I ricchi mi hanno sempre annoiato. I ricchi, sembrano già distanti da calmi, figuriamoci da Divi. E poi, bisogna dirlo, essere famosi è frustrante, non fai altro che dire minchiate, ma c’è sempre una costellazione di individui che trova le tue idee geniali. Ma Lapo è cosa altra. Voi parlate, parlate, ma mica si diventa Lapo per caso. Su dai, pensate per un momento a tutte le persone che conoscete, e chiedetevi quanti di loro possono veramente poter diventare Lapo. Presto detto: tutti. è qui che sta il segreto del successo di Lapo. Ma, al contrario, solo Lapo poteva diventare Lapo. Ogni cosa in lui sembra dichiarare, con calma, molta calma: “la gente è come me, io sono l’inconscio collettivo”. E già, l’intenzione nell’Arte è tutto. L’intenzione è trovarsi nel tempo giusto. Il tempo giusto dell’emersione dell’opera d’Arte. Una volta prodotta, l’opera d’Arte, nessuno la può toccare, attaccare, data l’investitura regale, santificata e santificante che essa possiede, come una preziosa, inossidabile, aura benjaminiana, per così dire.
Con il suo Ready-Made, con il suo agire da artista che fagocita il mondo, Lapo non riesce però nell’operazione, necessaria, di capovolgimento del significato, dunque a mettere in atto una operazione critica nei confronti del sistema, che possa traghettarci oltre la sponda del politically correct. Lo definirei piuttosto, il suo, un politically compass. Ma, nonostante tutto, la sua opera valica i mondi, tutti i mondi di cui disponiamo, i mondi di cui possiamo disporre, i mondi che contano: il mondo dell’Arte, il mondo della Moda, il mondo dello Spettacolo, il mondo del Cinema, il mondo dei Motori, il mondo del Design.
Ma, dove sta l’innesco della sua opera….? Semplice, cosa deve fare un artista per fare succedere qualcosa? Ad un certo punto, deve fare un casino. Fatto anche questo. Ed allora, non vi è altro che una pioggia di consensi, di abbracci, di sorrisi, di pose,….con Karl Lagerfeld, Michele De Lucchi, Fabio Novembre, solo per nominare la categoria dei designer! …e tutti i giorni dell’anno, in una eterna eterea Epifania, immersi nell’esercizio di una imbarazzante perpetua adolescenza, come ci ha insegnato la rete, innestando nel nostro modus vivendi un puberale, ed avvilente, insostituibile, univoco, sistema di relazione.
Sempre pronto a suggerirci che il gioco è bello se non finisce mai, mica se dura poco, attraverso oggetti usuali, nati da azioni combinatorie ed agglomeranti, che da Lapo vengono mutati in oggetti sacri, di una sacralità priva di dignità, ma sempre sostenuti da un’aura evanescente, quale esclusiva prodotta dall’azione sciamanica del nostro designer. Beh, nel design l’intenzione è niente, è fuffa, e neanche bella a vedersi. Nel design l’intuizione è tutto. E sono, guarda caso, presenti nelle ricche pagine della storia del design, quelli che hanno saputo accogliere e mettere in atto tale approccio di metodo. E dentro la loro opera, senza neanche sforzarvi, vi troverete persino lo sberleffo. Quello sberleffo tutto italiano, quello sberleffo fatto tutto di un’intelligenza sottile ed acuminata, sempre pronta ad accogliere quelle frequenze proprie di fruizione, universali ed antiche, patrimonio ancestrale, e senza eccezioni, di ogni individuo del pianeta. Si, adesso ne sono convinto, posso proprio dirlo a gran voce, mi sento di poter essere……il più grande designer del mondo dopo Lapo Elkann! E, non me ne voglia Massimiliano Parente, autore dello strepitoso libro (“Il più grande artista del mondo dopo Adolf Hitler”, Massimiliano Parente, Mondadori, 2014) da cui ho tratto la citazione che apre questo mio ennesimo sproloquio, e per l’adozione di tutta una serie di modalità espressive, peculiari ed efficaci, presenti nella sua entusiasmante opera letteraria.
Del resto, quella di ispirarsi ad un lavoro fatto da altri autori, è diventata per lo più cifra comune del nostro momento storico, ed il design, nello specifico, mi ha insegnato che quando il tuo lavoro viene utilizzato da altri autori con abili, e qualche volta persino efficaci, operazioni di Ready-Made, è perché quello che hai prodotto funziona davvero, possiede una sorta di aura, che lo rende fuori dal coro e fuori dal tempo, e che dunque vale parecchio. E dunque, quale altra sede meglio deputata, che le righe di questo articolo, per poter inscenare lo sviluppo di un metodo che, con la sorpresa della messa in vita dei suoi elementi nello scenario costituente della nostra quotidianità, muove consistenti economie cavalcando le frequenze proprie dell’emulazione e dell’esclusività.
