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Etna, i Comuni orientali sotto una coltre di cenere

Comuni pedemontani sotto una coltre di cenere per via della nube dell’Etna alta dieci chilometri che ha prodotto una ricaduta anche di lapilli, alcuni grossi quanto una mano, sui paesi etnei di Milo, Fornazzo, Trepunti, Giarre, Macchia di Giarre, Mascali, Riposto e Torre Archirafi.

Il nuovo evento parossistico dal cratere di Sud-Est ha prodotto anche fontane di lava e si è concluso poco dopo le otto del mattino. Ed era stato anticipato, a partire dalle due della notte scorsa, da diverse ore di attività stromboliana che ha coinvolto anche i crateri Voragine, Bocca Nuova e Nord-Est.

Nessun problema per l’aeroporto

La nuova fase – che non ha interferito con l’operatività dell’aeroporto di Catania – ha fatto registrare la sua maggiore energia a partire dalle sette di questa mattina, quando l’attività del cratere Sud-Est è passata da stromboliana a fontana di lava.

Venti minuti dopo gli esperti dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia-Osservatorio etneo di Catania hanno rilevato la formazione di una colonna eruttiva che ha superato l’altezza di diecimila metri sul livello del mare, disperdendosi a oriente.

C’è anche una colata

Dalla bocca effusiva che si è aperta il quattro marzo scorso alla base del cratere di Sud est emerge una colata che si riversa nella Valle del Bove dove, aprendosi in più bracci.

I fronti più avanzati nella notte hanno raggiunto quota 2.400 metri.

A partire dalle 7,45 il tremore vulcanico ha subito un rapido decremento dell’ampiezza portandosi a livelli medio-bassi e gli eventi infrasonici sono tornati di debole energia.

L’attività di fontana di lava, secondo le osservazioni dell’Ingv-Oe di Catania, è cessata, come detto, dieci minuti dopo le otto.

Le immagini più suggestive

Intanto vi proponiamo una galleria delle immagini più suggestive, a cominciare da quella iniziale, della colonna di cenere, scattata dalla vulcanologa Lucia Pruiti da Monte Colla, in territorio di Randazzo. Estremamente efficace anche quella realizzata a Giarre da Chiara Mangano e che mostra una piazza interamente coperta di cenere. Impressionanti, poi, quelle dei lapilli, alcuni grossi quanto una mano, scattata a Milo da Veronica Testa.

Foto Pruiti
Foto Mangano
Foto Testa

Preoccupante la ricaduta di cenere

Ma a preoccupare di più è la ricaduta di cenere e lapilli al suolo, che sta diventando, in questi giorni, sempre più frequente, soprattutto sui Comuni del versante orientale etneo, a causa della predominanza dei venti in quota (sopra i cinquemila metri) che spirano prevalentemente verso est e sud-est.

Non si tratta, ovviamente, di un fenomeno nuovo e potrebbe ripetersi ancora con frequenza, come peraltro accaduto in passato.

Nel 2000, per esempio, si verificarono ben sessantasei episodi parossistici simili a quelli di queste settimane, che misero in ginocchio i Comuni pedemontani etnei.

I precedenti del recente passato

“Altrettanto avvenne – ricorda il vulcanologo Marco Neri – con l’eruzione del 2002-2003, che per mesi consecutivamente produsse l’emissione di dense nubi piroclastiche in atmosfera, con ricaduta di ceneri e lapilli al suolo, che costrinsero l’aeroporto Fontanarossa a chiudere per lunghi periodi”.

Lo studioso ha ricordato come “anche tra il 2011 e il 2015 fenomenologie simili si siano ripetute svariate decine di volte”.

Seri problemi per i Comuni pedemontani

Insomma, non possiamo parlare di eccezionalità, ma i fenomeni di questi giorni cominciano a creare seri problemi ai Comuni dell’Etna e ai loro abitanti.

Le Amministrazioni comunali si trovano nella necessità di liberare rapidamente le strade da cenere e lapilli per ripristinare una viabilità sicura, mentre i cittadini sono costretti, altrettanto rapidamente, a ripulire i tetti delle proprie case, prima che cenere e lapilli finiscano nelle caditoie, otturandole e creando ulteriori problemi in caso di pioggia.

Che peraltro proprio oggi ha preso a cadere su questi territori.

Procedure standardizzate d’intervento

“Forse sarebbe il caso – ha sottolineato Marco Neri – di cominciare a pensare a come fronteggiare questo fenomeno non soltanto invocando interventi in emergenza, seppure obiettivamente necessari in frangenti come quelli che stiamo vivendo adesso, ma credo che dovremmo pianificare procedure d’intervento più standardizzate e preventivamente organizzate, per esempio dotando i Comuni di mezzi idonei a ripulire le strade.

“Senza contare – ha aggiunto – che dovremmo probabilmente ripensare a come realizzare i tetti delle nuove case, utilizzando tecniche costruttive che rendano più agevole intervenire nella ripulitura dal materiale piroclastico”.

“Non ho una soluzione in tasca – ha concluso il vulcanologo -, dico soltanto che dovremmo cominciare a pensare a questo, per non dovere sempre intervenire in emergenza, con grave dispendio di risorse economiche che gravano comunque sulla collettività”.

Possibile una ripresa

Intanto Marco Neri non esclude una coda del fenomeno conclusosi “troppo rapidamente” stamattina.

“Potrebbe trattarsi – ha detto – soltanto di una temporanea ripresa dell’attività stromboliana”.