Medicina e benessere

Coronavirus e trombosi, gli esperti si interrogano sulle connessioni

in collaborazione con ITALPRESS

ROMA – Durante la prima ondata di diffusione del virus Covid-19 è emerso un legame diffuso fra l’infezione da parte del virus e l’aumento del numero dei pazienti colpiti da complicanze da trombosi.

In questa direzione si è mossa dunque l’analisi scientifica – pubblicata nel mese di luglio 2020 – di Sergio Coccheri, socio fondatore di Alt (Associazione per la lotta alla trombosi e alle malattie cardiovascolari), clinico fra i più esperti del mondo nel campo, che ha esplorato la relazione fra infezione da Covid-19 e il sistema della coagulazione del sangue. “Capire i meccanismi che attivano il sistema della coagulazione del sangue – ha spiegato Coccheri – è fondamentale per comprendere quale relazione pericolosa esista fra le infezioni e le malattie causate da trombosi, venose o arteriose come infarto del miocardio, ictus cerebrale, ischemia, trombosi venose, embolia polmonare”.

La trombosi – ha aggiunto – si verifica spesso nei pazienti colpiti da infezioni gravi che portano a sepsi, ma con meccanismi diversi rispetto a quelli con i quali si manifesta nei pazienti colpiti da Covid-19. In questi pazienti infatti si verifica uno stato infiammatorio molto esteso che provoca una massiccia attivazione del sistema della coagulazione. In particolare vengono coinvolti l’endotelio, che a causa delle sostanze liberate dal sistema immunitario eccitato dal virus, si infiamma; le piastrine che accorrono per prime a spegnere l’incendio sulle pareti dei vasi colpiti; i fattori della coagulazione che attivati dalle piastrine costruiscono il trombo con l’intenzione di guarire la parte malata; il sistema della fibrinolisi che provvede a sciogliere il trombo una volta che questo abbia completato il lavoro di guarigione della parete del vaso colpito”.

Il meccanismo della coagulazione è molto sofisticato e ha lo scopo e la capacità di guarire i tessuti malati, ma può in alcuni casi accendersi in modo incontrollato e causare la formazione di trombi all’interno dei vasi colpiti dall’infiammazione provocata dal virus. “Rimettere il sistema della coagulazione in equilibrio – ha aggiunto la presidente dell’Associazione per la lotta alla trombosi e alle malattie cardiovascolari, Lidia Rota Vender – è compito dei farmaci antitrombotici, che dovrebbero essere usati in modo ritagliato su misura in pazienti diversi, adattando tipo e dosi di farmaco alle caratteristiche individuali di ciascuno: caratteristiche che dipendono dalla storia familiare, personale e dai punti deboli di ogni singolo paziente. Pazienti diversi rispondono in modo variabile a farmaci identici”.

Numerosi i gruppi di ricercatori che negli ultimi mesi hanno pubblicato diversi lavori scientifici relativi alla pericolosa correlazione tra infezione da Covid-19 e trombosi con l’obiettivo di fornire indicazioni puntuali sulle terapie antitrombotiche più efficaci da utilizzare nei pazienti colpiti. In una revisione pubblicata su “Current cardiology report” nel giugno 2020 è emerso che ben 31 pazienti su cento fra quelli colpiti da Covid-19 hanno avuto complicazione da trombosi e che l’uso di farmaci antitrombotici a dosaggio più alto rispetto all’abituale ha avuto impatto positivo sui pazienti ad alto rischio.

“Sono stati formulati – ha aggiunto la presidente di Alt – metodi di quantificazione del rischio di ogni singolo paziente dimostrando che ciascuno deve essere considerato nella sua peculiarità e ricevere dosi di farmaci anticoagulanti specificamente ritagliate sulle sue caratteristiche”.

“Scegliere fra diversi farmaci antitrombotici e diverse dosi – ha concluso – richiede grande attenzione da parte del medico, che si trova a dover rispettare il fragile equilibrio fra l’efficacia del farmaco anticoagulante nel rendere il sangue più fluido del normale e il rischio di emorragia che incombe sempre quando la fluidificazione del sangue si rivela eccessiva”.