PALERMO – Senza una guida precisa la barca rinnovabile isolana rischia di andare fuori dalle rotte comunitarie. Lo dicono le stime relative ai consumi finali lordi di energia coperta da fonti rinnovabili (Fer) – stabilite a livello regionale nel decreto burden sharing che vedono una Sicilia, finora in regola con gli impegni presi, che potrebbe però sforare i target previsti per il 2018 e quello finale per il 2020. I numeri arrivano dal “Monitoraggio dei target nazionali e regionali”, pubblicato alla fine di luglio dal Gestore dei servizi energetici. A fare la differenza l’impegno previsto nel nuovo Piano energetico regionale – avviata la consultazione del rapporto preliminare di Valutazione ambientale strategica (Vas) – che punta a rilanciare il sistema regionale, anche se altrove si fa già molto meglio.
GLI OBIETTIVI COMUNITARI
A definire l’impegno comune dei Paesi Ue nella definizione degli obiettivi da raggiungere in materia di rinnovabili è stata la Direttiva 2009/28 del Parlamento europeo e del Consiglio, recepita in Italia con il Decreto Legislativo n. 28 del 3 marzo 2011. È proprio quest’ultima ad assegnare all’Italia due obiettivi nazionali vincolanti in termini di quota dei consumi finali lordi di energia coperta da fonti rinnovabili (Fer) al 2020. Il primo, definito overall target, prevede una quota Fer sui CFL pari ad almeno al 17% mentre il secondo, relativo al solo settore dei Trasporti, prevede una quota Fer almeno pari al 10%.
IL BURDEN SHARING
Per coordinare, in termini regionali, questi obiettivi nazionali, l’Italia, tramite il decreto 15 marzo 2012 del ministero dello Sviluppo economico, il cosiddetto decreto burden sharing, ha fissato il “contributo che le diverse regioni e province autonome italiane sono tenute a fornire ai fini del raggiungimento dell’obiettivo complessivo nazionale, attribuendo a ciascuna di esse specifici obiettivi regionali di impiego di Fer al 2020”.
L’ITALIA VOLA
Secondo i dati riportati nello studio del Gse, l’Italia sarebbe più che in regola rispetto agli obiettivi fissati. La quota dei consumi finali lordi di energia coperta da “fonti rinnovabili rilevata nel 2017 (18,3%) è superiore sia al dato dell’anno precedente (17,4%) sia, per il quarto anno consecutivo, al target assegnato all’Italia dalla Direttiva 2009/28/CE per il 2020 (17%)”. Anche gli andamenti settoriali mostrano valori sempre superiori alle previsioni: “nel 2017 la quota dei consumi complessivi coperti da Fer risulta infatti superiore a quella prevista per il 2020 sia nel settore elettrico (34,1% rispetto a una previsione al 2020 pari a 26,4%) sia nel settore termico (20,1%, rispetto a una previsione al 2020 pari a 17,1%)”.
Andando sui dati in valore assoluto, l’Italia, con 19.486 ktep di consumi finali lordi di energia da fonti rinnovabili (escluso il settore trasporti), ha raggiunto già nel 2013 la quota di produzione Fer prevista per il 2020 (19.010). Dopo una lieve flessione registrata nel 2014 (19.182), la crescita del 2015 (20.122), una nuova contrazione nel 2016 (20.042), l’ultimo dato a disposizione relativo al 2017 (20.940) risulta essere il migliore della serie.
IL RUOLO DELLE REGIONI
Se l’Italia è in regola con gli obiettivi Ue, allora vuol dire che le Regioni stanno facendo il loro dovere. Il decreto burden sharing ha appunto fissato diversi compiti, con relativo contributo, da raggiungere entro il 2020, e ciascun obiettivo è costituito “da un indicatore ottenuto dal rapporto tra consumi finali di energia da Fer e consumi finali lordi complessivi di energia”. A differenza del calcolo nazionale, per il calcolo regionale nel numeratore degli obiettivi non si tiene conto dei consumi di energia da Fer nel settore dei trasporti in quanto dipendente “da politiche stabilite a livello centrale (in primis l’obbligo di immissione in consumo dei biocarburanti)”.
SICILIA IN REGOLA MA NELLE RETROVIE E A RISCHIO SUL FUTURO
“I Cfl da Fer rilevati nel 2017 – si legge nel rapporto – mostrano valori quasi sempre superiori alle previsioni del DM burden sharing per il 2018”. Non è così per tutti: “fanno eccezione Liguria, Lazio e Sicilia” mentre in 14 regioni essi risultano superiori anche alle previsioni del 2020. In termini statistici, grazie anche al fatto che i consumi finali lordi di energia isolani sono stati inferiori a quanto previsto dal burden sharing, la Sicilia, almeno fino al 2016, è stata perfettamente in regola con quanto richiesto, avendo fatto registrare, già nel 2014, un dato pari a 11,6%, quindi superiore al 10,8% che era il primo target fissato (2016). Tuttavia nei due anni successivi non si è andati avanti: solo 11,2% nel 2015 e poi di nuovo 11,6% nel 2016, mentre lo slancio in avanti si è registrato soltanto nel 2017, con un valore pari al 12,5%. Il rischio concreto è che l’obiettivo al 2018 – nella tabella di marcia è previsto un 13,1% – possa saltare.
