Lo scorso 15 giugno, sul Guardian è apparsa la notizia di un’importante scoperta di Cambridge e Caltech che può rivoluzionare lo studio per le malattie genetiche. I risultati, che verranno pubblicati su una rivista scientifica nei prossimi mesi, sono stati svelati dalla biologa Magdalena Zernicka-Goetz, biologa del CalTech e dell’università di Cambridge, che è intervenuta all’incontro annuale dell’International Society for Stem Cell Research a Boston.
Stando a quanto riferito dalla ricercatrice il gruppo di lavoro è riuscito a “creare modelli simili a embrioni umani riprogrammando le cellule staminali embrionali”. In attesa dei dettagli, gli scienziati affermano che questi embrioni modello potrebbero fornire una finestra cruciale per studiare sia le malattie genetiche, sia le cause biologiche degli aborti ricorrenti. Le strutture ottenute dalle cellule staminali, riporta il Guardian, non hanno un cuore pulsante o l’inizio di un cervello, ma includono cellule che normalmente andrebbero a formare la placenta, il sacco vitellino e l’embrione stesso.
Si tratta di un obiettivo che diversi team di ricerca perseguivano da tempo ma che non era mai stato raggiunto per l’uomo. Nonostante il risultato sia ancora lontano e i ricercatori non abbiano posto l’obiettivo tra quelli perseguiti, potenzialmente gli embrioni derivati potrebbero essere utilizzati a fini riproduttivi, e il fatto che non siano ancora regolamentati da una cornice legislativa potrebbe dare origine a importanti interrogativi etici nel prossimo futuro.
Le linee guida della legge 40/2004, che regola la PMA, la procreazione medicalmente assistita, in Italia, prevedono l’utilizzo in prima istanza delle opzioni terapeutiche più semplici e meno invasive. Dal 2014 la Corte Costituzionale ha fatto decadere il divieto di fecondazione eterologa nel nostro Paese, ossia la fecondazione in cui uno o entrambi i gameti provengono da un donatore esterno alla coppia, e pertanto le tecniche che oggi possono essere utilizzate sono sia omologhe che eterologhe. La PMA, comunemente detta “fecondazione artificiale”, è l’insieme delle tecniche utilizzate per aiutare il concepimento in tutte le coppie, nei casi in cui il concepimento spontaneo è impossibile o estremamente remoto e nei casi in cui altri interventi farmacologici e/o chirurgici siano inadeguati.
All’art. 13 indica che è vietata qualsiasi sperimentazione su ciascun embrione umano e che la ricerca clinica e sperimentale su ciascun embrione umano è consentita a condizione che si perseguano finalità esclusivamente terapeutiche e diagnostiche ad essa collegate, volte alla tutela della salute e allo sviluppo dell’embrione stesso, e qualora non siano disponibili metodologie alternative. Sono comunque vietati la produzione di embrioni umani a fini di ricerca o di sperimentazione, ogni forma di selezione a scopo eugenetico degli embrioni e dei gameti ovvero interventi che, attraverso tecniche di selezione, di manipolazione o comunque tramite procedimenti artificiali, siano diretti ad alterare il patrimonio genetico dell’embrione o del gamete ovvero a predeterminarne caratteristiche genetiche, interventi di clonazione mediante trasferimento di nucleo o di scissione precoce dell’embrione o di ectogenesi sia a fini procreativi sia di ricerca e la fecondazione di un gamete umano con un gamete di specie diversa e la produzione di ibridi o di chimere.
Di fatto, chiamare sintetici gli embrioni ottenuti con questo modello di ricerca scientifica, è decisamente fuorviante: queste strutture sono biologiche e non sintetiche. L’unica cosa sintetica è la riprogrammazione di cellule che derivano però da embrioni umani. L’annuncio fatto all’incontro annuale dell’International Society for Stem Cell Research a Boston, ora, dovrà essere pubblicato su una rivista scientifica, cosa che, come annunciato dalla biologa Magdalena Zernicka-Goetz, avverrà a breve.
A seguito dell’annuncio della creazione di embrioni umani a partire da cellule staminali, seppur in attesa della pubblicazione della ricerca, il mondo scientifico si interroga sull’evoluzione dell’utilizzo delle cellule staminali e sulle sue possibile ulteriori novità. QdS ha intervistato il dottor Giovanni Ruvolo, biologo e biotecnologo, responsabile del laboratorio di embriologia del Centro italiano di procreazione assistita di Roma, embriologo presso il centro di biologia della riproduzione di Palermo e membro del direttivo nazionale della Società Italiana di Riproduzione Umana.
Si tratta di una novità scientifica di grande rilievo…
“Sì, obiettivamente si tratta di un grande passo avanti perché l’obiettivo di avere strutture simil embrionarie su cui poter approfondire aspetti che riguardano sia la ricerca di base sia quella applicata è una sorta di sogno nel nostro ambito professionale”.
