Un’occasione unica, un viaggio nel tempo sulle orme di Ulisse diventato il progetto didattico di Eniscuola “Le avventure della nave arcaica di Gela”, che ha proposto una serie di laboratori di teatro e musica rivolti agli studenti delle classi IV e V delle scuole primarie di Gela.
Si tratta di un’imbarcazione, databile tra il VI e il V secolo a.C., rinvenuta nel 1988 nel mare di Contrada Bulala, al largo di Gela, a cinque metri di profondità. Un tassello della storia di quel territorio appartenente, peraltro, al tempo dei “miti”. “L’idea nasce – racconta Alejandro Jaraj progettista e formatore del progetto didattico – da un’analisi del territorio e dalla ricerca di un ‘mito’, un riferimento storico della città da trasformare in progetto per i bambini che permettesse, inoltre, un grande viaggio con l’immaginazione”.
“Una proposta accettata da subito con entusiasmo – racconta Lodovica Bove, progettista e formatrice del progetto didattico – inoltre proprio questa nave ci ha dato la possibilità di affrontare temi parte del territorio anche con l’obiettivo di consolidare le proprie radici. Ad esempio siamo riusciti ad analizzare cosa significa partire e cosa significhi il tornare”.
Un percorso didattico nato e sviluppato come naturale evoluzione dei laboratori artistici realizzati negli anni precedenti. L’iniziativa ha mirato a promuovere una didattica partecipava e motivante che aiutasse ad implementare e consolidare le capacità e le competenze degli studenti, stimolando la loro immaginazione e creatività. Gli alunni, a conclusione del percorso formativo, sono stati guidati nella realizzazione di uno spettacolo finale che li ha visti, tutti insieme coinvolti, per raccontare una storia, la storia del loro territorio attraverso un racconto che narra un viaggio nel tempo e nello spazio. Protagonista è la nave di Gela, che presa dalla sua grande curiosità e fame di scoperta decide di prendere il largo, avventurarsi per nuovi mari e ampliare i suoi orizzonti.
“Dopo le riunioni di preparazione, – racconta Jaraj – è stato necessario capire chi fossero i bambini e quale fosse il modo migliore per il loro coinvolgimento”. “Abbiamo cercato – racconta Bove – di dare spazio alla voce dei bambini permettendogli di essere contemporaneamente membro di uno squadra e protagonista”. Attraverso le metodologie teorizzate da Gianni Rodari nel suo “La grammatica della fantasia”, gli studenti hanno scritto parti della drammaturgia e composto le musiche dello spettacolo finale. “Il progetto prevedeva il coinvolgimento di tutti i bambini – racconta Jaraj – al di là dalle loro competenze o capacità artistiche perché, come ha scritto Gianni Rodari, è fondamentale che siano dati ‘Tutti gli usi della parola a tutti, non perché tutti siano artisti ma perché nessuno sia schiavo’”.
Lo spettacolo ha previsto tre figure/corpi protagonisti: la voce narrante della nave, le tribù costituite dagli equipaggi, le band musicali. “I bambini, – racconta Jaraj – assieme ai formatori che li hanno seguiti sia per la parte teatrale sia musicale, hanno condotto una sorta di preparazione del lavoro, costruendo direttamente ogni aspetto relativo alla realizzazione dello spettacolo, compresa la scenografia e le percussioni che hanno utilizzato, costruendole con materiale da recupero”.
“Il testo è stato sempre in costruzione – racconta Bove – e, quando è stato consegnato il copione finale i bambini si sono meravigliati di trovare i loro spunti, le loro idee, le loro parole”. L’evento conclusivo si è tenuto al teatro Eschilo di Gela, lo spazio più grande e prestigioso della città. “Lo spettacolo finale, Ha visto il coinvolgimento di tutte le scuole primarie di Gela e, proprio in quel momento, si siamo resi conto che ognuno di loro, come dicevo prima, era parte del gruppo e protagonista al tempo stesso. Il lavoro sul ‘coro’, ritengo sia stato il grande contribuito all’armonizzazione del risultato. Su quel palco, ognuno di loro ha portato sé stesso ma anche tutto il patrimonio derivante dal percorso vissuto. I genitori dei bambini, di là della soddisfazione personale, sono rimasti stupiti del risultato, forse non si aspettavano la portata di questo intervento”.
