Intervista

“Distribuiamo la spesa a 6mila famiglie, anche a persone con un piccolo reddito”

Sant’Egidio è nata nel 1968, all’indomani del Concilio Vaticano II, per iniziativa di Andrea Riccardi in un liceo di Roma. Con gli anni è divenuta una rete di comunità che, in oltre 70 paesi del mondo, con una particolare attenzione alle periferie e ai periferici, raccoglie uomini e donne di ogni età e condizione, uniti da un legame di fraternità nell’ascolto del Vangelo e nell’impegno volontario e gratuito per i poveri e per la pace. A proposito della povertà inteviene al QdS Emiliano Abramo, presidente Comunità di Sant’Egidio Sicilia.

Presidente, inizierei indicando il territorio su cui operate…
“Operiamo in tutta la Sicilia e, in modo particolare, le prime tre città dell’isola ossia Palermo, Catania e Messina”.

Quanto è ampia la platea delle persone che assistite?
“Distribuiamo la spesa a oltre 6000 nuclei familiari in tutta l’isola ma stiamo notando una crescita perché, come ci mostrano i dati dell’Istat, più di un quarto della popolazione siciliana è al di sotto della soglia di povertà”.

Chi si presenta alla vostra porta?
“Oggi si presentano da noi anche persone che hanno un piccolo reddito, a volte anche di un migliaio di euro, ma che pagano un affitto, hanno una spesa imprevista, hanno un lutto e devono sostenerne le spese, e questo fa ‘saltare il banco’”.

Chi sono i nuovi poveri?
“Sono italiani, tendenzialmente anziani e hanno le preoccupazioni non solo personali ma anche dei tanti membri della famiglia disoccupati o che hanno spese improvvise”.

Avete notato anche, tra i nuovi poveri, persone che non lo erano qualche anno fa? Ne avete rilevati anche in quella fascia della popolazione che fino a qualche anno fa si sentiva garantita, ossia il ceto medio?
“Sicuramente il c.d. ceto medio si è ridotto e ha subito un’erosione. Vediamo la crescita dei ‘ricchissimi’ e quella dei ‘poverissimi’ mentre la fascia intermedia, la vecchia borghesia è notevolmente ridotta. Assistiamo, inoltre, alla richiesta di aiuto anche da parte di piccoli commercianti così come qualche studente universitario”.

Il cibo non è ancora inteso come un diritto umano…
“Il tema più complessivo è che la civilissima e democratica Europa, così come l’Italia, non mette al centro i diritti umani, quelli scritti e quelli percepiti umanamente come tali, come il diritto a ben alimentarsi. Basta vedere quello che sta succedendo in queste ore con i migranti, come sono trattati, l’incapacità di creare condizioni di accoglienza adeguati. La mia non è una valutazione politica ma umana. Questo fa capire che la centralità dell’uomo o riguarda tutto o niente. Non possiamo immaginare di essere bravi a trattare i poveri locali se non siamo in grado di trattare quelli che vengono, da altri luoghi, a bussare alle nostre coste”.

Per rivolgersi ai vostri servizi, ritengo sia necessario superare il pudore personale del chiedere aiuto. Qual è rapporto tra voi e gli assistiti?
“La forza di Sant’Egidio è che continua a rimanere nei luoghi dei poveri, attraverso le scuole della Pace, le scuole per i bambini, la distribuzione di generi alimentari la sera per chi vive per strada ma anche vicino a chi va, come tanti siciliani, a cercare cibo perché non riesce a comprarlo e a conservarlo a seguito della mancanza di energia elettrica nel luogo in cui vivono. Questa presenza di Sant’Egidio nei luoghi dei poveri crea continuità, contiguità, dialogo e amicizia. È più facile chiedere aiuto a un amico o farsi accompagnare da un amico. Ricordo in tempo di pandemia persone che ci aiutavano e che oggi sono entrate in difficoltà e chiedono aiuto. Bisogna sconfiggere l’ipocrisia perché, come ha detto Papa Francesco ‘siamo tutti sulla stessa barca’ e creare contrapposizione cercando di allontanare chi ha da chi non ha con questa sorta di razzismo gentile di alcune parti della società è qualcosa che non deve solo preoccupare ma dobbiamo capire che ci allontana dall’unico futuro possibile, quello della società del convivere”.

Qual è il supporto che vi permette di continua a operare?
“La Comunità di Sant’Egidio non è un pozzo di San Patrizio ma non si può permettere il lusso di ignorare le domande che ci sono rivolte. Ciò non vuol dire che si vuole sostituire alle Istituzioni ma il dialogo con le tante realtà, tipo il Banco Alimentare o la Caritas, ci permettono di rispondere alla richieste che ci vengono rivolte. Ritengo che sia necessario anche usare la creatività. Qualche settimana fa, proprio sul vostro giornale, avete pubblicato un’intervista al professor Vecchio, il Garante per l’infanzia e l’adolescenza, in cui faceva riferimento alla legge regionale 16/2021, la c.d. legge sulla povertà. Ho collaborato attivamente alla scrittura di questa norma, una legge che nel suo art.2 comma 1 trova 5 milioni di euro da destinare al contrasto della povertà alimentare. Si tratta di uno stanziamento che è stato riconfermato anche dall’attuale presidente Schifani. Al centro è necessario porre i bisogni dei poveri, che vuol dire cibo, abitazione e socialità, e questo avviene in una società in cui c’è posto per tutti e c’è un dialogo in cui al centro si mettono gli altri. Non si tratta più di un’emergenza ma di una condizione di fatto alla quale dobbiamo trovare una via d’uscita, forse non per tutti ma almeno per tanti”.