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Esa, un laser per esplorare le zone oscure della Luna

ROMA – Una luce laser proiettata nel buio potrebbe alimentare l’esplorazione robotica dei crateri permanentemente in ombra intorno ai poli della luna, che si ritiene siano ricchi di ghiaccio d’acqua e di altri materiali preziosi. Il programma Discovery&Preparation dell’Esa ha finanziato il progetto di un sistema laser per mantenere l’alimentazione di un rover fino a 15 km di distanza mentre esplora questi scuri crateri. Alle latitudini lunari più alte, il sole rimane basso sull’orizzonte per tutto l’anno, creando lunghe ombre che avvolgono i crateri sprofondati nell’oscurità permanente, potenzialmente su una scala temporale di un miliardo di anni. I dati ottenuti dai veicoli orbitanti Lro (Lunar Reconnaissance Orbiter) della Nasa, Chandrayaan-1 dell’Isro, l’Agenzia nazionale indiana per la ricerca spaziale, e Smart-1 dell’Esa, mostrano che queste ‘regioni permanentemente in ombra’ sono ricche di idrogeno, suggerendo fortemente che qui possa trovarsi ghiaccio d’acqua. Oltre ad avere un interesse scientifico, questo ghiaccio potrebbe risultare prezioso per i colonizzatori della luna, come sorgente di acqua potabile, ossigeno per respirare e come fonte di idrogeno combustibile per i razzi vettori. Ma saperlo per certo significa andare in questi crateri scuri e perforare.

Qualsiasi rover in esplorazione nelle regioni ombrose dovrebbe fare a meno dell’energia solare, avendo a che fare con temperature che si possono paragonare alle superficie di Plutone, fino a -240°C, appena 30 gradi sopra lo zero assoluto. “La raccomandazione standard per una situazione di questo tipo è di equipaggiare il rover con generatori termoelettrici di radioisotopi basati sul nucleare”, commenta l’ingegnere robotico dell’Esa Michel Van Winnendael. “Ma ciò presenta problemi di complessità, di costo e di gestione termica – il rover potrebbe riscaldarsi così tanto che ricercare ed analizzare i campioni di ghiaccio diventerebbe in realtà impraticabile”. “In alternativa, questo studio ha guardato alla possibilità di sfruttare un sistema di alimentazione basato sul laser, ispirato da esperimenti laser effettuati a terra per mantenere alimentati i droni e farli volare per ore ed ore”.

“Il progetto – informa l’Esa – comprende la selezione di una località per il lander della missione, in una regione quasi permanentemente illuminata dal sole tra i crateri de Gerlache e Shackleton del Polo Sud lunare. Il lander sarà equipaggiato con un laser a infrarossi da 500 watt alimentato a energia solare, collegato al rover di 250 kg mentre si addentra nelle regioni in ombra. Il modulo rover convertirebbe questa luce laser in energia elettrica utilizzando una versione modificata di un pannello solare standard, con fotodiodi ai lati del pannello che lo tengono ancorato al laser con precisione su scala centimetrica”.

Lo studio identifica delle rotte che porterebbero il rover verso il basso ad un livello di pendenza relativamente dolce di 10 gradi mantenendolo nella linea diretta di veduta del lander. Il raggio laser potrebbe essere utilizzato come collegamento di comunicazione a due vie, con un retro riflettore modulante montato sul secondo pannello solare del rover, per inviare segnali di impulso all’interno della luce riflessa dal lander.

Guidando i requisiti di progetto, l’Esa ha precedentemente effettuato test sul campo di notte sull’isola di Tenerife, dove il terreno ricorda l’ambiente lunare, per simulare le operazioni del rover in una situazione di oscurità permanente. Aggiunge Michel Van Winnendael “Con il progetto Philip completato, siamo un passo avanti per alimentare i rover con il laser ed esplorare le zone oscure della luna. Siamo al punto in cui si potrebbero iniziare a fare prototipi e test, intrapresi dai programmi di follow-up di tecnologia dell’Esa”.