture, rifiuti, lavoro, sanità: da qualsiasi lato lo si guardi, il Sud è indietro rispetto al Nord. E la Sicilia non fa eccezione.

A chi imputare le responsabilità di quello che rischia di essere, specie in alcuni settori, un gap irrecuperabile? A una classe dirigente regionale che nei decenni ha preferito restare a guardare che agire, ma non solo: il divario è a oggi sempre più ampio anche a causa delle disparità di trattamento perpetuate dal Governo centrale, che da decenni penalizza le regioni meridionali. E la situazione non è diversa anche con l’attuale Esecutivo, i cui esponenti sembrano del tutto indifferenti alla questione meridionale.

È grave che sembrino insensibili alla causa anche i quattro ministri siciliani – Lucia Azzolina (Scuola), Alfonso Bonafede (Giustizia), Nunzia Catalfo (Lavoro) e Giuseppe Provenzano (Sud) – i tre sottosegretari (in particolare quello alle Infrastrutture, Giancarlo Cancelleri) e i 74 parlamentari tra 49 deputati e 25 senatori.

Prima di ogni cosa, parlano i numeri. Un esempio su tutti: il 34,3% della popolazione italiana risiede al Sud, ma esso ottiene solo il 28,3% della spesa pubblica nazionale mentre il Nord, che conta una popolazione pari al 65,7% del totale, si accaparra ben il 71,7% del totale della spesa pubblica. Se la matematica non è un’opinione, siamo di fronte a una ripartizione iniqua delle risorse. È proprio dal confronto tra i dati siciliani e quelli lombardi recuperati da svariate fonti autorevoli (Agenda digitale, Istat, ministero dell’Ambiente, Ispra) che l’Isola esce sconfitta. Sempre.

Partiamo dal Prodotto interno lordo. Sulla base dei dati Istat relativi all’anno 2019, la Lombardia ha raggiunto un Pil pro capite che doppia quello siciliano: 39.700 euro contro 17.800 euro. Un analogo scarto si registra anche sul fronte del reddito pro capite: la media siciliana secondo l’Istat è 13.800 euro a testa, quella lombarda arriva invece a 23.300 euro. Tra il reddito di un cittadino siciliano e quello di un lombardo ci sono 10.500 euro di differenza.

La questione infrastrutture è altrettanto emblematica: la Lombardia vanta quasi 11.000 chilometri di strade statali, 1.400 km di autostrade e 2.000 chilometri di strade ferrate. L’Isola ha appena 3.600 chilometri di strade statali, 600 chilometri di autostrade e quasi 1.400 chilometri di strade ferrate. Con i suoi 70.000 chilometri di strade complessivi, la Lombardia batte i neanche 21.000 chilometri di arterie viarie siciliane.

Altra questione dolente per l’Isola è il lavoro: l’Istat ha rilevato un tasso di occupazione che in Sicilia arriva al 41,1% (contro il 68,4 della Lombardia) e un tasso di occupazione giovanile di appena il 30,55% (meno della metà rispetto a quello lombardo).

Sul fronte della sanità, il Rapporto Oasi 2020 realizzato da Cercas–Bocconi, registra una spesa per abitante di 1.959 euro in Lombardia, 54 euro in più rispetto alla Sicilia.

Per quanto riguarda poi il settore innovazione, in Sicilia la fibra ottica copre il 16,9% dei civici. Un dato che non si discosta molto dal 21,1% della Lombardia. Ma è una magra consolazione.

Vi è poi il tallone d’Achille dell’Isola e anche qui non c’è storia: i rifiuti. La Lombardia ne produce 4.800 tonnellate e ne smaltisce in discarica solo il 4%. Risultato lontano anni luce dal 58% delle 2.233 tonnellate di rifiuti siciliani che finiscono in discarica.

Restando nel settore ambiente, un’altra spina sul fianco dell’Isola è quella relativa al sistema della depurazione delle acque reflue. La Sicilia si aggiudica il triste primato di regione con il più alto numero di agglomerati in contenzioso: 251 dei 900 sparsi in tutta la Penisola appartengono alla nostra Isola. La Lombardia ne ha 130. Il ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, in audizione alla Commissione bicamerale Ecomafie sulla gestione delle acque reflue, riportando tali cifre ha spiegato che in Sicilia, “il 73% degli agglomerati è, a oggi, oggetto di contenzioso comunitario. Se riusciamo a risolvere la situazione dell’Isola – ha affermato Costa – l’avremo quasi fatto anche per tutta Italia”. Che in sostanza è quello che il QdS dice da anni: far ripartire la Sicilia per far ripartire l’Italia, trasformando l’Isola da soggetto trainato a soggetto trainante.

L’abisso tra Nord e Sud, insomma, è destinato a rimanere tale – e forse addirittura a estendersi – senza uno sforzo concreto da parte del Governo centrale che consenta al primo di recuperare il gap con il secondo. Uno sforzo di cui, a oggi, non si vede neanche l’ombra.