Non si trova ancora la quadra sulle candidature del centrodestra alle prossime amministrative di maggio in Sicilia. Nonostante i vertici ormai settimanali nella coalizione, i partiti continuano ad essere su posizioni diverse sui nomi. Perché, checché se ne dica tramite le dichiarazioni ufficiali, secondo le quali si cerca una sintesi sui programmi, alla fine, come sempre, il problema sono invece i candidati.
Ieri, a Catania, si è tenuto un altro incontro sul tema. Perché, nonostante si voti in diversi comuni e in un altro capoluogo, cioè Trapani, è proprio su Catania che i nodi vengono al pettine.
E lo ha ribadito, al termine dell’incontro di Forza Italia con il presidente della Regione Renato Schifani, il nuovo commissario regionale azzurro, Marcello Caruso. “Credo che noi dobbiamo far vincere la buona politica – ha detto Caruso ai giornalisti – e, se mi permettete, da buon palermitano, fare vincere anche Catania è una cosa fondamentale”. Peccato, però, che al momento il centrodestra sia molto lontano dal trovare una soluzione.
Ci sono due questioni che, anche se collateralmente, toccano due nuovi (ma vecchi) protagonisti della politica siciliana: Raffaele Lombardo e Totò Cuffaro. I due ex presidenti, liberati dalle questioni giudiziarie, sono tornati a fare politica nei loro partiti di riferimento, la Democrazia Cristiana e il Movimento per le Autonomie, e giovedì scorso erano presenti (Lombardo è stato “sostituito” dal sindaco di Adrano, Fabio Mancuso) al vertice di maggioranza dove si è discusso sul tema. Due partiti che, certo, sono attualmente marginali dal punto di vista delle percentuali, ma comunque importanti per puntellare una maggioranza che litiga fin dall’insediamento del governo.
Lombardo soltanto due giorni fa ha annunciato (o minacciato) la sua candidatura a sindaco di Catania “se non si troverà l’unità della coalizione”. E “l’unità” sembrerebbe essere rappresentata da Ruggero Razza, delfino di Nello Musumeci, ex assessore alla Salute nella sua passata giunta regionale, ma gradito, pare, anche a Lombardo “per una stima personale”, sussurrano dall’Mpa.
Razza metterebbe d’accordo quasi tutti: Fratelli d’Italia, che vuole un “suo” candidato nella corsa a sindaco del capoluogo etneo, dopo che ha rinunciato a quella da presidente della Regione in favore di Schifani, e forte anche delle percentuali che lo hanno visto e lo vedono tutt’ora primo partito in Italia. La candidatura pare andrebbe a genio anche a Forza Italia, visto che l’ex assessore sedeva accanto ad un altro ex della giunta Musumeci e oggi di nuovo assessore con Schifani, Marco Falcone. Più defilata, ma pronta a guadagnare posizioni nelle prossime ore, l’ipotesi Parisi.
Il nome di Razza probabilmente andrebbe bene anche a Cuffaro e alla Democrazia Cristiana. “La Dc nelle città capoluogo non esprimerà candidati”, dicono dal partito. Perché per loro la partita è su altri comuni, come per esempio Licata. Lì è già in corsa il consigliere comunale uscente Angelo Iacona, e dal partito sperano in un sostegno della coalizione al loro candidato (a Licata come in altri piccoli comuni) in cambio del placet sui nomi dei capoluoghi.
Ruggero Razza potrebbe già essere il candidato ufficiale del centrodestra, se non fosse per un piccolo particolare che si chiama Lega, e per un politico che si chiama Luca Sammartino. Ormai ribattezzato “il nuovo Lombardo”, il vicepresidente della Regione a Catania ha un’influenza (e un consenso elettoriale) che non si può trascurare. E su Razza c’è il suo veto.
Sarà per questo che un paio di giorni fa è uscito anche il nome (i cartelloni elettorali) di Valeria Sudano, vicinissima a Sammartino, sul quale c’è stato l’endorsement di Matteo Salvini in persona.
Una mossa che a Fratelli d’Italia non è piaciuta affatto, e che nel corso del vertice di ieri a Catania è stata “disinnescata” da Renato Schifani. “Vorrei dimenticare cosa è successo – ha detto ieri Schifani – perché il nuovo commissario regionale della Lega ha chiarito che quella di Valeria Sudano era una proposta di candidatura, quindi ha ridimensionato questa iniziativa”.
Anche il coordinatore di Forza Italia Caruso ha detto che “un nome non vale l’altro”. E quindi, alla fine, è sempre una questione di nomi. Per questo, con ogni probabilità, alla fine la palla passerà a Roma, come ribadito a più riprese da un altro big catanese di Fdi, Manlio Messina: “Il nome? Verrà deciso a Roma da Meloni, Salvini e Berlusconi”.