“Abbiamo assistito a quel che è stato certamente fra i parossismi più intensi e magnifici del Cratere di Sud est dell’Etna”.
Boris Behncke, vulcanologo dell’Ingv di Catania, ha così descritto il nuovo, grande spettacolo della scorsa notte dal cratere di Sud est dell’Etna, tenendo prima di tutto a sottolineare come quanto avvenuto non rappresenti alcun pericolo, come non ci sia da avere paura.
“Non c’è pericolo”
“Non c’è pericolo – ha affermato lo scienziato – in caso di eventi come questo, e grazie al vento molto debole la ricaduta di materiale piroclastico è stata estremamente limitata, pur se presente”.
Il problema del panico diffusosi sui social è stato quello della prospettiva e della limpidezza dell’aria che faceva sembrare che la lava avesse raggiunto un’altitudine piuttosto bassa.
“Qualcuno sembra pensare – ha detto Behncke – che la colata lavica principale, in Valle del Bove, sia arrivata molto in basso, ma non è così, è arrivata là dove si sono fermate quelle dei parossismi precedenti, lontana dalle zone popolate. Perciò, per favore, non mettete in giro e non condividete messaggio allarmisti, messaggi che parlano di cose spaventose ed eccezionali”.
“L’Etna fa le sue consuete cose”
“L’Etna – ha concluso il rappresentante dell’Istituto nazionale dei geofisica e vulcanologia – sta facendo le sue consuete cose, qualche volta un po’ più intensamente, però con questa attività in corso non c’è pericolo”.
Le immagini di uno spettacolo affascinante
Quelle scattate la notte scorsa e stamattina sull’Etna da Orazio Valenti
– tra l’altro autore del libro “Il mio Omaggio al Mongibello”, con oltre settecento foto del vulcano – e quelle che ci sono giunte dalle telecamere di sorveglianza dell’Ignv sono immagini di grandissimo fascino, terribili e meravigliose allo stesso tempo. Ve le proponiamo in questa gallery
Tutti i comunicati della notte
Era stato con un comunicato emesso poco prima delle venti e trenta di ieri che l’Ingv aveva rivelato che l’attività stromboliana dalla bocca orientale del Cratere di Sud est si stava “progressivamente intensificando” e aveva segnalato “bagliori fluttuanti da una bocca più verso ovest e dalla bocca della sella” e l’impennata del tremore vulcanico, la cui sorgente era localizzata proprio al di sotto del Sud est.
Intorno alle 23.30 un altro comunicato dell’Ingv avvisava che si era ancora intensificata l’attività, “restando tuttavia confinata nella parte orientale del Cratere di Sud est” mente “una colonna eruttiva relativamente diluita si sta formando sopra la cima del vulcano” e la colata lavica diretta verso la Valle del Bove aveva raggiunto una lunghezza di un chilometro, con un fronte a 2800 metri di altitudine.
Ma ci sono stati, nella notte, altri due bollettini dell’Ingv. Intorno all’una è stato comunicato che sul cratere di Sud-Est si erano “attivate altre bocche” producendo “fontane di lava e attività stromboliana” con un nuovo aumento mezz’ora dopo la mezzanotte con “getti di lava alti 800-1000 metri sopra il Cratere di Sud est” e “un trabocco lavico dalla ‘bocca della sella’” che ha alimentato un flusso diretto verso sud-ovest. Una colonna eruttiva si è alzata diversi chilometri sopra la cima dell’Etna e l’ampiezza media del tremore vulcanico ha raggiunto “valori molto elevati, superiori a quelli registrati nei parossismi precedenti”.
Quasi alle due del mattino l‘ultimo bollettino dell’Osservatorio etneo: poco dopo prima dell’una di notte il tremore vulcanico aveva subito “una repentina e drastica diminuzione dei suoi valori” e l’attività dell’Etna era “rapidamente diminuita e cessata completamente”.
E questo anche se le colate avevano continuato lentamente ad avanzare e i fronti della colata lunga, in Valle del Bove, avevano percorso quasi quattro chilometri fermandosi a una quota “fra 1700 e 1800 metri”.
Il flusso lavico diretto verso sud-ovest aveva invece percorso solo poche centinaia di metri.
L’ennesimo “stop and go”
Un ennesimo degli “stop and go” di questi giorni, insomma, come lo stesso Boris Behncke aveva sottolineato parlando degli episodi eruttivi parossistici di questi giorni con fenomenologie pressoché identiche.
Il 12 febbraio un terremoto di magnitudo 3 aveva scosso i fianchi di un vulcano che aveva già cominciato a dar spettacolo, ma la situazione era – emotivamente – precipitata il 16 febbraio con il cosiddetto “martedì della paura”: all’imbrunire a Catania e nella provincia, fino a Taormina e Siracusa, per via di quell’enorme nube di cenere tinta di rosso dal tramonto sembrava di trovarsi sul set di un “disaster movie”.
L’episodio del 18-19 febbraio
Behncke ha però descritto in particolare l’ultimo episodio in ordine di tempo, cominciato la notte del 18 febbraio: poco prima delle nove del mattino del giorno successivo, come confermato dalle immagini della telecamera termica di Monte Cagliato, un piccolo flusso lavico fuoriuscì dalla bocca orientale del Sud est, “attraverso una “nicchia” presente lungo l’orlo craterico formatasi durante il parossismo del giorno prima”. Contemporaneamente aumentarono, “sia in frequenza che in intensità, le esplosioni stromboliane dalla medesima bocca e da un’altra, posta sempre nella parte orientale del Cratere”.
Fu l’inizio del parossismo durato fino alle undici del mattino, quando, nell’arco di una decina di minuti, tutta l’attività esplosiva terminò.
“Come negli episodi precedenti – ha sottolineato Behncke – , l’alimentazione delle colate laviche è cessata con la fine delle fontane di lava, sebbene le colate, essendo ancora fluide, hanno continuato ad espandersi verso valle per alcune ore. Sullo stesso cono del Cratere di Sud-Est sono avvenuti frequenti crolli di materiale caldo che si è accumulato durante il parossismo, soprattutto sul suo fianco sud-orientale”.