In realtà, si è trattato di un annuncio…
“Non essendo ancora stati pubblicati i dati, gli elementi su cui riflettere sono ancora molto pochi. Il gruppo di ricercatori inglese che ha fatto l’annuncio ha un’ottima esperienza in questo ambito, esperienza che ha sviluppato sul modello del topo. Su questo modello gli studi sono molto interessanti e promettenti perché erano già riusciti a ottenere, da embrioni di topo, linee cellulari in vitro che avevano prodotto strutture embrionali avanzate, quindi oltre i 14 giorni che è l’epoca massima finora ottenuta per sistemi di coltura extra corporee, ma soprattutto il passo avanti che avevano compiuto era che l’organizzazione dell’embrione che avevano ottenuto era stato possibile mettendo insieme diversi tipi di cellule”.
Ci può spiegare meglio?
“In un embrione umano, o in generale di un mammifero, le strutture cellulari sono di diverso tipo. Ci sono alcune cellule dell’embrione, specializzate per dare origine al feto, che si chiamano cellule del bottone embrionale. Nello stesso embrione ci sono altre cellule che hanno un differenziamento diverso, dando origine alle cellule della placenta, importantissime per prendere contatto con l’utero e sviluppare il sistema sanguigno che poi nutrirà il feto durante la gravidanza. In passato altri ricercatori avevano utilizzato le cellule staminali del bottone embrionale, sviluppandole per ottenere staminali che davano origine a cellule muscolari, neurologiche e di altro tipo. Questo gruppo di ricerca, invece, è riuscito a isolare le diverse cellule pur mantenendole assieme in vitro. Questa interazione tra cellule diverse ha consentito di riformare strutture embrionali che sopravvivono anche in ambiente extra corporeo. Tutto ciò è già stato oggetto di pubblicazione tant’è che, su modelli di topo, sono state ottenute strutture embrioidi, non veri e propri embrioni ma cellule che partono dall’embrione ma che sviluppano strutture embrionali autonome successive ottenendo, ad esempio, il battito cardiaco sempre all’interno dell’embrione. Tutto ciò, nell’umano, non era mai stato ottenuto. Si tratta di un risultato molto interessante ma che apre a domande di natura etica importanti”.
Perché?
“Chiaramente per ottenere, nell’umano, strutture embrioidi si parte sempre da cellule embrionali. Questo significa che si è costretti a sacrificare strutture embrionali al fine di derivarne altre. Questo, in Italia, è vietato dalla legge 40 del 2004 e un esperimento del genere è impossibile. Certamente l’idea di ottenere embrioni che non derivino direttamente da ovociti e spermatozoi, è una prospettiva interessante perché su questi modelli si possono fare sperimentazioni per la correzione di patologie genetiche o si possono testare gli effetti di molecole di contaminanti ambientali per vedere l’effetto che hanno sulle cellule embrionali. Se l’ottenimento di queste strutture, come si è fatto nel topo, dipende dal sacrificare embrioni umani da cui prelevare le cellule per realizzare altre strutture embrionali, apre un dibattito di natura etica significativo”.
Stiamo sfidando il concetto di procreazione naturale?
“Quando, alcuni anni fa, esplose il dibattito sulla clonazione nella specie umana, le domande che si ponevano erano queste. La clonazione, tecnologia ampiamente conosciuta e utilizzata nel modello animale, aprì un forte dibattito perché tale tecnica, applicata all’umano, avrebbe superato l’evento procreativo perché da un embrione si sarebbero potuto ottenere un numero infinito di cloni che potevano generare altri embrioni, ossia bambini, senza ricorrere al processo fecondativo tra ovocita e spermatozoo. In quel momento la comunità scientifica si è dimostrata molto solida e coesa e, attraverso le principali società scientifiche mondiali, ha posto dei veti, dei limiti che sono diventati interventi normativi e legislativi che hanno impedito questo processo. In questo caso, se l’ottenimento di strutture simil embrionali non passano dal processo procreativo fisiologico, dal sacrificio di embrioni e dall’utilizzo di embrioni per fini diversi dalla procreazione ma è finalizzato all’attività di tipo sperimentale per migliorare la qualità della vita delle persone, si può ritenere accettabile. Ovvio che se questo invece diventa un escamotage per ottenere un processo di clonazione, si riaprirà il dibattito che inevitabilmente porterà alla medesima conclusione, ossia che il rispetto dell’unicità della vita, che deriva dall’incontro tra ovocita e spermatozoo sia radicato nella coscienza dei ricercatori nel mondo”.
La notizia dell’ottenimento di cellule embrionali umane in laboratorio apre la discussione in ambito etico e religioso. Ci sono limiti che la scienza non dovrebbe superare? QdS ne ha parlato con don Antonino Sapuppo, teologo, docente di teologia e direttore dello Studio Teologico S. Paolo di Catania.
Don Antonino, aver raggiunto quest’obiettivo può mettere in discussione il concetto puro e originario di procreazione?
