Contrazione del numero delle banche regionali e degli sportelli, riduzione del numero dei dipendenti “ben oltre i livelli medi del Paese e solo in parte giustificata dall’evoluzione tecnologica e digitale”, costo del denaro più alto per imprese e famiglie rispetto alle altre Regioni “sebbene questo differenziale tenda lentamente ad attenuarsi”.
Sono alcune delle trasformazioni del sistema del credito in Sicilia dovute agli effetti determinati dalla pandemia da Covid-19. La fotografia dei mutamenti emerge dal “Rapporto del credito 2021” presentato dall’assessore regionale all’Economia, Gaetano Armao, in conferenza stampa. “E’ un quadro con chiari e scuri – ha detto l’assessore all’Armao – da cui scaturisce la conferma che anche nel settore credito permane il divario Nord-Sud che si aggrava se connesso alla condizione insulare che svantaggia ancora più i territori. Vogliamo contrastare per esempio la riduzione degli sportelli confrontandoci con l’Abi”.
Durante il 2020, in Sicilia sono stati chiusi 54 sportelli (-4,4%) “con la drastica riduzione del numero dei comuni serviti da banche”. Negli ultimi tredici anni sono scomparsi 664 sportelli, “tendenza che pur in linea con quella del Sud è sensibilmente maggiore rispetto al Centro-Nord”.
Le banche presenti nell’isola, alla fine dell’anno scorso, con almeno uno sportello sono 49, diciotto quelle con sede nel territorio regionale; rispetto all’anno precedente risultano quattro intermediari bancari in meno, “effetto di operazioni di concentrazione tra banche di credito cooperativo (Bcc) con sede in Sicilia”.
Nel giro di un anno, i depositi sono aumentati in modo consistente: da 63 a 70 miliardi di euro, gli impieghi sono rimasti pressoché invariati anche se sono aumentati quelli verso le imprese (+600 milioni circa), le sofferenze sono diminuite (dal 6,8 al 4,9%). In calo i tassi d’interesse sui prestiti alle famiglie che rimangono tuttavia un punto percentuale superiore rispetto al sistema Paese e alla media del Mezzogiorno.