Politica

Italiani e siciliani chiamati alle urne: il Paese e la Regione al bivio

Un voto che sa di svolta. Che racchiude le coordinate per gestire il delicato passaggio storico che l’Italia e la Sicilia stanno già vivendo – insieme al resto del mondo. La guerra, che potrebbe presto diventare mondiale, la minaccia nucleare e la crisi economica, che già mostra le sembianze di una delle più dure mai attraversate, saranno le gatte da pelare che si ritroverà chi vincerà questa tornata elettorale. A Roma come a Palermo.

Il voto nazionale e gli scenari

Che sia nazionale o regionale, l’appuntamento con il 25 settembre sembra di quelli che potrebbero segnare un nuovo punto di partenza per il Paese Italia e per la regione Siciliana. Più nel primo caso, dove la sfida sembrerebbe implicare aspetti particolarmente delicati: la posizione internazionale dell’Italia e il suo rapporto con l’Europa, in primis. Ma anche il caro energia, la modifica della Carta costituzionale, la gestione dei fondi europei e le conseguenze del caro vita e dell’inflazione nonché quelle della crisi economica che si sta abbattendo sulle aziende. Da domani, chi sarà al governo sa che dovrà affrontare patate più che bollenti. dalla cui gestione dipenderà il futuro dell’Italia e degli italiani.

Le elezioni e le sfide della Sicilia

A una latitudine più bassa, in Sicilia, il passaggio non è certo meno delicato: anche sull’Isola, la sfida elettorale non è certo differente. Il prossimo governo dovrà prendere importanti decisioni su questioni rinviate già da troppo tempo. La gestione dei rifiuti, innanzitutto, un’emergenza senza fine che, oltre che dannosa per l’ambiente e la salute, è enormemente costosa. E per questo non più accettabile. Passando per le infrastrutture, necessarie per vivacizzare l’economia; dalla gestione oculata dei soldi pubblici e dei finanziamenti. Dal sostegno a chi, schiacciato dalla crisi, potrebbe non farcela. La prospettiva non è affatto rosea.

Votare, atto doveroso

Un momento delicato, dunque. Un passaggio storico di quelli che sanno di cesura e che, anche solo per questo, vanno partecipati. Con il voto, recandosi alle urne. Un atto doveroso. Per quanto anche l’astensione sia un diritto costituzionale e che l’obbligo stonerebbe con i principi democratici, è vero anche che lasciare la scelta ad altri, oggi, ha un peso forse diverso. Troppe le implicazioni per non partecipare, per non voler essere parte delle scelte che, inevitabilmente, incideranno sulla vita di tutti. L’idea che più del 40% non si presentii alle urne è doloroso per la democrazia, nonché rischioso. Preservarla è fondamentale.