Impresa

Effetto Covid sulle città, ecatombe per commercio al dettaglio

“Per fermare la desertificazione commerciale delle nostre città, bisogna agire su due fronti: da un lato, sostenere le imprese più colpite dai lockdown e introdurre finalmente una giusta web tax che risponda al principio ‘stesso mercato, stesse regole’. Dall’altro, mettere in campo un urgente piano di rigenerazione urbana per favorire la digitalizzazione delle imprese e rilanciare i valori identitari delle nostre città” ha detto oggi il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, commentando i dati relativi alla “Demografia d’impresa nelle città italiane” dell’Ufficio Studi della Confederazione.

Questi evidenziano una progressiva “desertificazione” come suggerito dallo stesso Sangalli: dal 2012 ad oggi sono sparite 77mila attività e nel 2021 chiuderà 1 impresa su 4 nel settore ristorazione e alloggio.

Nel 2021, causa Covid, solo nei centri storici dei 110 capoluoghi di provincia e altre 10 città di media ampiezza – oltre ad un calo ancora maggiore per il commercio al dettaglio (-17,1%) – si registrerà infatti la perdita di un quarto delle imprese di alloggio e ristorazione (-24,9%).

Quindi, città con meno negozi, meno attività ricettive e di ristorazione e solo farmacie e informatica e comunicazioni in controtendenza col segno più. Il rischio di non “riavere” i nostri centri storici come li abbiamo visti e vissuti prima della pandemia è, dunque, molto concreto e questo significa minore qualità della vita dei residenti e minore appeal turistico.

Tra il 2012 e il 2020 – secondo l’analisi dei dati – si è verificato un cambiamento del tessuto commerciale all’interno dei centri storici che la pandemia tenderà a enfatizzare. Per il commercio in sede fissa, tiene in una qualche misura il numero dei negozi di base come gli alimentari (-2,6%) e quelli che, oltre a soddisfare bisogni primari, svolgono nuove funzioni, come le tabaccherie (-2,3%); significativi sono, invece, i cambiamenti legati alle modificazioni dei consumi, come tecnologia e comunicazioni (+18,9%) e farmacie (+19,7%), queste ultime diventate ormai luoghi per sviluppare la cura del sé, oltre alla tradizionale funzione d’approvvigionamento di medicinali.

Il resto dei settori merceologici è, invece, in rapida discesa: si tratta dei negozi dei beni tradizionali che si spostano nei centri commerciali o, comunque, fuori dai centri storici che registrano riduzioni che vanno dal 17% per l’abbigliamento al 25,3% per libri e giocattoli, dal 27,1% per mobili e ferramenta fino al 33% per le pompe di benzina. La pandemia acuisce questi trend e lo fa con una precisione chirurgica: i settori che hanno tenuto o che stavano crescendo cresceranno ancora, quelli in declino rischiano di scomparire dai centri storici. Quanto alle dinamiche riguardanti ambulanti, alberghi, bar e ristoranti, a fronte di un processo di razionalizzazione dei primi (-19,5%), per alberghi e pubblici esercizi, che nel periodo registrano rispettivamente +46,9% e +10%, il futuro è molto incerto.

Qds.it ha raccolto i dati relativi alle principali città siciliane: sensibili cali si registrano a Palermo, dove dal 2012 oltre 530 attività commerciali al dettaglio del centro storico hanno calato saracinesca, come anche oltre mille imprese fuori dal centro, collocate in altre zone del capoluogo.

Situazione analoga nel catanese: per le attività commerciali etnee, dal 2012 al 2020, oltre cinquecento attività fuori dal centro e più di un centinaio nel cuore di Catania hanno smesso di esistere.

Lieve calo invece per Messina e Trapani, che subiscono perdite relativamente inferiori alle principali città dell’isola.

Di seguito tutti i dati relativi alle altre principali città siciliane.

Occorre dunque reagire per dare una prospettiva diversa alle nostre città che rappresentano un patrimonio da preservare e valorizzare.
Le direttrici percorribili attualmente sembrano essere tre: un progetto di rigenerazione urbana, l’innovazione delle piccole superfici di vendita e, soprattutto, una giusta ed equa web tax per ripristinare parità di regole di mercato tra tutte le imprese.

Gioacchino Lepre