Intervista

Europa Verde, Bonelli, “Imprese e famiglie in ginocchio per il caro elettricità”

Tra transizione ecologica, energie rinnovabili, nucleare e relative polemiche, oggi nel dibattito riguardante le forme di produzione energetica da utilizzare nell’immediato si è ricominciato a parlare dei centrali a carbone, anche a causa del conflitto Russia-Ucraina che pesa non solo dal punto di vista umano e geopolitico, ma anche perché la Russia è uno dei maggiori fornitori di gas dell’Italia. Ne abbiamo parlato con Angelo Bonelli, co-portavoce, con Eleonora Evi, di “Europa Verde”.

Bonelli, per come la sta gestendo il ministro Cingolani, a vostro giudizio sarà possibile l’attuazione della transizione ecologica oppure tutto finirà in un “Bla Bla Bla”, per dirla alla Greta Thunberg?

«Il punto è che, sin dall’inizio, le politiche del ministro Cingolani erano totalmente mirate a sabotare la transizione ecologica. Ha fermato gli investimenti sulle energie rinnovabili, ha fermato i processi di conversione del settore automobilistico per quanto riguarda l’auto elettrica, e ha definito, in più di un’occasione, la transizione ecologica “un bagno di sangue”. Ritengo che abbia parlato come se fosse un ministro in quota leghista e sicuramente non è un caso che tra il ministro Cingolani e la Lega di Salvini ci siano diverse affinità e delle forti condivisioni come, ad esempio, quella sul nucleare».

Ma oggi è cambiato qualcosa e mi riferisco al conflitto in corso tra Russia e Ucraina.

«Sì, oggi c’è un però perché con lo scenario di guerra che si è determinato e l’aumento del costo dei prodotti energetici e petroliferi, anziché prendere la direzione per portare l’Italia verso un’autonomia energetica, quindi libera dalla dipendenza del gas russo e non solo, s’insiste ancora su una politica basata sulle fonti fossili. Questo è drammatico non solo per il futuro ma anche perché incide direttamente sulla bilancia dei pagamenti dello Stato, quindi sulla bolletta energetica nel suo complesso, e ci costringe a una ulteriore dipendenza, con costi economici e sociali legati al cambiamento climatico». IL TEMA DELLE RINNOVABILI. Continua a leggere

Rinnovabili. È un problema politico o anche culturale?

«Il problema delle rinnovabili riguarda un sistema economico industriale e politico. Il cittadino sarebbe ben contento di fare investimenti se non gli complicasse la vita anche perché vedrebbe, in alcuni casi, quasi azzerati i costi della bolletta elettrica che scomparirebbero nel caso del riscaldamento. Il problema è che, ancora oggi, la lobby del petrolio e chi costruisce la strategia energetica del nostro paese, come Eni, impediscono questo processo di transizione energetica. C’è un dato, che lo dimostra. L’ultimo quadrimestre del 2021 è stato chiuso da Eni con un utile di +3870%, realizzando in soli quattro mesi oltre 2 miliardi di euro di utili e tutto ciò deriva dall’aumento del prezzo del gas su cui è stata fatta una grossa speculazione. Non so cosa succederà nelle prossime bollette perché il costo del gas ora è spiccato oltre i 200€ a Megawatt/ora. Tenga conto che Eni ha acquistato il gas con contratti pluriennali a prezzo fissato due, tre anni fa e quindi c’è di fatto, su queste operazioni, un extra profitto stimabile per il 2022 intorno ai 14 miliardi di euro che si sommano ai 4 miliardi del 2021. Il problema è che, mentre imprese, artigiani e famiglie sono in ginocchio con il caro elettricità altri non solo si sono arricchiti, ma di più».

Cosa è necessario fare, al di là della demagogia, nell’immediato?

«Nell’immediato possono essere prese solo misure di emergenza. Abbiamo una fortuna, ossia che tra circa un mese e mezzo le condizioni meteorologiche ci permetteranno di ridurre fortemente i consumi di gas derivanti dal riscaldamento. Ma è necessario che il governo sblocchi subito i 110 Gigawatt di autorizzazioni su eolico e fotovoltaico che sono ferme. Significano, in sintesi, una trasformazione in energia equivalente a circa 30 miliardi di metri cubi di gas. Si tratta di una potenza incredibile che ci porterebbe a liberarci dalla dipendenza del gas russo e va organizzata subito.

È chiaro che, però, l’errore all’origine è stato fatto che Eni ha puntato tutta la sua fonte energetica di riferimento dalla dipendenza dai russi e qualcuno dovrà rendere conto all’Italia del perché si è arrivati a far pesare questa dipendenza al 45% sul totale del fabbisogno. Si tratta di una scelta folle che è stata fatta, certamente, a partire dall’Eni. È più che mai necessario che la parola d’ordine, oggi, debba essere quella di diversificare le fonti di approvvigionamento, ossia dove acquistiamo il gas e questo è quello che il governo sta tentando di fare. La realizzazione dei gassificatori non è però una soluzione di emergenza perché saranno realizzati in cinque anni mentre proprio in quel lasso di tempo noi potremmo puntare a raggiungere l’obiettivo dell’80% di energia prodotta da rinnovabili nel nostro paese».

Cosa può fare oggi il cittadino?

«I cittadini oggi possono dare subito un contributo, anche contro la guerra, abbassando di pochi gradi il riscaldamento della propria casa, portandolo ad esempio a 18°. Questo ci permetterebbe di avere una riduzione dei consumi che potrebbe andare dal 6 al 20%».

Roberto Greco