Lapo, con la sua abilità di grande comunicatore, con le sue intuizioni magiche, riesce a permeare la cortina della diffidenza mostrata da un utente, che oggi si mostra elegante e colto, riuscendo dove altri non riescono a penetrare, realizzando esso stesso, nuove traiettorie di applicazione di tendenze non ancora mostratesi. Vediamo di far luce su alcune dinamiche proprie del suo agire, del suo fare creativo ne abbiamo già parlato prima. Egli, in qualche misura, possiamo eleggerlo quale miglior rappresentante di una sorta di pratica che ho inteso definire, con fare ironico, “Contact Design” , ovvero quella attività di trasmissione del sapere che avviene “per contatto”, per induzione, come accade in fisica per la trasmissione del calore, ad esempio. Beh, so che vi starete facendo una risata, ma se provate a dare un’occhiata ai dati ed all’efficacia delle sue azioni, vi assicuro che proverete a smettere subito. Ma occorre, a questo punto, fare una breve premessa di natura storica.
Quando ero ancora un ragazzo, e mi recavo per lavoro in alcuni celebri studi di progettazione, mi capitava di osservare sulla scrivania del mio datore di lavoro, alcuni scatti fotografici che lo ritraevano in compagnia di un qualche noto personaggio afferente alla disciplina che egli metteva in esercizio, oppure a qualche volto noto dello Star System politico del momento, od ancora, in compagnia di un qualche guru spirituale. Tale pratica, mentre poneva in ostensione la contiguità dei due elementi raffigurati, metteva in esercizio anche una sorta di investitura regale, nobilitando l’individuo più debole della catena alimentare afferente alla comunità sociale ivi non rappresentata, ma inequivocabilmente sotto intesa. E ci si sentiva importanti, per così dire.
“Un’azienda è il suo creatore, un’azienda è il prodotto delle idee e dello spirito di chi la crea e di chi ci lavora”. Lapo Elkann
Ma vediamo di inquadrare, – si il termine ‘inquadrare’, visto che di media e di visibilità si parla, credo possa essere quello più appropriato- meglio il personaggio in questione. Qualche anno addietro, in esclusiva su FoxLife è arrivato “Idee in Progress – 90 Giorni con Lapo”, una docu-story dedicata all’imprenditore italiano ed icona di stile Lapo Elkann. Un viaggio, realizzato come dicevo qualche anno fa, nato per documentare la sfida creativa ed aziendale di Lapo e della sua compagine di giovani talenti, con cui ha potuto dar vita alla factory di Independent Ideas. Un viaggio lungo le traiettorie di sviluppo che il nostro protagonista ha intrapreso, dove possiamo godere del beneficio di poter seguire, come in una inattesa investitura regale a noi giunta con stupore e sorpresa, giorno dopo giorno, la nascita di nuovi progetti, che muovono a partire dall’idea creativa fino al loro sviluppo completo. Un artificio che diviene viatico e sicura fidelizzazione, questo del racconto bio-topic, per poterci condurre nella scena realizzata appositamente, come in una fiction che ci conceda la possibilità di poter godere dell’aver scoperto cosa si nasconde dietro la realizzazione delle strategie aziendali che hanno segnato il successo di Lapo negli ultimi anni.
Ognuno dei protagonisti racconta non solo la sua esperienza con Independent Ideas, ma anche se stesso e il suo fondamentale rapporto con ciò che sta contribuendo a costruire. Independent Ideas, qui viene rappresentato come un mondo in continuo movimento creativo, che vive e si alimenta anche grazie al contributo di tanti partner, amici, collaboratori, artisti, giovani emergenti, designer, fotografi ed architetti, che come contributors ne animano questa realtà imprenditoriale. Ognuno dei protagonisti racconta non solo la sua esperienza con Independent Ideas, ma anche se stesso ed il suo fondamentale rapporto con ciò che sta contribuendo a realizzare in questo progetto di filiazione ed affabulazione. Una realtà dunque fatta di comunicazione, inventiva ed imprenditoria, si fondono insieme per riverberare in una realtà innovativa, nata in Italia, e portatrice di tutto quel sistema valoriale che identifica il meglio delle produzioni realizzate nel Belpaese, ma che guarda invece al coinvolgimento del mondo intero.
