La tanto attesa ripartenza dell’Isola non è più questione di soldi: di euro infatti ne arriveranno parecchi.
Nel medio periodo (2021-2027) saranno disponibili per la Sicilia circa 50 miliardi di euro di risorse extraregionali aggiuntive, 20 dei quali proverranno dal Piano nazionale di ripresa e resilienza. “Si tratta – si legge dal Documento di economia e finanza regionale 2022/24 – di stanziamenti mai previsti per l’Isola per assicurarne la ripresa e lo sviluppo e che impongono una vera e propria svolta sul piano organizzativo e funzionale da parte della Regione, degli Enti regionali e delle Amministrazioni locali”.
Il punto è proprio questo: il cambio di rotta – su cui da anni il QdS insiste e si batte – è divenuto ormai improcrastinabile. A tutti i livelli della Pubblica amministrazione, dalla Regione ai Comuni. È lo stesso Defr a evidenziare del resto che “nuovi reclutamenti di alte professionalità, semplificazioni strutturali e procedurali, digitalizzazione, sinergie istituzionali, ma soprattutto riforme strutturali, sono le ineludibili precondizioni per utilizzare un’enorme mole di investimenti che – senza particolare enfasi – può ritenersi l’ultima occasione per riscattare l’Isola da decenni di sottosviluppo, ma anche per rendere credibile l’autonomia istituzionale della più grande Isola-Regione d’Europa e del Mediterraneo”.
Il problema quindi non è tanto spendere quei 50 milioni ma riuscire a spenderli e farlo bene. E per farlo servono professionalità competenti. A tutti i livelli della pubblica amministrazione, dalla Regione ai Comuni.
Come ha evidenziato Alessandro Canelli, delegato Anci alla Finanza locale, presidente Ifel e sindaco di Novara, lo scorso 23 settembre nella sua audizione davanti la Commissione parlamentare per l’attuazione del Federalismo fiscale sullo stato di attuazione del Federalismo fiscale, “il ruolo dei Comuni è storicamente decisivo su due fronti cruciali, ancor più nella fase di fuoriuscita dalla crisi e di attuazione del Pnrr: fare fronte in modo flessibile ai bisogni di cittadini e imprese, da un lato, attraverso servizi e interventi di qualità; assicurare le condizioni per la realizzazione di infrastrutture legati ai territori, ma di grande rilievo nazionale per la loro dimensione economica complessiva, attraverso le quali è possibile coniugare coesione sociale e rilancio dell’economia nazionale”.
Per fare tutto questo serve capitale umano qualificato e formato: “Il Pnrr – ha aggiunto Canelli – pone all’intero Paese una domanda di rinnovamento cruciale per il suo duraturo sviluppo. L’attuazione del Piano deve costituire l’occasione per un profondo ripensamento delle regole di funzionamento della Pubblica amministrazione, non solo in campo finanziario, ma anche nell’organizzazione e nella dotazione di competenze e professionalità adeguate. Senza questo orientamento i vincoli temporali che il Piano impone non potranno essere rispettati e anche le misure di semplificazione finora intraprese sono destinate a rifluire nella logica del rispetto degli adempimenti, anziché concorrere con successo al raggiungimento dei risultati”.
Come rimarcato da Canelli, “l’analisi condotta in questi mesi sull’andamento della finanza comunale restituisce un quadro di permanente e asimmetrica fragilità oggi amplificata dalla crisi pandemica e dalle citate trasformazioni ordinamentali, dirette e indirette, di cui devono forse ulteriormente essere valutati gli effetti. Non ci riferiamo soltanto al ‘trascinamento’ di divari storici, ma a una condizione duale per la quale un’ampia minoranza di enti, concentrata nel Centro-Sud, ma con ulteriori qualificazioni territoriali e dimensionali, si trova in condizioni di criticità finanziaria, anche non ancora conclamata e formalizzata in formali procedure di riequilibrio, che impedisce di svolgere compiutamente le funzioni costituzionalmente assegnate”.
“Nell’ambito – ha sottolineato Canelli – di un comparto in complessivo stato di buona salute finanziaria, una quota significativa di Comuni resta imprigionata nelle difficoltà dettate dalla storia recente e meno recente, carente di figure di adeguata competenza (in moltissimi dei casi di crisi conclamata si riscontra l’assenza di figure professionali fondamentali e un quadro medio invecchiato e demotivato) e priva di leve di ripresa effettivamente manovrabili”.
Il rinnovamento di cui parla Canelli non può prescindere dalle “professionalità adeguate”. Il segretario regionale di Anci Sicilia, Mario Emanuele Alvano, ha più volte denunciato, nelle pagine del QdS, “l’inadeguatezza dell’apparato della Pubblica amministrazione locale, un’assenza di professionalità e di capacità nella gestione che si porta dietro di per sé l’incapacità di programmare e progettare e la difficoltà sul fronte del monitoraggio, della spesa e della rendicontazione”.
Bisognerà quindi partire dal capitale umano di ciascun Ente per ripartire: senza un’adeguata formazione del personale il rischio è di sprecare la nostra grande occasione di rinascita. E la Sicilia non può assolutamente permetterselo.
Nell’ottica della ripresa, gli Enti locali hanno iniziato a fare passi importanti: “Nonostante le difficoltà dovute alla pandemia – rileva Canelli nella sopracitata audizione – i Comuni hanno mantenuto nel 2020 una capacità operativa forte sul versante degli investimenti”, aumentando del 2,3 per cento i pagamenti e portando a circa 10 miliardi di euro la spesa erogata.
Nel primo semestre del 2021, l’incremento rilevato dall’Anci è pari addirittura al 23 per cento. Nello stesso semestre le Città metropolitane hanno aumentato i pagamenti per investimenti di circa il 35 per cento, dopo che nel 2020 l’incremento è stato del 9 per cento.
“Si tratta – evidenzia Canelli – di un andamento assai soddisfacente, che conferma il nostro ruolo nel campo degli investimenti pubblici, volano essenziale della ripresa economica post pandemia”.
Per verificare se capoluoghi e Città Metropolitane siciliani abbiano registrato il trend nazionale rilevato dal presidente dell’Ifel, abbiamo estrapolato dalla piattaforma Siope (Sistema informativo sulle operazioni degli enti pubblici) le rispettive cifre relative alla spesa in conto capitale del primo semestre di quest’anno e dello scorso anno.
Dal confronto tra i due dati emerge che solo il Comune di Palermo ha registrato un decremento della spesa destinata agli investimenti: – 35 per cento.
Gli altri Enti – Città Metropolitane comprese – hanno riportato una crescita che in alcuni casi è stata esponenziale, come nel caso della Città metropolitana di Palermo (+577 per cento) o del Comune di Catania, dove l’incremento è arrivato a sfiorare il 283 per cento.