Fisco

Riduzione termini di accertamento, ecco quando il Fisco “premia” il contribuente

ROMA – Come è noto, l’Amministrazione può procedere alla rettifica della dichiarazione presentata entro un determinato termine di “decadenza”, trascorso il quale l’accertamento non è più fattibile e l’atto non più notificabile.
Secondo l‘articolo 43 del Dpr 29/9/1973 n. 600 (accertamento e riscossione), in materia di imposte dirette il termine di decadenza spira il 31 dicembre del quinto anno successivo a quelle in cui è stata presentata la dichiarazione (sette anni in caso di omissione di dichiarazione).

Anche in materia di Iva, secondo l’articolo 57 del Dpr 26/10/1972 n.633, il termine di decadenza è di cinque anni (31 dicembre del quinto anno successivo a quelle in cui è stata presentata la dichiarazione (sette anni in caso di omissione di dichiarazione).

Eppure esistono casi “premiali” in cui il legislatore, al fine di incentivare alcuni comportamenti virtuosi o comunque utili per evitare qualunque forma di evasione, prevede tempi di decadenza meno lunghi di quelli precedentemente cennati.
È il caso, per esempio, della norma originariamente prevista dall’articolo 3 del Decreto Legislativo n.127 del 5 agosto 2015, più volte modificata, fino a giungere all’attuale versione secondo la quale, a decorrere dall’1 gennaio 2020 e, solo da tale data, anche i commercianti al minuto, esonerati dalla fatturazione, ma che comunicano telematicamente i corrispettivi all’Agenzia della Entrate, possono avvalersi del beneficio in parola.

La disposizione originaria affermava infatti quanto segue: “L’articolo 3 del decreto legislativo n. 127 del 2015 stabilisce ‘Il termine di decadenza di cui all’articolo 57, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e il termine di decadenza di cui all’articolo 43, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, sono ridotti di due anni. La riduzione si applica solo per i soggetti passivi di cui all’articolo 1 che garantiscono, nei modi stabiliti con decreto del ministro dell’Economia e delle Finanze, la tracciabilità dei pagamenti ricevuti ed effettuati relativi ad operazioni di ammontare superiore a euro 500. La riduzione non si applica, in ogni caso, ai soggetti che effettuano anche operazioni di cui all’articolo 22 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, salvo che abbiano esercitato l’opzione di cui all’articolo 2, comma 1, del presente decreto’”.

Poi, però, a seguito della più recente stesura della norma, a decorrere dall’1 gennaio 2020, anche i corrispettivi giornalieri riscossi dai soggetti esentati dalla fatturazione ed indicati all’articolo 22 del Dpr 633/72 memorizzati e trasmessi elettronicamente all’Agenzia delle Entrate, se di importo superiore 500 Euro e se riscossi con strumenti tracciabili, consentono l’applicazione del beneficio.
Giova ricordare che l’articolo 4, comma 1, del Decreto del ministero dell’Economia e delle Finanze del 4 agosto 2016, stabilisce comunque che “i contribuenti comunicano, con riguardo a ciascun periodo d’imposta, l’esistenza dei presupposti per la riduzione dei termini di decadenza […] nella dichiarazione annuale ai fini delle imposte sui redditi”.

Per potere fruire del beneficio fiscale, pertanto, è necessario che annualmente, nella dichiarazione dei redditi, il contribuente segnali il possesso dei requisiti necessari per ottenere la riduzione dei termini di decadenza dell’accertamento.
Volendo sintetizzare, quindi, in base alle norme attualmente esistenti e seguendo anche le istruzioni contenute nella risposta ad interpello dell’Agenzia delle Entrate n. 404 del 2 agosto 2022, i termini di decadenza di cui agli articolo 43 del Dpr. 600/73 e 57 del Dpr 633/72, sono ridotti di due anni a condizione che:

  • I contribuenti adottino (eventualmente anche per scelta qualora non vi siano obbligati) il sistema di fatturazione elettronica:
  • Oppure, se dispensati dalla fatturazione, provvedano alla memorizzazione elettronica dei corrispettivi ed al loro invio telematico all’Agenzia
  • Riscuotano i corrispettivi relativi alle operazioni effettuate (cessioni di beni o prestazioni di servizio), se d’importo superiore a 500 Euro, attraverso sistemi che consentono la loro “tracciabilità”, ossia non in contanti.