“Certamente, ma non solo. È necessario chiarire i termini. In questo caso si parla di una ricerca in ambito internazionale che è espressione di una corrente scientifica che considera le cellule embrionali come elemento soggetto di ricerca. Partiamo dal presupposto che non tutti gli Stati danno la possibilità di una ricerca sugli embrioni umani, e l’Italia è fra questi. In Italia, pertanto, non è possibile produrre embrioni umani per la ricerca né manipolarli, tranne che in casi di elementi di carattere terapeutico. L’articolo nasce da un contesto in cui l’embrione umano è semplicemente un agglomerato di cellule oggetto di ricerca. Cos’è avvenuto? Diversi sono i modelli, i protocolli scientifici da cui partire e che in questo momento sono in auge, che utilizzano cellule staminali, embrioni umani per la ricerca al fine di capire i meccanismi più interni della vita. A questo elemento di carattere puramente scientifico, che non tutti gli scienziati approvano, visto che l’argomento diventa etico, sono necessarie alcune valutazioni. Dal punto di vista cattolico, l’embrione è una vita umana che non può essere oggetto di alcuna manipolazione. È evidente che la prospettiva è diversa perché, mentre per alcuni si tratta di agglomerati di cellule, per noi si tratta di una vita umana e quindi non possiamo modificarla a piacimento. Dal punto di vista concettuale i passaggi successivi potrebbero essere affascinanti, avere una certa indole di evoluzione e novità ma, nella scienza, è necessario operare con coscienza. Già nel giuramento di Ippocrate si indica che ‘non tutto ciò che si può fare si deve fare’ e questo principio è ancora vigente”.
Come lei indicava, in Italia, grazie alla legge 40 del 2004, in Italia questa manipolazione scientifica non è possibile ma questa legislazione non è prevista in molti Stati, compreso il Regno Unito, in cui questa ricerca si è sviluppata. Siamo, però, in un’era in cui la globalizzazione è totale e potremmo trovarci nella situazione in cui in Italia vengano importati i risultati di questa manipolazione…
“Vero. In realtà è possibile ottenere i medesimi risultati, o simili, anche attraverso altre vie di protocollo di sperimentazione. Esistono scuole di pensiero scientifico che oggi seguono questi modelli e la loro pubblicazione significa diffusione. Per arrivare a certi fini, però non possiamo utilizzare tutti i mezzi. Più avanti si va, sul fronte della ricerca scientifica, le biotecnologie metteranno a disposizione tecniche che andranno ad addentrarsi nella vita sin dalle sue prime fasi. Proprio per questo è necessario formalizzare delle linee guida etiche non che possano non ostacolare la ricerca ma creare ordine nella ricerca. Non possiamo pensare, però, che cellule embrionali, in cui c’è la vita umana secondo la nostra confessione religiosa, siano oggetto di manipolazione e, senza dubbio, la vita umana nasce nel momento del concepimento. La sperimentazione attuale, peraltro, sta spingendosi verso colture di embrioni non solo di specie umana, i cosiddetti embrioni ibridi o chimera. L’embrione di questo tipo, in realtà un pasticcio genetico, seppur molto affascinante che riecheggia la mitologia, quegli creature in parte umane e in parte animale. Ma è fondamentale seguire vie in cui il valore della vita umana sia mantenuto sin dalle prime fasi della sua esistenza che, per noi, sono gli embrioni”.
Lei parla di embrioni come di vita umana. Risulta evidente, dalle sue parole, che la Chiesa tiene conto delle ricerche scientifiche in atto senza alcuna operazione di oscurantismo…
“Assolutamente. La Chiesa non è ostile alla ricerca scientifica ma deve trattarsi di una ricerca fatta di senso, di una ricerca che deve tenere conto di alcuni principi”.
Dalla fine del secolo scorso, dopo la loro scoperta, le cellule staminali stanno diventando un elemento di ricerca e comprensione molto importante…
“Le cellule staminali sono cellule presenti nel nostro organismo che hanno una grande capacità di plasticità, ossia che possono trasformarsi in linee cellulari diverse da quelle di origine. Pensare che dalle cellule staminali possano essere prodotti embrioni è sicuramente affascinante ma l’embrione umano si ottiene da uno spermatozoo e un ovocita che dà vita ad uno zigote, con la differenziazione embrionaria. In questo caso non si produce una cellula muscolare o epatica ma si ottiene vita umana. La ratio di questi modelli è data dalla ricerca dei meccanismi biochimici, fisiologici, tipicamente scientifici della vita ma è necessario valutare se il mezzo per ottenere questi meccanismi sia lecito e forse l’ottenimento di embrioni umani da cellule staminali non lo è. È necessario capire come la bellezza del progresso scientifico, con le nuove conoscenze biotecnologiche, si possa coniugare con principi etici fondamentali perché stiamo parlando di vita umana che non può essere manipolata”.