Nell’ex stazione Agip di piazzale Accursio a Milano, voluta da Enrico Mattei e realizzata nel 1952 sotto la guida dell’architetto Mario Bacciocchi, oggi c’è l’hub creativo di Lapo Elkann. Una struttura spaziale, sedili Ferrari da corsa usati come poltrone, il muso dell’auto che diventa scrivania e marmitte trasformate in lampadari. Garage Italia invece è un laboratorio della creatività Made in Italy: al piano terra si trasformano auto, moto, barche, aerei in opere d’arte uniche e personalizzate, mentre al primo piano, Gabriele Faggionato guida uno dei ristoranti milanesi dello chef Carlo Cracco. Un vero e proprio inno all’italianità e all’unicità; un binomio caro anche a Lavazza che ha affidato all’esperienza di Garage Italia la personalizzazione di Minivending, la piccola table top dalle grandi prestazioni.
Imprenditori e professionisti hanno finalmente l’opportunità di coniugare il piacere del caffè Lavazza con la volontà di affermare la propria identità di marca esponendo con orgoglio, in uffici e sale di rappresentanza, un oggetto dal design unico, creato su misura per loro. In occasione di Venditalia, sono stati svelati i primi tre esclusivi modelli realizzati per Riva, Campari e K-Way. Spiccano per bellezza, creatività e unicità e, in ognuno, è possibile riconoscere senza ombra di dubbio il carattere distintivo di ciascun brand. Il risultato delle personalizzazioni è straordinario, ma a noi non è bastato fermarci in superficie; ecco cosa abbiamo chiesto, e scoperto, entrando nell’officina del lusso.
Una struttura spaziale, sedili Ferrari da corsa usati come poltrone, il muso dell’auto che diventa scrivania e marmitte trasformate in lampadari. L’equipe è formata dai migliori tecnici specializzati nel settore della verniciatura, dei rivestimenti e dell’industrial design con abilità uniche e di assoluta eccellenza nel loro lavoro. “I nostri artigiani sono affiancati dal team di designer dal Centro Stile, luogo in cui le idee e i sogni dei clienti si intersecano con il gusto estetico degli esperti del Garage. Qui, i concetti astratti vengono elaborati in immagini digitali sfruttando le più moderne tecnologie e il cliente viene guidato nella scelta dei materiali più ricercati e dei giusti abbinamenti cromatici, nel rispetto di gusto ed esigenze”.
Anche la collezione di occhiali firmata da Lapo Elkann ha come obiettivo quello di poter divenire la punta di diamante del suo marchio Italia Independent, sin dal suo concepimento, con un approccio di metodo che accoglie le frequenze proprie della ricerca di punta dell’ambito applicativo ove ci si muove. Senza però trascurare il binomio magico che ha fatto la fortuna delle produzioni italiane dell’ultimo secolo, quello che ha realizzato le fondamenta dell’inossidabile brand Made in Italy, quello per cui passato=tradizione=eccellenza.
A ragione di ciò, Elkann in tutto il suo creare, ideare, inventare e sperimentare, ai modelli in produzione ha agganciato nomi precisi, oculati, portatori inequivocabili di precise connotazioni di una Italian way of life, e non solo, attraverso ambasciatori di stile che sono icone assolute di riferimento in ambito mondiale: c’è infatti il modello ‘Avvocato’ dedicato a suo nonno Gianni, c’è quello dedicato a Enzo Ferrari appunto ‘Enzo’ o quello dedicato all’artista Keith Haring, quindi ‘Keith’, e tanti altri per un totale di dodici pezzi tra occhiali da vista e da sole ad altissimo livello. Pharrell Williams e Lapo Elkann, insieme per lanciare una collezione di abbigliamento ready-to-wear ed una di occhiali. L’accordo è stato concluso tra la Billionaire Boys Club di Pharrel e Italia Indepedent, del rampollo di casa Agnelli. L’operazione che possiamo osservare nella pratica recente, che permea dall’azione messa in atto dal lavoro prodotto da Lapo, valica però quei labili, discreti, seppur cafonal, confini, accedendo ad una dimensione ‘altra’ della cifra comunicativa, quella atta a poter riprodurre, sempre mediante l’azione del “contatto”, l’azione di accoglimento delle proprietà e delle caratteristiche migliori dell’agire professionale dell’individuo con cui si condivide la scena e la contiguità, in un appaiamento che è determinazione univoca, ed unisona, di qualità eccelse. Dunque animo, siate anche voi i più grandi designer del mondo dopo Lapo Elkann, sempre se ne avete il coraggio!