Ambiente

Ecoansia: i cambiamenti climatici spaventano sette siciliani su dieci

PALERMO – Il cambiamento climatico e i suoi effetti sembrano aver fatto breccia nei siciliani, che stanno cominciando a vivere con una certa preoccupazione tutto ciò che succede nell’ambiente in cui viviamo. E la scorsa primavera anomala, particolarmente piovosa, non è altro che un segnale di come l’attività antropica abbia, prima con lentezza e poi con una sempre maggiore accelerazione, avuto conseguenze forse irreversibili sull’andamento delle stagioni, con tutto ciò che questo comporta per l’ecosistema.

Secondo i dati Istat, raccolti nella indagine “Aspetti della vita quotidiana”, circa il 71,3% dei siciliani, con più di 14 anni, è preoccupato dall’effetto serra e dal cambiamento climatico, sostanzialmente in linea con la media della penisola, che si ferma al 71%. Molti meno, invece, appena il 32,6% dei siciliani, sono coloro che sono preoccupati dall’inquinamento dei fiumi e dei mari. In questo caso, la media italiana sale al 38,1%. Per macroarea geografica la preoccupazione espressa è maggiore nel Centro e nel Nord piuttosto che nel Mezzogiorno.

Nel 2022, quasi quattro persone di 14 anni e più su 10 si dichiarano preoccupate per l’inquinamento delle acque: al Nord il 39,9% delle persone, al Centro il 38,9% e nel Mezzogiorno il 35,2%. Le cifre sono più alte per quanto riguarda l’effetto serra e i cambiamenti climatici: al Nord si sale al 72,1%, ancora di più al Centro, al 72,7%; il Mezzogiorno, invece, scende al 68,6%. Se si guarda invece ai singoli, l’età sembra incidere sull’attenzione al problema, molto più sentito, tendenzialmente, dai giovani che dalle persone di età più avanzata: le persone più anziane (75 anni e più) manifestano minore sensibilità rispetto al resto della popolazione intervistata. Inoltre, il 22,4% delle persone di 14 anni e più si dichiara preoccupata per il dissesto idrogeologico (frane e alluvioni), ma lo sono in proporzione minore i giovani tra i 14 e i 24 anni (16,6%) rispetto agli adulti di 55 anni e più (25,8%).

Una preoccupazione a vasto raggio, che non è soltanto una questione di sensibilità all’ecosistema o frutto della cosidetta “ecoansia”, ma nasce anche dagli evidenti risvolti economici che lo stravolgimento delle stagioni causa in una regione in cui l’agricoltura ha un ruolo cruciale. Se lo scorso dicembre è stato registrato un caldo anomalo, tale da registrare anche 20 gradi come massima a ridosso delle feste natalizie, i mesi invernali sono stati rigidi, e la primavera non ha ancora dato avvio a quello che è il preludio dell’estate. Questa cosiddetta “altalena climatica” non è certo stata positiva per la produzione mediterranea, che ha sempre goduto di un clima tendenzialmente mite in quasi tutti i mesi dell’anno. Senza dimenticare il fattore siccità, amplificato da infrastrutture dedicate carenti e, quando presenti, spesso obsolete.

Il dipartimento regionale dell’autorità di bacino del distretto idrografico della Sicilia ha comunicato che nelle dighe della regione, all’1 aprile scorso, erano presenti 484,35 milioni di metri cubi, mentre nello stesso periodo dello scorso anno erano 594,81, il 19% in meno. E il problema non è solo per l’agricoltura, ma anche per le famiglie. Nel 2021, misure di razionamento nell’erogazione dell’acqua sono adottate in quasi tutti i capoluoghi della Sicilia, tranne Messina e Siracusa. A Enna si è fatto ricorso, solo in alcune zone della città, alla riduzione dell’acqua per 365 giorni, interessando circa la metà dei residenti. A Caltanissetta il 62,4% dei residenti è stato sottoposto a razionamenti, per 61 giorni in tutto.