Sicilia

L’emergenza a Lampedusa, il commento aspro del vescovo Lorefice

“Dove andrebbe oggi Padre Pino Puglisi? Probabilmente sul molo di Lampedusa. Non rimarrebbe a guardare impotente la morte di chi annega a pochi metri da un approdo, la disperazione di chi vede i propri figli morire alla fine di un viaggio in cui era riposta l’estrema speranza di sopravvivere. Certamente reagirebbe di fronte al disorientamento e alla frustrazione di migliaia di fratelli sopravvissuti sì, al viaggio e alle violenze, ma per essere lasciati senza cibo né acqua. O addirittura respinti, ancora una volta, con cariche e manganellate, per ordine di coloro che hanno deciso di creare la finta emergenza della loro reale disperazione”. È’ il duro atto d’accusa dell’arcivescovo di Palermo, monsignor Corrado Lorefice, a pochi giorni dal trentesimo anniversario dell’omicidio per mano mafiosa del parroco di Brancaccio.

“Se i governanti, prima di decidere e di progettare, si confrontassero, Padre Pino, con la tua esistenza a Brancaccio – prosegue in una lettera aperta – !”. “Non sceglierebbero la via del mantenimento dei flussi irregolari, del finanziamento vergognoso di governi dittatoriali e corrotti in cambio della creazione di campi di concentramento finalizzati al blocco dei flussi, una scelta che grida vendetta al cospetto di Dio. Lo sappiamo: abbiamo dimenticato il tuo impegno, la tua vita donata, le trasformazioni che hai operato. Finora, invece, abbiamo scelto la via del respingimento o della morte in mare di tanti innocenti, dello smantellamento dell’accoglienza, della mancanza di ogni progettualità e di ogni politica di integrazione e di accoglienza”, conclude Lorefice.

Immagine d’archivio