LE STIME DELLA REGIONE
Le stime preliminari per il 2018, realizzate dal Gruppo di Lavoro istituito dalla Regione per l’elaborazione delle Linee di indirizzo del nuovo Piano energetico, delineano un valore del Burden sharing che potrebbe non superare il 12% e che comunque rischierebbe seriamente di essere inferiore al 13,1% previsto dalla traiettoria del burden sharing. Una situazione che trova conferma nello scenario Bau/Base (business as usual, ndr) contenuto nell’aggiornamento al piano energetico ambientale della Regione che, secondo calcoli dei tecnici della Regione, consentirebbe un valore burden sharing pari al 12,6% per il 2020, cioè di almeno tre punti inferiore al 15,9% previsto per la Sicilia. Lo scenario Bau/Base è calcolato sull’assenza totale del Programma o della Strategia in valutazione, quindi si intende “lo scenario in cui le tendenze in atto – si legge nel rapporto preliminare di Vas del Piano energetico regionale – proseguono senza l’intervento di ulteriori elementi di modifica, senza cioè che la Regione metta in atto misure, né che vi siano azioni strategiche regionali che tendano ad incrementare l’efficienza energetica e/o la produzione di energia da Fer”. La Regione, invece, ha altri programmi.
GLI OBIETTIVI DEL PIANO REGIONALE
Nelle scorse settimane sono state avviate le consultazioni del rapporto preliminare di Vas del Pears – il questionario si trova sul sito del dipartimento dell’Energia – e si prevede, nello scenario obiettivo alla base della Strategia energica ambientale proposta con l’aggiornamento al Pears, di “incrementare ulteriormente la produzione di energia Fer (1,712ktep), sia per la parte elettrica che per la parte termica, superando il livello di crescita ipotizzato nello scenario di attuazione della Sen (Strategia energetica nazionale); si prevedono inoltre, a differenza degli altri scenari considerati, azioni di efficientamento energetico (per una riduzione di 1150 ktep), mirate alla riduzione del Consumo finale lordo, ponendosi come obiettivo al 2020 il raggiungimento di un valore di burden sharing pari al 16,2%, leggermente superiore al valore assegnato dallo Stato alla Regione siciliana (15,9%) e comunque superiore rispetto all’alternativa Bau (12,6 %)”.
PALERMO – In attesa dell’esito della consultazione del nuovo Piano energetico regionale aggiornato al 2030, già da qualche mese sono disponibili i numeri stimati in merito all’applicazione.
In ballo ci sono oltre “quattrocentomila lavoratori coinvolti – si legge in una nota della Regione –, un’occupazione media di trentacinquemila addetti l’anno tra il 2020 e il 2030, quindici miliardi e mezzo di investimenti da realizzare a regime”.
Si tratta di numeri ambiziosi da raggiungere nel giro di un decennio sulla base delle migliori stime previste nel Pears tramite il “potenziamento degli impianti esistenti attraverso una progressiva riduzione dell’impatto ambientale e un’operazione di ristrutturazione delle strutture vetuste”.
Si lavora anche per sfruttare i terreni abbandonati: secondo le stime regionali sono “1.265 i siti censiti per una superficie di 15.738 ettari dove poter realizzare impianti di energia rinnovabile” anche se “ovviamente i lavori non saranno semplici, non risultano definiti con precisione i soggetti proprietari di tali aree e lo stato di bonifica con i relativi costi, per cui la stima è di usarne il 30 per cento al 2030 per un totale di circa 1.100 megawatt”. Si darà precedenza ai “terreni agricoli degradati (non più produttivi)”.
PALERMO – La Valle d’Aosta, in termini percentuali, risulta già lanciata verso gli obiettivi comunitari, avendo toccato, nel corso del 2017, una copertura pari a 82,1% (52,1% il target richiesto al 2020).
In ogni caso quasi tutte le altre regioni hanno già superato con largo anticipo quanto richiesto: la Lombardia, già dal 2013, è andata oltre il livello richiesto, il Piemonte l’anno prima, così come il Veneto (17,6% nel 2017 a fronte di un target fissato al 10,4% nel 2020). La Toscana c’è riuscita nel 2015 (17,1% contro 16,5% richiesto tra due anni) mentre l’Umbria nel 2017 ha quasi raddoppiato il dato richiesto (25,2% a fronte di 13,7% del target).
La Campania non ha ancora toccato il dato del 2020, ma comunque nel 2017 ha già superato la richiesta relativa al 2018 (16,6% su 13,8%).
Le uniche regioni che rischiano di non farcela sono la Liguria che si è fermata intorno al 7,9% nel 2017, senza aver ancora toccato nemmeno il valore del 2016 (9,5%), il Lazio che ancora nel 2017 è solo a 9,3% (9,9% l’obiettivo al 2018, 11,9% al 2020) e quindi la Sicilia che si trova impantanata in una situazione che conosciamo bene.