Era il 480 a.C., quando una nave commerciale greca, proveniente da Siracusa, stava arrivando sulla costa di Gela, passaggio obbligato per tutto il commercio navale del Mar Mediterraneo, quando una forte mareggiata la sorprese a poca distanza dall’Emporio. La nave cominciò ad imbarcare acqua fino a reclinarsi su un lato. La zavorra aveva prodotto un grosso squarcio nella fiancata e la nave affondò velocemente. La nave non si presenta integra e le varie parti recuperate raggiungono una lunghezza massima di 17 metri e una larghezza massima di 4,30. Non è stata mai individuata la porzione mancante della chiglia ma il tempo ci ha restituito la ruota di poppa, il paramezzale e i madieri.
Il carico, che la nave trasportava, rinvenuto nei fondali di Gela, era costituito da beni di pregio – ceramica attica figurata e a vernice nera, ceramica laconica, oggetti in bronzo, e, inoltre, anfore vinarie e olearie – e da una grande quantità di vasi di produzione coloniale, la cui presenza consente di ipotizzare che il mercantile navigasse soprattutto lungo brevi tratti della costa siciliana e della Magna Grecia, effettuando numerosi scali nei vari empori, dove si svolgevano le operazioni di scarico e di carico della merce o della zavorra, utile a riequilibrare il peso della nave, come dimostrano le numerose pietre ritrovate sul relitto.
Ma anche oggetti che offrono interessanti informazioni sulla vita di bordo, tra cui 8 cestini in fibra vegetali, con manico in legno, contenenti probabilmente derrate alimentari, un amo e una fuseruola fittile, delle olle, le ciotole, le brocche e le lucerne. Rinvenuti anche lingotti in oricalco, la lega metallica leggendaria e preziosa di cui narra Platone nel racconto del mito di Atlantide.
Le operazioni di recupero di quello che scientificamente era denominato “Relitto Gela I”, iniziarono nel 2003 e sono state particolarmente complesse, anche a causa della fragilità degli elementi e della lunga permanenza in acqua, e si sono concluse nel 2008, quando tutti i materiali rinvenuti sono stati inviati per il restauro al “Mary Rose Archaeological Service” di Portsmouth, in Inghilterra.
Una prima campagna di scavi, condotta dalla Soprintendenza ai Beni Culturali di Caltanissetta poco dopo l’eccezionale ritrovamento, consentì l’esatta localizzazione del relitto greco arcaico e permise di stabilirne la reale consistenza, dando il via a una serie di studi scientifici. Le specie legnose utilizzate nella costruzione dell’imbarcazione appartengono in gran parte alle conifere e alle latifoglie, il fasciame è realizzato prevalentemente con una specie arborea diffusa in tutte le regioni del Mediterraneo dalla quale si ricava legno abbastanza leggero e di facile lavorazione, la ruota di poppa e la chiglia sono state costruite con legno di quercia, come anche alcuni madieri.
Siamo, dunque, in presenza di uno dei più emblematici ritrovamenti subacquei del patrimonio archeologico del Mediterraneo Antico che ci consente di conoscere non solo le caratteristiche dell’imbarcazione, ma la storia stessa della navigazione e le tecniche di costruzione navale impiegate dalle maestranze greche.
Il progetto di Eniscuola, fortemente voluto dalla Bioraffineria di Gela, Enimed ed Eni Rewind, grazie al team di formatori ma, e soprattutto, dei bambini, ha fatto di nuovo solcare i sette mari alla nave greca arcaica di Gela, ha permesso al vento di gonfiare le sue vele e di condurre in un viaggio meraviglioso tutti, progettisti, formatori, bambini, insegnati, genitori e pubblico.